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Venerdì, 29 Marzo 2024
ennesima esecuzione / Iran

Iran, nuove condanne a morte: Parigi, Berlino e Londra convocano gli ambasciatori

Le autorità iraniane usano la pena di morte come mezzo di repressione politica per instillare la paura tra i manifestanti e mettere fine alle proteste che da mesi si susseguono senza sosta

Il boia iraniano non si ferma, nonostante le dure pressioni internazionali. Anche oggi è arrivata la notizia dell'ennesima condanna a morte di un giovane manifestante, il quarto di una lista che sembra non conoscere una fine. Kambiz Kharot, un ventenne iraniano arrestato recentemente durante dimostrazioni a Zahedan nel sud est del Paese, è stato condannato a morte, stando a quanto reso noto da Hrana. L'agenzia degli attivisti dei diritti umani iraniani ha fatto sapere che Kharot è stato ritenuto colpevole dal regime di Teheran di "Muharebeh", cioè inimicizia contro Dio, e "corruzione sulla terra". Secondo quanto riportato da attivisti online, la condanna è stata emessa nella giornata di ieri.

Si tratta dell'ennesima dimostrazione di violenza da parte del regime degli Ayatollah, che solo lo scorso 7 gennaio ha mandato al patibolo Mohammad Karami e Mohammad Hosseini, due uomini accusati di aver ucciso un miliziano della formazione paramilitare Basij durante le proteste che da mesi sfidano il regime teocratico di Teheran. Sono invece 519 le persone morte durante le proteste anti governative in Iran seguite alla morte della 22enne Mahsa Amini, che ha perso la vita dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava il velo in modo corretto. Secondo Hrana tra le vittime ci sono 70 minori e 68 membri delle forze di sicurezza. Sono invece oltre 19 mila, sempre secondo Hrana, le persone arrestate dal 16 settembre. 

Eseguite altre due condanne a morte in Iran: la repressione non si ferma

La risposta delle cancellerie europee

Decine di persone rischiano l'esecuzione in relazione alle proteste in corso in Iran. Le autorità iraniane usano la pena di morte come mezzo di repressione politica per instillare la paura tra i manifestanti e mettere fine alle proteste che da mesi si susseguono senza sosta. Per questo la comunità internazionale non resta ferma a guardare come Teheran reprime con la violenza le manifestazioni scoppiate lo scorso settembre per la morte di Mahsa Amini.

Le principali cancellerie europee hanno deciso di convocare gli ambasciatori iraniani per protestare contro le esecuzioni capitali. Berlino, Parigi e Londra si sono allineati sullo stesso asse per condannare con fermezza la repressione del regime degli Ayatollah. Il Canada, invece, ha imposto sanzioni a due persone iraniane e tre entità per il loro coinvolgimento nella violazione dei diritti umani in Iran. 

"Punire in modo serio i manifestanti"

I provvedimenti della comunità internazionale arrivano nel giorno in cui l'ayatollah Ali Khameni, Guida Suprema dell'Iran, ha attaccato i manifestanti che da quasi quattro mesi scuotono il paese, esortando le autorità a "punirli in modo serio ed equo".

In un discorso in occasione dell'anniversario della rivolta nel 1978 degli abitanti di Qom, Khamenei si è scagliato anche contro i manifestanti che nella notte tra l'8 e il 9 gennaio su sono dati appuntamento davanti alla prigione di Rajaeishahr nella città di Karaj, dopo la notizia della probabile esecuzione dei due giovani manifestanti, Mohammad Ghobadlou e Mohammad Boroughani, condannati a morte per aver preso parte alle proteste in corso in Iran.

La repressione, vista dalle autorità iraniane come una risposta adeguata alle ferite inferte agli agenti di sicurezza durante le proteste, sta riducendo ogni possibilità per i manifestanti di essere ascoltati dal regime degli Ayatollah. 

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