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Martedì, 28 Marzo 2023
Il reportage

Aspettando la nuova grande offensiva della Russia

"Se i russi alzano i droni abbiamo circa quindici minuti prima che aprano il fuoco": il reportage del viaggio dai confini della Bielorussia al fronte del Donbass

A nord ovest, nella regione di Chernihiv, sul fiume Dnipro, i soldati della guardia di frontiera pattugliano l'area intorno a quel che resta dell'unico ponte che conduceva i lavoratori di Chernihiv alla centrale nucleare di Chernobyl, situata poco più oltre quella appendice di territorio bielorusso che si incunea in quello ucraino. Tra boschi di alti abeti e laghi ghiacciati, migliaia di soldati scrutano l'orizzonte dall'altra parte del fiume. Da qui il 24 febbraio sono passati numerosi elicotteri e droni russi. Oggi i terreni sono minati, i passaggi tra i due paesi distrutti, ogni comunicazione è interrotta.

"Se sentite un ronzio nei vostri apparecchi telefonici o nell'audio delle vostre telecamere, qualcuno sta disturbando le frequenze. Ogni tanto perdiamo contatto con uno dei nostri droni, ma quasi sempre riusciamo a farlo rientrare in manuale, senza perderlo". Ci si spia a distanza, con sospetto. Nemici non ufficialmente dichiarati, bielorussi e ucraini.

il ponte che collega Ucraina a Bielorussia, fatto saltare dagli ucraini

Un anno è passato dal 24 febbraio 2022. In un anno le persone si guardano in volto e ricordano chi è rimasto e chi non ce l'ha fatta. I cimiteri si sono riempiti di fiori, fotografie e bandiere. Ed è tornato il gelo e il vento dell'inverno precedente a farle sventolare.

Billopillja è un paese di diciassettemila anime nell'oblast di Sumy, a cinque ore di macchina da Kyiv e a solo venti minuti dal confine con la Russia. Il Vicesindaco Olexander Khozhukhov srotola una mappa sul tavolo del suo ufficio. "Ecco qui, vedete, in questa zona abbiamo diversi villaggi che sono letteralmente attaccati alla barriera o in alcuni casi divisi a metà dal passaggio doganale". 

In questa parte della regione di Sumy ogni giorno i russi sparano decine di colpi di artiglieria. Nell'area sono stati persi circa 4500 ettari di terreno coltivabile, ormai inutilizzabili. Molte aziende agricole sono state colpite dai bombardamenti. Volodymyr Vidujev si occupa di coordinare gli aiuti umanitari. È lui a portare personalmente delle stufette elettriche  in un piccolo villaggio immerso in una coltre di neve. La temperatura è sotto lo zero. Un decina di persone attendono in mezzo alla strada l'arrivo della macchina. Persone semplici, contadini, molti di loro anziani.

"Perché non ce ne andiamo? E dove? - dice una signora - Questa è la nostra casa".

A Iskryskivshchyna, circa settecento metri dal confine, c'è una posta, una scuola, un edificio comunale. Tutto bombardato. Olexander Mille è il sindaco del paese, che prima della guerra contava 646 anime. Davanti al comune due uomini sono fermi davanti a un cumulo di sacchi di carbone. Devono distribuirli ai pochi abitanti rimasti.

"Non abbiamo molto tempo. Se i russi alzano i droni abbiamo circa quindici minuti prima che aprano il fuoco" dice Miller. "Certo che avevamo rapporti, prima. La maggioranza degli abitanti ha parenti dall'altra parte, si attraversava a piedi la frontiera". E se tornano i russi? "Prima non c'era quasi nessuno a difendere i nostri confini. Adesso c'è l'esercito. E noi con loro".

Guardie di frontiera ucraine presidiano i confini con la Russia

In mezzo a una tormenta di neve, nelle zone più disperse di questo grande paese, un uomo sta portando delle mucche da Bakhmut a una casa sul fiume Oskil, a cavallo tra la regione di Kharkiv e quella di Donetsk. L'unica condizione per fare evacuare una coppia di anziani era quella di salvare le loro bestie. Nikolaj è un volontario di Kramatorsk. Sessant'anni e una barba che non si taglia dallo scorso settembre, fatta crescere per portare i regali di Natale ai bambini. Oggi porta anche aiuti a questa povera gente, rimasta senza corrente elettrica, acqua, gas e internet dallo scorso aprile. Case povere di contadini, fatte di legno e compensato. Due stanze e una stufa a legna sono tutto quello che hanno. Alla ha perso la madre lo scorso settembre. Non ha voluto mettersi al riparo quando hanno iniziato a sparare. L'hanno trovata la mattina, distesa in cucina, colpita da una scheggia di bomba. È stata seppellita in giardino, immersa in una patina di brina.

"Quello che desidero? Non sentire più le esplosioni la notte, i bombardamenti. Svegliarmi e trovare tutto quello che avevo prima".

Alla, una contadina che vive in un villaggio sulle rive del fiume Oskyl, Oblast di kharkiv

Viaggio poi da nord a est, verso Siversk, completamente isolata dal maltempo e dalle strade interrotte, dai ponti distrutti, dai russi che sono così vicini ormai da mesi, colpendo ogni cosa vivente e inanimata in questa striscia di terra contesa. Nella sede del comune una donna prepara scatoloni con aiuti mandati dalle Nazioni Unite. Due uomini la aiutano a caricare tutto sulla macchina di un volontario, che scarica il materiale di fronte a uno dei pochi negozi rimasti ancora aperti. Fuori, una fila di persone in attesa di firmare un foglio e prendere un kit di igiene personale e un pacco di viveri.

"Qui non funziona più nulla ormai da mesi. Nessuna risposta dal governo centrale, dobbiamo fare tutto da soli", dice Natasha, la proprietaria del negozio. Il fronte è a dieci chilometri di distanza, l'ospedale della cittadina funziona a ranghi ridotti, nessuna farmacia è aperta, niente acqua, gas e luce anche qui. Eppure si resiste, dopo un anno di guerra, dopo un anno di sofferenza e di lutti. "Questa è Ucraina e lo rimarrà per sempre".

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