Stipendi, pensioni e quel 'parlare al cuore': "L'Isis è come la camorra"
Aiutano i familiari dei combattenti, distribuiscono stipendi e pensioni: il capo dell'antiterrorismo italiano spiega come i jihadisti hanno conquistato la fiducia della popolazione. E lancia l'allarme sul pericolo di una possibile radicalizzazione del fenomeno nelle carceri
ROMA - I jihadisti che vogliono purificare il mondo dagli infedeli hanno i numeri e la ricchezza. Sono i terroristi più facoltosi di sempre: hanno i pozzi di petrolio, gli aiuti finanziari di Paesi come Qatar e Kuwait, i proventi dei reperti archeologici venduti sul mercato nero, e poi le tasse imposte ai cittadini. Sono capaci di scatenare guerriglie sofisticate e di fare proseliti in tutto il mondo con la loro propaganda sul web. Ma l'Isis è molto più di una nuova realtà estremista del movimento sunnita. Mario Papa, direttore dell'antiterrorismo italiano, ne è convinto: "La loro è un'organizzazione in grado di sviluppare una politica di welfare dando aiuto ai familiari dei combattenti, un salario e delle pensioni. Parlano alla mente, al cuore e alla pancia della gente".
La ferocia dei tagliagole, d'altronde, è solo l'aspetto più superficiale e crudele di un potere efficiente (seppur "primitivo") che si basa su un sistema amministrativo studiato a tavolino e messo in pratica nei territori conquistati. A differenza di altri gruppi jihadisti, infatti, il Califfo che sta ridisegnando la geografia del Medio Oriente sa bene che - prima di imporre brutalmente la sharia - per consolidare il consenso l'arma migliore è quella di costruire strade e ponti, distribuire acqua ed elettricità, dare uno stipendio a chi ne ha bisogno (soldati, impiegati, ingegneri). Prima di addestrare, prima di reclutare, occorre fidelizzare. Il paragone, per Papa, è immediato: "L'Isis per la sua filosofia ricorda la camorra e, così facendo, ha conquistato fette intere di popolazione nei territori che controlla".
I RISCHI NELLE CARCERI - E, proprio come spesso avviene per gli affiliati alla sbarra, il pericolo di radicalizzazione del "fenomeno" jihadista appare forte nelle carceri. Secondo Papa, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sta facendo su questo fronte un "ottimo lavoro", fornendo al comitato di analisi strategica antiterrorismo ogni informazione utile. "I foreign fighters o i lupi solitari, che sono quelli che ci preoccupano di più - dice il capo dell'antiterrorismo - si formano sul web. Ma più del jihadismo da tastiera il pericolo di radicalizzazione arriva dalle carceri". L'Isis, tuttavia, comincia a mostrare le prime crepe, dato che le informazioni d'intelligence fanno ritenere che "nel momento in cui si dovesse fermare l'espansione, le popolazioni locali cercherebbero protezioni di tipo diverso". Gli estremisti, chiarisce Papa, "non sono sconfitti, ma cominciano ad arrivare notizie di loro sconfitte militari".
LA PROPAGANDA - Parlando stamattina in audizione presso il Comitato parlamentare Schengen, il capo dell’antiterrorismo ha poi sottolineato la scelta fatta dallo Stato islamico in campo di informazione e propaganda che, ha detto, "fa impallidire le migliori agenzie del settore. C’è addirittura chi afferma – ha ricordato – che hanno frequentato i migliori studi televisivi di Hollywood. Hanno capito che oggi fa più paura come viene presentato e veicolato un fatto che non il gesto concreto in sé". Da qui le vere e proprie campagne di propaganda fatte dall’Isis "con tanto di inviati speciali" (è il caso dell'ostaggio britannico John Cantlie) e non documentabili "se non di seconda mano". "Non stupisce forse – si è quindi chiesto – perché non vi siano inviati di guerra nelle località sotto il controllo dello Stato islamico? Perché vogliono l’esclusiva e i giornalisti sanno che se andassero lì sarebbero catturati, torturati e uccisi".
PERICOLO FOREIGN FIGHTERS - Dalla relazione è emerso inoltre che sono arrivati a 65 i foreign fighters andati a combattere in Siria e Iraq che hanno avuto in qualche modo a che fare con l'Italia. "Si tratta di numeri esigui - ha informato Papa - ma ciò che è più importante è il problema del rientro, anche perché i raid della coalizione e le crisi interne al movimento potrebbero accelerare il processo di ritorno. E questo è l'aspetto più inquietante". I foreign fighters ingrossano le truppe di una legione straniera decisamente ampia e che comprende miliziani delle nazionalità più disparate, europei e non. La metà di essi partiti dalla Francia, 800-1000 dalla Gran Bretagna, 650 dalla Germania, 400 da Olanda e Belgio. I 65 partiti dall'Italia - di cui meno di dieci sono italiani o naturalizzati italiani - rappresentano dunque "un numero esiguo" su cui però si concentra l'attenzione degli apparati di prevenzione. L'attuale situazione, con le prime crepe nel movimento e le sconfitte militari (il numero dei foreign fighters morti è di 75, mentre l'anno scorso sono stati 20), ha spiegato il capo dell'antiterrorismo, "fa sì che molti di loro cerchino di rientrare nei paesi di provenienza o anche in paesi diversi ma sempre in ambito Schengen". E questo è l'aspetto più importante e inquietante da tenere sotto controllo.