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Martedì, 23 Aprile 2024
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Lo storico annuncio del premier di Israele: "Sì allo stato di Palestina"

Yair Lapid all'assemblea delle Nazioni Unite lancia anche un monito all'Iran: "Non permetteremo che Teheran abbia armi atomiche"

Nel suo intervento all'assemblea generale dell'Onu il premier israeliano Yair Lapid ha detto di essere a favore della soluzione dei due Stati per porre fine conflitto con i palestinesi, a patto che lo Stato palestinese sia "pacifico" e non diventi "una base del terrore che minaccia Israele".

Si tratti di una "svolta netta" nella politica estera israeliana degli ultimi anni. Lapid -nell'ultimo scampolo del suo mandato prima delle elezioni del prossimo 1 novembre- insiste sulla necessità di una separazione politica dai palestinesi "per rafforzare la sicurezza di Israele". 

"Un accordo con i palestinesi, basato su 2 Stati per 2 Popoli, è - ha sottolineato Lapid - la cosa giusta per la sicurezza di Israele, per la sua economia e per il futuro dei nostri bambini". La condizione, ha aggiunto dopo aver detto che la maggior parte degli israeliani, lui compreso, è a favore di quella Soluzione, è solo una: "Il futuro Stato palestinese dovrà essere pacifico". "Che non diventi - ha spiegato - un'altra base dalla quale si possa minacciare il benessere e la stessa esistenza di Israele. E che Israele abbia la capacità di proteggere la sicurezza di tutti i suoi cittadini in ogni momento". Un evidente richiamo a quanto succede con Gaza da quando Hamas nel 2005 ha preso il potere nella Striscia: Lapid ha ricordato gli oltre 20mila razzi lanciati su Israele.

Nel suo intervento all'assemblea generale dell'Onu il premier israeliano ha sollecitato tutti i Paesi musulmani, dall'Indonesia all'Arabia Saudita, a riconoscere e a fare la pace con Israele. Ma ha anche lanciato una minaccia al regime di Teheran: "L'Iran cerca la totale distruzione di Israele - ha detto Lapid - Israele farà qualsiasi cosa per impedire a Teheran di ottenere l'arma nucleare. Solo una credibile minaccia militare impedirà all'Iran di acquisire l'arma atomica", ha aggiunto.

La soluzione dei due Stati

La prima stesura dell'ipotesi dei "due Stati" per la soluzione del conflitto israelo-palestinese risale alla conferenza di Annapolis del novembre 2007. Tale ipotesi prevede la creazione di due Stati separati nella parte occidentale della Palestina storica, uno ebraico e l'altro arabo. La soluzione è approvata dalla Nazioni Unite dal 29 novembre 2012 con la risoluzione 67/19 dell'Assemblea Generale che ha riconosciuto l'esistenza dello Stato di Palestina.

La rabbia del Likud

Se l'intervento è parso ad alcuni richiamare alla mente la forza delle scelte dell'ex premier Yitzhak Rabin, ora bisognerà vedere la reazione dei diretti interessati. Ma le tensioni più forti arrivano proprio da Israele. Il partito Likud, principale partito di opposizione, ha espresso forte contrarietà: dopo che Lapid "ha formato il primo governo israelo-palestinese, ora vuole stabilire uno stato palestinese al confine tra Kfar Saba, Netanya e l'aeroporto Ben-Gurion e consegnare i territori della nostra patria ai nostri nemici", ha reso noto. "Per anni Netanyahu è riuscito a rimuovere la questione palestinese dall'agenda mondiale e Lapid ha riportato Abu Mazen in prima linea in meno di un anno", ha insistito il partito Likud in una nota. Anche nello stesso governo di transizione guidato da Lapid (nell'imminenza delle elezioni politiche di novembre) si sono sollevate voci critiche. "Lapid rappresenta solo se stesso con questa presa di posizione", ha avvertito la ministra degli interni Ayelet Shaked, una esponente della destra nazionalreligiosa. "Uno Stato palestinese rappresenta un pericolo per Israele". Anche il ministro della giustizia Gideon Saar (leader di una nuova formazione laica centrista) ha affermato che "uno stato terroristico in Giudea-Samaria (Cisgiordania) minaccia la nostra sicurezza. La maggior parte del popolo israeliano e dei suoi rappresentanti lo impediranno". Colto di sorpresa e del tutto contrario all'iniziativa di Lapid anche l'ex premier Naftali Bennett: "Non c'è alcuna logica di riportare a galla il progetto dello Stato palestinese. Siamo nel 2022 e non nel 1993 (anno degli accordi di Oslo, ndr). Anche i nostri amici non si aspettano da noi che facciamo compromessi sulla nostra sicurezza e sul nostro futuro".

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