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Giovedì, 28 Marzo 2024
Le indagini

Al Jazeera porta Israele alla Corte internazionale per la morte della giornalista Abu Akleh

La reporter è stata colpita da un proiettile sparato con ogni probabilità dalle forze di Tel Aviv durante conflitto a fuoco nel campo profughi di Jenin, nel nord della Cisgiordania occupata

Al Jazeera ha presentato un'istanza alla Corte penale internazionale (Cpi) contro Israele per l'omicidio della giornalista palestinese Shireen Abu Akleh, uccisa l'11 maggio molto probabilmente dalle forze israeliane durante un'operazione nel campo profughi di Jenin, nel nord della Cisgiordania occupata. In un comunicato, l'emittente ha dichiarato di aver preso la decisione dopo aver formato una "coalizione legale internazionale composta dal team legale di Al Jazeera e da esperti internazionali". Il fascicolo riguarda principalmente la morte della giornalista, ma includerà anche il bombardamento della sede del media qatariota a Gaza durante l'Operazione Wall Guardian nel maggio 2021.

La rete televisiva ha dichiarato di aver "scoperto nuove prove" sulle circostanze della morte della reporter che "mostrano chiaramente che Shireen e i suoi colleghi sono stati colpiti deliberatemente dalle forze sioniste". Diverse indagini condotte da testate giornalistiche internazionali, tra cui il New York Times, il Washington Post e Bellingcat, oltre che dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, hanno concluso che lo sparo che l'ha uccisa proveniva dalle forze israeliane.

 L'esercito di Tel Aviv, che occupa ampie parti della Cisgiordania dal 1967, ha riconosciuto per la prima volta a settembre che c'era una "forte possibilità" che la giornalista fosse stata uccisa accidentalmente ma in nessun caso "deliberatamente" da uno dei suoi soldati. La versione di Israele è che non c'è alcun sospetto di un atto criminale che giustifichi un'indagine penale. L'esercito afferma che le truppe impegnate nell'operazione sono state sottoposte a un pesante fuoco e hanno risposto all'attacco, sparando anche nell'area in cui si trovava Abu Akleh, a 200 metri di distanza, senza essere in grado di identificarla come giornalista.

Secondo Al Jazeera questa ipotesi "è completamente infondata". Le prove ribaltano le affermazioni secondo cui Shireen sarebbe stata uccisa durante un confitto a fuoco e "confermano, senza alcun dubbio, che non c'è stato alcuno sparo nell'area in cui si trovava Shireen", dunque, "le forze armate le hanno sparato direttamente addosso". "Le prove dimostrano che questa uccisione deliberata faceva parte di una più ampia campagna per colpire e mettere a tacere Al Jazeera", si legge nel comunicato.

La Corte penale internazionale, nel caso in cui decidesse di accettare l'indagine, dovrà occuparsi di identificare le persone direttamente coinvolte nell'omicidio. Tuttavia, la strada è ancora in salita. La Cpi ha regole estremamente rigide per le richieste di indagine, tanto che respinge quasi il 90 per cento delle domande. Il tribunale accetta solo casi di genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra o aggressione, come definiti dal Trattato di Roma e solo quando non c'è possibilità o volontà da parte dello Stato di indagare sui crimini, quando sono abbastanza gravi da giustificare un'indagine; e quando sono nell'interesse della giustizia.

A novembre, la Corte penale internazionale aveva preso una decisione storica e annunciato l'apertura di un'indagine formale su possibili crimini commessi da israeliani e palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, ed è in questa scia che gli avvocati di Al Jazeera vogliono inserire la loro richiesta. Il mese scorso, il governo israeliano ha dichiarato che non avrebbe collaborato con alcuna indagine esterna sulla morte di Abu Akleh, e in reazione all'istanza presentata dall'emittente ha affermato che "nessuno indagherà sui soldati" e "nessuno ci darà lezioni sul morale in guerra, tanto meno Al Jazeera".

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