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Sabato, 20 Aprile 2024

Fernando D'Aniello

Collaboratore

La metamorfosi di Olaf Scholz

La sera delle elezioni, qualcuno suggerì, forse con un po’ di malizia, “Ha vinto Angelo Merkel!”. Era l’accusa rivolta al nuovo Cancelliere federale: aver copiato politica, stile e atteggiamento della Kanzlerin, di quell’Angela Merkel che dopo sedici anni era diventata una sicurezza per i tedeschi. Ed era un'accusa non del tutto campata per aria: ancora ad inizio 2021 nessuno credeva alle possibilità di Scholz. Che caparbiamente ha eroso il consenso dei conservatori e si è presentato, nonostante venisse dalla Spd, come il vero erede di Merkel. Anche durante la campagna elettorale: tutti erano sfidanti, per la prima volta non c’era un cancelliere uscente a difendersi dalle accuse dell’opposizione. E Scholz ha davvero replicato Merkel: uscite sempre molto asciutte, tecniche, oggettive, al limite della noia. Nessuna promessa, persino la “svolta energetica” presentata come qualcosa da fare passo dopo passo. Da quando è Cancelliere, c’è una battuta che circola in Germania, una specie di tormentone che si ascolta anche per strada o a lavoro tra colleghi. “Schönen Dank für die Frage, Grazie per la domanda!”: è il modo con cui il Cancelliere federale risponde a chiunque, anche agli attacchi più insidiosi. E poi via a snocciolare dati e cifre. Ogni problema viene affrontato come se fosse una consulenza tecnica.

Il governo per un po’ regge con questa illusione ottica: ma è Scholz o Merkel? Certo arrivano anche le difficoltà: la politica sul Covid è un disastro, l’obbligo vaccinale promesso dal Cancelliere è affondato al Bundestag perché non c’è una maggioranza, il governo perde la sua prima ministra per una vicenda di vacanze durante l’alluvione dello scorso anno. Ma con la guerra i problemi aumentano. Scholz stravince nelle prime 76 ore: va in Parlamento e annuncia la Zeitenwende, promette aiuti all’Ucraina e cento miliardi per la Bundeswehr, l’esercito federale. Il Cancelliere è al massimo della sua autorità. Il discorso è apprezzato da tutti, anche il capo dell’opposizione Friedrich Merz deve ammettere: “È stato un intervento autorevole”. Poi, però, Olaf Scholz si perde.

Il Cancelliere sembra incapace di tenere insieme il governo. Liberali e Verdi gli chiedono di fare di più. Tutto il paese viene messo (per l’ennesima volta) in un angolo, accusato di fare “troppo poco”. Di pensare di più al gas da Mosca che all’Ucraina. A un certo punto il problema diventano le armi ‘pesanti’: carri armati e altro da inviare a Kiev. Scholz continua con la sua litania: “Facciamo e faremo tutto quello che fanno anche gli alleati”. Non basta. La sua stessa maggioranza rumoreggia. Scholz in un’intervista allo Spiegel ripete i concetti, con lo stesso tecnicismo di prima. Ha detto che ogni decisione si prende con gli alleati, che occorre continuare sostenere l’Ucraina in tutti i modi ma anche che la guerra non deve allargarsi; quindi, la Nato e l’Europa non devono entrarci direttamente. Poi va anche all’attacco: le accuse alla SPD sarebbero “una caricatura della politica socialdemocratica”. È forse da quel momento che il Cancelliere capisce che deve osare di più. Che deve cambiare, seppur senza snaturarsi, il suo modo di rivolgersi al paese. E accade qualcosa che sembra rafforzare questa convinzone.

Al comizio del Primo Maggio, durante il suo intervento Scholz è fischiato per la decisione di inviare armi. Sono fischi che si fanno sentire, è una piazza ostile che rumoreggia. Sembrano i fischi rivolti ad Angela Merkel durante la crisi del 2015. Ma questi fanno più male, perché vengono dal corteo del Primo Maggio, un giorno centrale per la storia della socialdemocrazia tedesca. Questa volta Scholz, a differenza della cancelliera nel 2015, reagisce. Abituato agli attacchi ‘da sinistra’, il Cancelliere difende la sua politica e, per superare i fischi, addirittura urla: “Rispetto ogni posizione ma ad un cittadino ucraino sembrerà cinico quando gli si dice che deve difendersi dall’aggressione di Putin senza armi. È una cosa fuori dal mondo”.

Ieri sera alla Zdf, nel corso di una lunga e interessante intervista negli studi della seconda rete tedesca, ai giornalisti che lo hanno incalzato, Scholz ha ripetuto i suoi concetti: “Putin non ha immaginato questa resistenza degli Ucraini e non ha creduto che noi potessimo prestare aiuto in modo così deciso. La Russia resta una delle potenze nucleari più armate al mondo. Ma il nostro obiettivo è quello di contrastare una politica russa che considera i vicini come un cortile di casa, per cui si è legittimati a intervenire quando succede qualcosa che non va bene a Mosca”. Ma poi ha addirittura attaccato il governo ucraino per non aver accettato la visita di Frank Walter Steinmeier: “Dobbiamo innazitutto dire che non funziona così, non si può dure che il presidente di un paese come la Germania che ha fatto tanto, finanziariamente e militarmente, non viene ricevuto”. Insomma è stato un errore che ancora pregiudica un suo diretto viaggio a Kiev.

È un cambiamento importante nella comunicazione di Scholz. Il Cancelliere, seppur senza modificare la propria politica, ha forse trovato una chiave diversa per rivolgersi ai suoi concittadini. Sempre ieri sera, con il suo stile, ha anche chiarito, se ancora ci fossero dubbi, che tra Washington e Berlino non c’è sempre intesa rispetto al futuro. Negli Stati Uniti vogliono indebolire la Russia fino a che non sia più in grado di realizzare queste iniziative. Ma una guerra, magari “fredda” di lungo periodo, non è negli interessi europei: “Il nostro obiettivo è che l’Ucraina possa difendere la sua sovranità”. C’è da augurarsi che a questo cambiamento di stile e di atteggiamento si affianchi anche una maggiore capacità di guida anche a livello internazionale. L’idea di fare “tutto quello che fanno gli altri” non può essere la stella polare di Berlino.

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