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Giovedì, 18 Aprile 2024
Libano

"La crisi economica del Libano non ferma la missione dell'Onu"

Il generale Vergori, comandante della Folgore, è a capo della Task force nel Sud del Libano che impiega 3.600 soldati. "Facciamo rispettare la risoluzione Onu, sosteniamo le istituzioni e aiutiamo le popolazioni", spiega a Today.it. Dai libanesi attestati di stima per i soldati italiani che si impegnano per garantire condizioni di vita dignitose a un Paese quasi in ginocchio

"Arriviamo in ogni angolo, in ogni comunità locale affinché nessuno resti indietro. La crisi economica in Libano ha proporzioni storiche, ma il nostro impegno nella missione Unifil ha un compito preciso: garantire la cessazione delle ostilità, sostenere le istituzioni e quindi le Forze armate libanesi, supportare le popolazioni per l’accesso ai servizi essenziali”. 

È chiaro Roberto Vergori, generale, al comando della Brigata paracadutisti Folgore e attuale comandante della Task force Lebanon che controlla l’area Ovest (Sector West) e fa applicare la risoluzione 1701 dell’Onu. La Task force si compone di oltre 10mila peacekeepers (con militari provenienti da 48 Paesi) 1.200 dei quali italiani. Attualmente sono sotto il comando italiano i militari di 17 nazioni. E di questi ultimi, 800 sono della Folgore, che rappresenta la spina dorsale. Il Sector west vede schierati 3.600 soldati provenienti, tra gli altri, da Ghana, Serbia, Irlanda, Corea del sud, Malesia e Polonia. 

Oltre alla Folgore ci sono altri reparti che operano in diversi settori specialistici. “Il contributo italiano – spiega Vergori a Today.it – include personale di staff al comando Unifil, i carabinieri e la componente elicotteristica dell’Esercito che garantisce pattugliamento, soccorso e trasporto a tutta la missione”. La Task force Italair, tra l’altro, è operativa dal 1979. Attività a tutto campo, verifica del rispetto del mandato Onu, controllo del territorio e delle aree a rischio, compresa la Blue line (un’area che divide i due Paesi e che Israele ha rafforzato con la Technical fence, che prevede una recinzione per difendersi da eventuali razzi, 17 chilometri di muro alto diversi metri, sensori elettronici per evitare intrusione di attentatori dal territorio libanese). C’è poi l’attività di collegamento con autorità civili, militari e religiose libanesi, sia per rafforzare le ottime relazioni esistenti sia per fornire supporto alla popolazione, con progetti di cooperazione civile e militare. Un lavoro destinato a fornire i servizi essenziali ai cittadini, in questo momento di crisi economica e finanziaria”. 

Vergori (foto Salvatori)

Una missione operativa dal 1978

Dal 2006, l’Italia è quasi sempre stata ai vertici del comando generale di Unifil. Una missione che, però, è operativa dal lontano 1978 e che ha visto i soldati italiani sempre presenti in prima linea. Il settore di competenza si estende dal fiume Litani fino a Naqoura, il confine, o meglio la linea di demarcazione (un confine non è fissato ed esiste un cessate il fuoco fatto rispettare dai caschi blu), con il territorio israeliano. Le attività, aggiunge Vergori incontrando la stampa sulla strada sterrata della Blue line, “sono continuative, svolte dagli italiani e in modo congiunto con le Forze armate libanesi (Laf) effettuando pattuglie a piedi, motorizzate, check point, controlli di aree estese e sensibili, per la prevenzione di lancio di razzi verso Israele. Lo sforzo dei caschi blu è a tutto campo”. 

I soldati italiani arrivano in teatro operativo dopo un lungo periodo di preparazione tecnica e culturale e alle spalle hanno l’esperienza maturata in altre missioni. “Non solo – sottolinea Vergori – proiettano sul terreno le capacità, ma sanno mantenere aperto il dialogo con le comunità, prevengono criticità ed un’eventuale escalation della tensione. Sono, altresì, pronti a intervenire con fermezza e professionalità, a gestire situazioni delicate con trasparenza, neutralità e aderenza al mandato Onu”. 

Il controllo dei caschi blu

In caso di violazioni della risoluzione (persone che attraversano la linea di demarcazione, sconfinamento a volte causato da cacciatori o pescherecci, eventuali sconfinamenti da parte israeliana) tutte le attività vengono segnalate al comando di Unifil. Nell'ultimo periodo, le violazioni sono state poche e di piccolo significato. Numeri che restano bassi grazie all'intensa attività di controllo dei caschi blu sul campo. La situazione economica e sociale vede circa l’80% della popolazione sotto la soglia della povertà. Basti pensare che un soldato o un insegnante che guadagnavano l’equivalente di 1.000 euro, ora ne guadagnano 50 o 60. Le scuole rimangono chiuse perché docenti e famiglie non hanno i soldi per la benzina necessaria a raggiungerle. Anche la sanità pubblica è al collasso e non di rado i civili si rivolgono alle strutture militari (sono attivi ambulatori nei paesi) chiedendo visite specialistiche, latte per i bambini, farmaci, pannolini. Una situazione che, però, anche se genera preoccupazioni sociali con scioperi e proteste, non viene ritenuta impattante sulla missione di Unifil. A far propendere per un allentamento della tensione fra i due Paesi c’è l’accordo per lo sfruttamento di una riserva di gas in mare, proprio al confine tra i due Stati. Sul piano politico, però, restano le divisioni interne al Libano che non consentono l’elezione di un presidente, dopo Michel Aoun. Una condizione che potrebbe far venire meno gli aiuti finanziari del gruppo di sostegno, rappresentato da Usa, Francia, Arabia Saudita, Qatar e Iran: senza un presidente, nessun supporto. 

"Italian way"

“Vivo con l’orgoglio di comandante – afferma il generale – la possibilità di rappresentare l’Italia in un contesto internazionale, al comando di soldati che sanno difendere i valori della nazione e delle Forze armate. I soldati operano con umiltà, responsabilità e consapevolezza. Non è facile trovare la ricetta per una leadership internazionale. Non si trova sugli scaffali. L’esempio è la via maestra da seguire al meglio delle nostre capacità. Poi bisogna dire perché, e non solo cosa, ai nostri soldati. Spiegare lo scopo, perché questo riempie gli spazi, a ogni livello, di responsabilità, fiducia e soddisfazione. Lo scopo, quando condiviso, incanala l’iniziativa verso il raggiungimento del risultato”. E un riscontro, di questo modo di operare conosciuto come “italian way” che ha fatto guadagnare crediti di stima e considerazione ai militari italiani nel mondo, Vergori lo riceve proprio dalla popolazione “che ci dimostra affetto e ci accoglie con favore. Ci dicono che per loro siamo una sicurezza”.

Un lince Blue Line

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