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Giovedì, 28 Marzo 2024
la repressione / Iran

La repressione finisce nel sangue: 31 morti dall'inizio delle proteste per Mahsa Amini

Avere notizie certe della sollevazione che da sei giorni infiamma l’Iran non è semplice: il regime ha tagliato la rete internet e impedito l'accesso alle app di messaggistica

Non si ferma l'ondata di proteste in Iran scatenata dalla morte della giovane Mahsa Amini, la 22enne del Kurdistan iraniano deceduta lo scorso 16 settembre a Teheran mentre era detenuta dalla polizia morale per non avere indossato correttamente il velo islamico. La protesta è ormai allargata a quasi tutte le province del paese. Sarebbero almeno 17 i manifestanti uccisi, centinaia i feriti, mentre rimane ignoto il numero degli arrestati. Più preoccupante è il balancio della Ong con sede a Oslo, Iran Human Rights, che riporta l'uccisione di almeno 31 civili durante la repressione delle proteste. "Il popolo iraniano è sceso in piazza per i propri diritti fondamentali e la propria dignità umana e il governo sta rispondendo alla loro protesta pacifica con i proiettili", ha affermato in una nota il direttore della Ong, Mahmood Amiry-Moghaddam, pubblicando un bilancio totale dopo sei giorni di proteste.

La stretta sui social

I dimostranti che in questi giorni sono scesi in strada per manifestare contro la morte della giovane, invocando un cambiamento del regime degli Ayatollah, registrano un'assenza delle loro rivendicazioni dalla narrativa mediatica ufficiale e dai social network. 

Avere notizie certe della sollevazione che da sei giorni infiamma l’Iran non è semplice: il regime ha tagliato la rete internet e impedito l'accesso a Instagram e WhatsApp, rendendo le comunicazioni e la diffusione dell'evoluzione delle contestazioni sempre più difficili. Si tratta della più rigida restrizione attuata dal regime: un simile provvedimento è stato osservato nel novembre 2019, sottolinea l'osservatore inglese NetBlocks.

Misure per chi diffonde il "falso

I Guardiani della Rivoluzione, i Pasdaran, chiudono i rubinetti dell'informazione e promettono duri provvedimenti per chi diffonde il "falso". 

Chiunque ''diffonda notizie false e indiscrezioni'' in Iran deve essere perseguito dalla magistratura, hanno chiesto ai giudici i Guardiani della Rivoluzione iraniana, mentre nella Repubblica islamica sale la tensione. ''Abbiamo espresso solidarietà alla famiglia e ai parenti della defunta Mahsa Amini e abbiamo chiesto alla magistratura di identificare coloro che diffondono notizie false e rumor sui social media o per strada mettendo in pericolo l'incolumità psicologica della società'', si legge in una nota dei Pasdaran. Alla magistratura, aggiungono, è stato chiesto ''di occuparsi di loro in modo risoluto".

"Lividi sui suoi piedi"

I genitori della giovane continuano a chiedere giustizia. Di fronte alle insistenti affermazioni delle autorità iraniane che collegano la morte di Mahsa Amini a problemi di salute, il padre della 22enne accusa le autorità di mentire sulla morte della figlia.  

Amjad Amini ha detto che i medici si sono rifiutati di fargli vedere Mahsa dopo il decesso: "Stanno mentendo. Stanno dicendo bugie. Tutto è una bugia... non gli importa quanto abbia implorato, non mi hanno permesso di vedere mia figlia", ha detto alla Bbc Persia, ripreso dagli altri media internazionali.

L'uomo ha anche riferito che quando ha visto il corpo della figlia prima del funerale era completamente avvolto tranne il viso e i piedi, su cui c'erano lividi: "Non ho idea di cosa le abbiano fatto", ha detto.
Funzionari iraniani hanno affermato che è morta dopo aver subito un "attacco di cuore" ed essere caduta in coma, ma la sua famiglia ha affermato che non aveva problemi cardiaci, secondo Emtedad News, un media indipendente iraniano. 

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