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Giovedì, 25 Aprile 2024
Medio Oriente / Israele

Israele lancia una nuova colonizzazione della Palestina

Tel Aviv legalizza 9 colonie "selvagge" in Cisgiordania, in violazione del diritto internazionale. Nel Paese intanto è rivolta contro la riforma della giustizia che mette in pericolo la laicità dello Stato

Israele continua con la colonizzazione della Palestina e ha annunciato la legalizzazione di nove insediamenti israeliani "selvaggi" situati in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Gli insediamenti cosiddetti "selvaggi, sono quelli costruiti senza l'autorizzazione del governo di Tel Aviv. Precedentemente queste comunità, sorte da anni nei territori attribuiti sotto io controllo dell'Autorità palestinese, erano considerate illegali dall'esecutivo israeliano, anche se ampiamente tollerate.

La decisione del gabinetto presieduto da Benjamin Netanyahu, il più estremista nella storia della nazione, coincide con un inasprimento delle relazioni tra le parti, con lo scontro testimoniato dall’incremento degli attentati di matrice palestinese da una parte, e dalla dura repressione israeliana che ha fatto registrare più di 40 vittime solo dall’inizio di quest’anno. L’ultima azione terroristica risale allo scorso venerdì, quando un uomo palestinese alla guida di un veicolo si è lanciato contro una fermata del bus, nel quartiere Ramot di Gerusalemme est, uccidendo sul colpo tre persone, tra cui due bambini. Un atto definito “atroce” dal primo ministro israeliano.

Attualmente ci sono 475mila israeliani in Cisgiordania, dove vivono in tutto circa 2,8 milioni di palestinesi. Ma il numero dei coloni sembra destinato a salire dopo gli ultimi annunci dell’esecutivo e questo mette in serio allarme i vertici palestinesi che, attraverso la voce del premier Mohammad Shtayyeh, hanno manifestato la preoccupazione per una possibile escalation delle violenze. Il divieto di realizzare colonie in territorio palestinese deriva non solo dagli accordi internazionali, ma anche da una decisione della Corte Suprema israeliana del 1979, una proibizione mai realmente fatta rispettare dal governo di Tel Aviv, che non solo ha tollerato la realizzazione di queste comunità nel corso degli anni, ma le ha ampiamente sostenute fornendo loro tutti i servizi di cui beneficia una qualsiasi città del Paese, dall’approvvigionamento d’acqua, all’elettricità, fino all’istruzione.

La formazione di questi insediamenti viola il diritto internazionale, in particolare si pone in contrasto con la Quarta convenzione di Ginevra del 1949, la quale proscrive il trasferimento di civili di una potenza occupante sul territorio occupato. Per questa ragione la Comunità internazionale giudica queste colonie illegali, oltre che il maggior ostacolo ad una possibile risoluzione del conflitto. Per tutta risposta Israele si oppone a questa interpretazione dei precetti ginevrini, sostenendo che non si possano applicare al caso della Cisgiordania visto il suo status di “territorio conteso”, non occupato.

La migrazione verso le terre palestinesi ha a che vedere in parte il fattore religioso, essendoci nella zona dei luoghi sacri come la tomba di Abramo, che si trova ad Hebron, ma interessa anche la componente laica del Paese, attratta dai vantaggi economici che quelle aree hanno da offrire. Le numerose risorse investite dal Governo israeliano nella regione, oltre agli incentivi destinati a coloro che decidono di stanziarvisi, rendono il costo della vita in Cisgiordania decisamente inferiore rispetto a quanto si registra in Israele e all’interno di Gerusalemme est.

Ieri a Tel Aviv sono scese in piazza oltre 70mila persone per protestare contro una controversa riforma della giustizia che darebbe al governo il controllo sulla selezione dei giudici e renderebbe le leggi fondamentali quasi costituzionali immuni dal controllo giudiziario. Le leggi fondamentali di Israele sono tredici leggi quasi costituzionali dello Stato di Israele, alcune delle quali sono alla base del carattere laico delle sue istituzioni.

Netanyahu è accusato di voler concedere ai suoi alleati, tute forse della destra religiosa sionista, di indebolire i principali bastioni della laicità di Israele: i suoi giudici. Una delle forze chiave per mitigare la coercizione religiosa è stato storicamente il sistema giudiziario, che ha annullato diverse legislazioni estremiste e permesso interpretazioni più liberali delle leggi esistenti. Ma ora tutti i partiti della maggioranza parlano della necessità di ridurre significativamente i poteri giudiziari e di impedire l'intervento della magistratura.

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