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Martedì, 23 Aprile 2024
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In Libia bombe sull'aeroporto, le Ong: "Subito corridoi umanitari, migranti in trappola"

Le forze che si sono mosse dalla cirenaica al comando di Haftar avrebbero mandato nel caos il sistema di contenimento dei migranti. L'agenzia Onu Unhcr ha detto di non poter operare in condizioni di sicurezza. Medici senza frontiere: "Centinaia in trappola"

"In Libia si rischia una potenziale guerra civile con possibile contagio di Tunisia e Algeria". Un allarme che arriva da chi quelle aree le conosce bene, Emma Bonino, esponente di +Europa, già ministro degli esteri e Commissario europeo per gli aiuti umanitari.

Intanto non si registrerebbero danni nell'aeroporto di Mitiga, a Tripoli, dove due aerei delle forze del generale Khalifa Haftar avrebbero compiuto un raid contro quello che è attualmente l'unico aeroporto in funzione di Tripoli. 

Le Forze Speciali USA avrebbero infatti utilizzato hovercraft per evacuare il loro contingente dal compound di Janzour.

"Non è un porto sicuro per la più grande potenza militare al mondo. Può esserlo per bambini, donne e uomini in fuga?" dice su Twitter la ong italiana Mediterranea Saving Humans che chiede subito corridoi umanitari per i migranti. Migranti che si troverebbero in una difficile situazione nei centri di dentenzione gestiti dalle milizie libiche. 

Milizie, che vale la pena ricordare, dipendono solo in parte dal governo internanzionalmente riconosciuto di Al Serraj che ha sede a Tripoli ma delega gran parte della sua forza alle milizie di Misurata

Le forze che si sono mosse dalla cirenaica al comando di Haftar avrebbero mandato nel caos il sistema di contenimento dei migranti sancito dagli accordi con l'Italia stipulati dall'ex ministro dell'interno Minniti.

Come racconta Eleonora Camilli per il Redattore Sociale almeno 600 persone sarebbero ristrette a Quaser Bin Gashir vicino Tripoli da due giorni senza cibo ed elettricità. A fare da tramite l'avvocata per i diritti umani Giulia Tranchina, basata a Londra, ma in contatto diretto con un ragazzo minorenne. "Da venerdì la situazione è precipitata".

"Le forze di Haftar hanno preso possesso del centro di detenzione: da sabato mattina fino a ora le persone sono senza luce, l'acqua va con la pompa quindi non ne hanno né per bere né per lavarsi. Non hanno cibo. Mi dicono che ieri i soldati sono andati via, abbandonandoli".

L'agenzia dell'Onu Unhcr ha detto di non potersi avvicinare al centro per ragioni di sicurezza. Tranchian spiego come i migranti del centro di detenzioni siano stati tutti riportati indietro dalla Guardia costiera libica e sono tutti registrati dall'Unhcr.

Quello di Quaser Bin Gashir non è un caso isolato: la situazione degli altri centri è altrettanto disumana. "Nel centro di Al Zintan, vicino alla linea del fuoco - continua Tranchina - ci sono più di 900 persone, sono totalmente isolate. Ricevo foto di corpi scheletrici, sono terrorizzate e sono totalmente abbandonate". Situazione più o meno simile a Sabaa, uno dei sette centri di detenzione di Tripoli e tra i cinque centri in cui Medici senza frontiere attualmente lavora almeno una volta a settimana, attraverso visite di routine da parte di un'equipe di personale medico. Secondo l'ultimo report di marzo dell'ong attualmente nel centro di Sabaa sono detenute oltre 300 persone, di cui circa un terzo sono minori.

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Secondo alcune stime in totale nei centri di detenzione in Libia si conterebbe la presenza di circa 7mila migranti. Una situazione aggravata dalla fuga, negli ultimi quattro giorni, di almeno 2200 persone che hanno lasciato le proprie case a causa dei combattimenti in corso a sud di Tripoli come reso noto oggi l'Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani. In molti restano intrappolati nello scontro tra le forze del maresciallo Khalifa Haftar e quelle legate al premier Fayez Al-Serraj.

"La Libia non è un posto sicuro per rimpatriare i migranti" ha dichiarato il direttore generale dell'Oim Antonio Vitorino. "Almeno 1.073 migranti, tra cui 77 bambini, sarebbero stati rimandati in Libia. Se la Libia non era giù un paese sicuro ora lo è ancora meno".

Intanto l'Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell'Ue Federica Mogherini ha spiegato come l'Europa si trovi "disarmata". L'operazione Sophia "senza le navi" può adempiere solo "in modo molto limitato" al proprio mandato.

"Posso solo sperare che gli Stati membri tornino sulla loro decisione il prima possibile".

Ricordiamo come gli Stati membri dell'Ue, dopo mesi e mesi di stallo, hanno deciso alla fine di marzo di prorogare il mandato dell'operazione militare navale dell'Ue Eu NavForMed per sei mesi, sino a fine settembre, ma sospendendo l'uso delle navi, scelta sulla quale la Mogherini, che aveva voluto la missione, non ha nascosto la propria contrarietà.

Chi è Haftar

Quella del generale Khalifa Haftar non è una figura nuova della scena libica: quando Muammar Gheddafi prese il potere nel 1969, Haftar riuscì a raggiungere il rango di Colonnello. Esiliato negli Stati Uniti fece ritorno in Libia nel 2011 durante il caos creato dalla rivolta contro Gheddafi. Haftar si è da subito distinto come uno dei principali comandanti delle formazioni ribelli nell’est del paese. Nel 2014 è riapparso pubblicamente proponendosi come protettore della Libia creando l’Esercito Nazionale Libico (Libyan National Army, LNA),contro l’operato del Congresso Generale Nazionale (General National Congress, GNC) insediato a Tripoli.

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Alla fine del 2014 liberò Benghazi dalla presenza di milizie islamiste salafite grazie al cruciale sostegno politico e militare di Egitto ed Emirati Arabi Uniti, incrementando la sua credibilità e il suo potere politico nel ruolo di principale decisore per conto del governo di Tobruk a spese del Governo di Accordo Nazionale e del suo leader Fayez al-Serraj. Francia e Russia hanno riconosciuto via via ad Haftar un ruolo di maggior peso all'interno del processo di riconciliazione nazionale.

Sotto il comando di Haftar sono riunite milizie disparate ma che controllano saldamente tutta la regione orientale della Cirenaica, oltre ai principali centri strategici e le vie di comunicazione del Fezzan, nel sud ovest del Paese.

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