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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Mondo Mali

Pier Luigi Maccalli e Nicola Chiacchio sono stati liberati

Il sacerdote era stato sequestrato in Niger due anni fa; dell'altro connazionale si erano perse le tracce, forse rapito durante una vacanza anche se i dettagli non sono mai stati chiariti

Lieto fine, fine dell'incubo. Sono stati liberati in Mali il sacerdote padre Pier Luigi Maccalli, sequestrato in Niger due anni fa, e Nicola Chiacchio. Padre Maccalli, della diocesi di Crema, era stato sequestrato il 17 settembre del 2018 in Niger, in una missione a circa 150 km dalla capitale Niamey.

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio hanno accolto i nostri due connazionali all'aeroporto di Ciampino. Presente anche il capo dell'Unità di crisi della Farnesina Stefano Verrecchia.

Il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio accolgono Padre Maccalli e Nicola Chiacchio-2

Pier Luigi Maccalli e Nicola Chiacchio sono stati liberati in Mali

Lo scorso mese di aprile Avvenire aveva pubblicato un video in cui appariva il sacerdote lombardo prigioniero insieme a Chiacchio, del quale si erano si erano perse le tracce, forse rapito durante una vacanza anche se i dettagli non sono mai stati chiariti. La notizia della liberazione è stata confermata ufficialmente. L'identità dei due italiani liberati è stata confermata da un portavoce del governo maliano. Nei giorni scorsi il governo ad interim del Mali aveva rilasciato 100 jihadisti.

"I nostri connazionali Padre Pier Luigi Maccalli e Nicola Chiacchio sono stati liberati", si legge in una nota della Farnesina. "La liberazione è stata resa possibile grazie al prezioso lavoro del personale dell'Aise e di tutti i competenti apparati dello Stato, unitamente alla importante collaborazione delle autorità maliane. Il buon esito dell'operazione, oltre a mettere in luce la professionalità, le capacità operative e di relazione dell'intelligence, ha evidenziato anche l'eccellente opera investigativa dell'Autorità giudiziaria italiana ed il prezioso lavoro svolto dalle donne e degli uomini del ministero degli Affari Esteri e dell'intera Unità di Crisi della Farnesina". "Ancora una volta, la proficua, corale e sinergica interazione tra le istituzioni dello Stato si è rivelata vincente, consentendo di raggiungere il primario obiettivo di riportare in Patria i nostri due connazionali".

"Era ora che un grande italiano venisse restituito alla sua famiglia, ai suoi fedeli, ai suoi confratelli. La notizia era nell'aria. Da un paio di giorni filtrava ottimismo per le sue sorti e per quelle di altri sequestrati in quell'area del mondo. Siamo felicissimi e ringraziamo coloro, non tanti per la verità, che in questi due anni hanno fatto sì che sulla tragedia di Padre Gigi non calasse un definitivo oblio" commenta il direttore della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che ha sempre tenuto alta l'attenzione sul caso del missionario italiano rapito. Anche questa mattina, rilanciando la notizia di un possibile rilascio in Mali della suora colombiana rapita Gloria Narvaez, Acs aveva auspicato la liberazione appunto di padre Maccalli. Originario della diocesi di Crema, dove è nato nel 1961 e dove è stato ordinato sacerdote nel 1985, già missionario in Costa d'Avorio per vari anni, padre Maccalli, nato nel 1961, prestava la sua opera nella parrocchia di Bomoanga

L'ostaggio francese Sophie Pétronin e Soumalia Cissé, alta personalità maliana nelle mani di presunti jihadisti sono stati liberati insieme agli italiani Padre Maccalli e Nicola Chiacchio. Lo ha annunciato la presidenza maliana su Twitter. Non è stato fornito alcun dettaglio sulle circostanze della liberazione. Sophie Petronin, 75 anni era l'ultimo cittadino francese in mano a rapitori: era stata sequestrata il 24 dicembre 2016 da un gruppo armato a Gao, nel nord del Mali, dove dirigeva un'organizzazione di aiuto all'infanzia. Soumalia Cissé era stato rapito il 25 marzo mentre faceva campagna elettorale per le legislative nella regione di Timbuctu, nel nord-ovest del Paese. Tutti gli ostaggi erano probabilmente detenuti da gruppi islamici legati ad Al Qaida.

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