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Sabato, 20 Aprile 2024
IRAQ / Iraq

Iraq 2003 - 2013: viaggio a Tikrit, l'ex roccaforte di Saddam Hussein

Un giornalista inglese torna a Tikrit, roccaforte tribale di Saddam Hussein, a dieci anni dalla caduta dell'ex Raìs

Colin Freeman, reporter del Telegraph, che dieci anni fa era stato in Iraq, torna a Tikrit, roccaforte tribale di Saddam Hussein. Il 20 marzo 2003, esattamente dieci anni fa, iniziava la guerra in Iraq.

Capo di una tribù le cui radici risalgono ai tempi dell'Iraq ottomano e al di là, Sheikh Hassan al Nasseri ha avuto la sfortuna di essere stato in carica durante uno dei periodi più turbolenti della sua "famiglia".

Durante i tre decenni di governo del figlio più scellerati figli della tribù Nasseri, Saddam Hussein, lo sceicco Hassan e il resto della famiglia allargata godevano di un lusso senza pari nella loro città natale di Tikrit, sotto il sole di quella città a nord di Baghdad.

Quello che prima era un luogo isolato, povero, provinciale divenne una splendida località. E nei viaggi a Baghdad, solo menzionare il nome Nasseri era sufficiente per ottenere un servizio migliore nei negozi, tavoli nei migliori ristoranti, e ben pagati posti di lavoro nelle forze di polizia e nell'esercito.

Poi, dieci anni fa proprio questa settimana, tutto finì quando l'operazione militare per spodestare Saddam iniziò dal cielo. I missili Cruise hanno raso al suolo i massicci edifici del partito Baath a Tikrit, la Guardia d'élite repubblicana si sciolse, e la città natale di Saddam cadde dopo una breve battaglia. Nove mesi dopo, in un terreno agricolo a pochi chilometri giù lungo il fiume Tigri, Saddam si arrese in modo simile, docilmente, ai soldati americani che lo trovarono nascosto in una buca nel terreno.

Oggi, tutte le benedizioni della tribù Nasseri si sono trasformate in maledizioni.

BAGHDAD 2003-2013: IL DOPO SADDAM

Nel villaggio di al-Owja, alle porte di Tikrit, la tribù resta soggetta agli ordini imposti dagli Stati Uniti, mentre a Baghdad, il loro nome npn fa aprire nessuna di tutte quelle porte che un tempo si aprivano al solo sentire il nome "Nasseri". E Sheikh Hassan, 62 anni, che si vanta di come la sua tribù di 7000 uomini avrebbe ucciso molti soldati americani durante l'occupazione 2003-11, si lamenta ora che sono regolarmente oggetto di vessazioni da parte delle forze di sicurezza del governo dominato dagli sciiti iracheni. "In qualsiasi momento almeno 50 nostri uomini sono in prigione - credo che noi abbiamo un'ala delle carceri riservata", ha detto al Telegraph nel corso della riunione che si è tenuta nella casa di Nasseri ad al-Owja, dove un albero genealogico tribale adorna una parete . "In questo momento, mentre parliamo, qualcuno della mia tribù è probabilmente sotto tortura."

Lui ammette che lo stesso Saddam era stato altrettanto "crudele e ingiusto", a volte, ma lo sceicco Hassan è ancora addolorato al ricordo di quando il corpo del leader iracheno è stato portato ad al-Owja per la sepoltura nel 2006, reduce dall'esecuzione a Baghdad. Ora il copro di Saddam Hussein è in un mausoleo in fondo alla strada. Mausoleo che il governo iracheno ha chiuso l'anno scorso per paura che diventasse un luogo di pellegrinaggio baathista.

Iraq 2003 - 2013, 10 anni dopo la guerra

"Come vi sentireste se la Francia invadesse la Gran Bretagna e uccidesse la Regina?" chiese Sheikh Hassan al giornalista dl Telegraph. "Almeno Saddam ci ha dato lo sviluppo e la sicurezza. Gli inglesi e gli americani hanno detto che renderanno le cose migliori, ma dieci anni dopo qui è ancora un disastro."

L'Iraq di Saddam collassò con estrema facilità. ma costruire un nuovo Iraq si è rivelato molto più difficile, come il caos, il terrorismo e le guerre settarie degli ultimi dieci anni hanno dimostrato. E non sono solo i beneficiari del vecchio regime, come lo sceicco Hassan, che ricordano con affetto i vecchi tempi. Durante un viaggio in Iraq il mese scorso - scrive il giornalista del Telegraph - - la mia domanda per gli iracheni che ho incontrato era se avrebbero voluto tornare indietro all'epoca di Saddam, se avessero potuto. Molti, nonostante gli orrori di quel tempo, hanno detto di sì.

Tra di loro c'era Riyadh al-Obeid, un fruttivendolo sulla strada principale di Tikrit, dove un murales rovinato è tutto quello che resta di Saddam. Ex ufficiale dell'esercito, il signor Obeid disertò durante la guerra, e si è trovato dalla parte dei perdenti di ogni lotta che ha trovato sulla sua strada da allora. Nel 2004, è stato arrestato come sospetto insorto dopo che le truppe degli Stati Uniti hanno trovato una pistola in casa sua, e ha trascorso 18 mesi in carcere. E' poi entrato nella polizia irachena, solo per essere rapito da estremisti sunniti nel 2006, che avevano minacciato di ucciderlo come un "traditore" e poi l'hanno "ridato alla vita" dietro pagamento di un riscatto di 15.000 dollari.

2003: giù la statua di Saddam Hussein

Poi, dopo aver abbandonato la polizia per la tranquillità di un negozio di frutta e verdura, è stato rapito di nuovo a Baghdad nel 2008, questa volta da una milizia sciita durante il conflitto settario. Ancora una volta, un pagamento del riscatto gli ha salvato la vita. Si considera nonostante tutto tra i più fortunati nella sua famiglia. Nel 2007, militanti armati rapirono suo cugino insieme ad altri 13 uomini e li decapitarono, chiedendo 5.000 dollari  per la restituzione delloro teste in scatole di cartone.

"Tutto ciò che è successo da quando sono arrivati gli americani è che la sicurezza è peggiorata", ha detto. "Io non rimpiango particolarmente Saddam, solo vorrei qualcuno che governasse con giustizia - un americano, un iracheno, chiunque." Il racconto di Mr Obeidi - un'istantanea del caos degli ultimi dieci anni - è estrema, ma non eccezionale. Quasi ogni iracheno che ho incontrato racconta fatti simili - a volte per colpa di forze della coalizione, ma più spesso per gentile concessione dei connazionali, che si tratti di milizie religiose, bande criminali, o una miscela di entrambi. Per ogni paese, tutto ciò sarebbe traumatico. Per un paese che era uno stato di sicurezza e di polizia - forse uno dei "vantaggi" del regime totalitario di Saddam - lo è stato doppiamente, quindi la nostalgia per il tiranno è tanta nel territorio di al-Owja.

È vero, c'è molto meno spargimento di sangue ora rispetto a quello che ci fu al culmine della guerra settaria del 2006, quando morivano circa 3.000 persone al mese. Ma autobombe e altri atti di terrorismo ancora causano regolarmente 50 morti a settimana o più, un livello di violenza che fa notizia quando accade in qualsiasi altro paese, ma non qui.

A causa di questo pericolo costante la Gran Bretagna e la maggior parte delle altre nazioni mettono ancora in guardia i loro cittadini dal recarsi in Iraq senza guardie del corpo armate, privando il paese dei tanto necessari investimenti esteri. E i pochi stranieri che visitano Baghdad oggi trovano una città militarizzata come era al tempo di Saddam, con truppe quasi a ogni incrocio delle strade principali.

Proprio per la sicurezza precaria, molti dei frutti che i "liberatori" avevano promesso in Iraq dieci anni fa iniziano ad arrivare solo adesso. E 'stato solo due settimane fa, per esempio, che Iraqi Airways ha fatto il suo primo volo Baghdad-Londra, volo che collega la capitale irachena a uno dei suoi più grandi centri della diaspora. La rete elettrica in uno dei paesi più ricchi al mondo di energia, funziona solo 12 ore al giorno, grazie a ritardi nella ricostruzione di centrali elettriche e di sabotaggio dei ribelli delle linee elettriche.

Nel frattempo, il tanto atteso boom edilizio che avrebbe trasformato Baghdad in una nuova scintillante Dubai deve ancora iniziare. Nuovi centri commerciali e condomini di lusso sono ancora in gran parte in fase di progettazione, e la cosa più vicina ad un albergo a cinque stelle è il tetro Ishtar Sheraton.

Invece, la costruzione più notevole sono i  chilometri di  muri di cemento anti-esplosione in tutta la città. Alcuni sono costruiti per mantenere sunniti e sciiti divisi, altri sono una disperata difesa dalle centinaia di kamikaze che hanno colpito qui dall'estate 2003, quando gli attacchi contro le agenzie umanitarie e l'edificio delle Nazioni Unite ha segnato l'inizio della campagna di al-Qaeda per far deragliare la ricostruzione con ogni mezzo possibile.

Nonostante tutto sono stati compiuti progressi. Le forze di sicurezza irachene, che erano solite vagare per la città in passamontagna, ora sembrano rilassate. I negozi che prima chiudevano alle quattro di pomeriggio ora fanno affari d'oro fino a mezzanotte.

E lungo il Tigri, dove i ristoranti avevano smesso di servire pesce locale a causa del numero di cadaveri ripescati nel fiume, nuovi parchi di divertimento sorgono qua e là. È vero, i visitatori sono a volte perquisiti per le armi, ma il fatto che le famiglie finalmente si sentano sicure di portare i loro figli fuori di notte è importante.

"Abbiamo aperto appena quattro mesi fa, e la sicurezza sta migliorando di giorno in giorno", dice Amjad al Kuzahi, 40 anni, un investitore nel porto di Utafiyya, un complesso che dispone di ristoranti eleganti, una fiera e wifi gratuito. "E poi, le cose non avrebbe potuto peggiorare ancora."

Balsam al-Hill, una donna d'affari di Baghdad che ha vissuto anche in Gran Bretagna, fa notare che molte cose ormai date per scontate erano proibite al tempo di Saddam, come ad esempio telefoni cellulari, internet, e, naturalmente, il diritto di lamentarsi. "Gli iracheni possono ancora lamentarsi dell'energia elettrica e della sicurezza, ma guadagnano molto di più e ora possono acquistare quello che vogliono", ha detto. "Ai vecchi tempi, anche qualcosa di simile a una lattina di Coca-Cola era un lusso. Gli iracheni tendono a concentrarsi sul lato negativo delle cose, ma ora ci si può sfogare e ci si può lamentare del governo. Questa è democrazia."

Certo, la reputazione della democrazia qui in qualche modo è stata offuscata dal livello di legislatoi che tre elezioni dal 2005 hanno prodotto. Ai tempi di Saddam, i politici più competenti sono stati uccisi o sono fuggiti all'estero, e gli anni senza legge che sono seguiti hanno favorito le persone con armi e denaro, piuttosto che quello con talento. Il risultato è stato parlamenti con signori della guerra, santoni e uomini corrotti.

Oggi il nord curdo è più che mai uno stato secessionista, facendo infuriare Baghdad con la firma per aver firmato suoi contratti di estrazione petrolifera con alcune imprese straniere. E in ex-roccaforti baathiste come Tikrit e Falluja, la primavera araba ha ispirato folle enormi che sono scese in piazza negli ultimi mesi. Manifestano perché il governo dominato dagli sciiti li tratta come cittadini di seconda classe. Finora hanno optato per una protesta pacifica, ma si teme che le milizie sunnite possano prendere la palla al balzo e riarmarsi.

Mentre la classe politica si perde in battibecchi, la vita culturale e intellettuale del paese è rifiorita. Prendete ad esempio il programma del teatro nazionale di Baghdad, che quest'anno è una "capitale della cultura". Molti degli attori del teatro sono stati minacciati dai conservatori religiosi nel corso degli anni, e il teatro è fortificato come la maggior parte delle stazioni di polizia di Baghdad.
Oggi, però, è pieno di artisti di tutte le età.

Giovani e vecchi, tutti sperano in un nuovo, laico, liberale Iraq: quello che Tony Blair e George W. Bush avevano promesso, e che solo ora, dieci anni dopo, sembra essere finalmente sulla buona strada per diventare una realtà.

"L'Iraq è passato dall'estremismo politico sotto Saddam all'estremismo religioso durante la guerra settaria", dice Emmanuel George Tomi, 52 anni, un regista di una famiglia dell'opposizione cristiana. Era fugigito dall'Iraq a Londra all'età di 17 anni ed è tornato nel 2005. "Ho pianto quando sono tornato. Quella che ricordavo come una città civilizzata, era in rovina. Ma io non ci tornerei ai tempi di Saddam. La gente si sta allontanando dall'estremismo religioso e va verso una società laica e liberale". Poi si volta per discutere il suo nuovo progetto cinematografico con i compagni nel caffè del teatro. Fuori dai cancelli, una coppia di maschere teatrali tradizionali mostrano due facce - una felice, una triste.

Dieci anni dopo, sono un simbolo adatto dell'umore iracheno. Fonte: Telegraph

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