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Venerdì, 19 Aprile 2024
Il caso / Libia

I guardiacoste libici (finanziati dall'Italia) che minacciano i pescatori siciliani

Quattro imbarcazioni di Mazara e Pozzallo costrette ad abbandonare le acque internazionali, nonostante la presenza della nostra Marina militare. Bartolo (Pd): "L'Italia cede alle pressioni di Tripoli"

Il nuovo memorandum d'intesa con la Libia sul contrasto all'immigrazione illegale si è già attirato le condanne, tra gli altri, di Parlamento europeo e Consiglio d'Europa. Ma adesso a puntare il dito contro gli accordi rinnovati dal governo Meloni per potenziare il lavoro della guardia costiera di Tripoli e bloccare le partenze dei migranti, ci sono anche i pescatori siciliani. L'accusa è che le motovedette libiche, più che controllare i barconi dei trafficanti, servono per minacciare i pescherecci italiani e scacciarli dalle acque internazionali. Con il tacito consenso di Roma. 

L'ultimo caso è stato raccontato da Avvenire: il 3 febbraio, pochi giorni dopo il viaggio della premier a Tripoli, una motovedetta libica ha raggiunto quattro imbarcazioni siciliane, partite da Mazara del Vallo e Pozzallo, che stavano pescando nelle acque internazionali del Canale di Sicilia, intimando agli occupanti di spegnere i motori. Cosa che i membri dell'equipaggio si sono guardati bene dal fare, temendo di finire come i loro colleghi che nel 2020 sono stati sequestrati per 108 giorni dalle milizie del generale Haftar. 

A quel punto, nello specchio di mare sopraggiunge una nave militare italiana. La nostra Marina, però, anziché respingere indietro la guardia costiera libica, secondo quanto emerge anche da immagini video e dall'audio delle conversazioni tra nave e pescherecci pubblicati da Avvenire, invita i pescatori ad allontanarsi verso nord, ossia di tornare in acque italiane.  "Tutto è durato circa un’ora, con i libici che intimavano di fermare i motori, per far salire qualcuno di loro armato, e la Marina militare italiana che chiedeva di non farlo. I libici volevano portare le barche a Tripoli", ha raccontato Matteo Ruta, armatore di uno dei motopesca fermati dalla guardia costiera libica. "La cosa più grave - prosegue Ruta - è che se è vero che la Marina militare ci ha dato assistenza, è altrettanto vero che ci ha fatti allontanare per altre 1520 miglia verso nord. Da 80 a oltre 100 miglia: una cosa eccessiva. C’è qualcosa che non va se delle vecchie motovedette non si fanno intimorire da una nave militare, forse ci sono altri interessi economici dell’Italia", conclude l'armatore. Un riferimento forse ai nuovi accordi tra l'Eni e Tripoli per lo sfruttamento dei giacimenti di gas del Paese, siglati in contemporanea con il memorandum d'intesa.

A rendere la situazione ancora più paradossale è il fatto che la motovedetta libica fosse una classe Bigliani donata dall’Italia alcuni anni fa, sempre nell'ambito degli accordi per contrastare la migrazione clandestina. E che mentre minacciavano i pescatori siciliani, racconta sempre Avvenire, i guardacoste libici abbiano lasciato andare via, indisturbato, proprio un barcone di migranti.  “Le immagini e le registrazioni audio di quanto avvenuto venerdì scorso in acque internazionali a quattro pescherecci siciliani rivelano una situazione inaccettabile: l’Italia che cede alle pressioni dei guardacoste libici”, attacca l’eurodeputato del Pd, Pietro Bartolo. “Per ammissione della stessa Marina italiana i pescherecci si trovavano in acque internazionali. Avevano tutto il diritto di gettare le reti in mare ma la stessa Marina militare dice loro di allontanarsi e seguire le direttive impartite dai libici”, continua Bartolo. "Una situazione gravissima e non più tollerabile”, conclude.

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