M.O., la rivolta delle donne arabe passa per Facebook
"The uprising of women in the Arab world". Queso il nome del progetto che promuove l'emancipazione femminile nella regione
La primavera araba potrà anche essere finita, ma la rivolte delle donne è appena iniziata. Sembra essere questo il messaggio lanciato da una nuova campagna, intitolata “The Uprising of women in the Arab world” (La rivolta delle donne nel mondo arabo), un movimento che sostiente l'emancipazione femminile nella regione.
Il gruppo è nato su Facebook per volontà di quattro ragazze: le libanesi Yalda Younes e Diala Haidar, la palestinese Farah Barqawi e l'egiziana Saly Zohney. La pagina sul social network è stata aperta il primo ottobre, ma ad oggi ha ricevuto più di 36mila apprezzamenti.
Per partecipare a questa campagna basta postare una foto che ci ritrae con in mano un foglio, nel quale viene spiegato, in arabo o in inglese, perchè si è a favore della rivolta delle donne nel mondo arabo. “Sono per la rivolta delle donne nel mondo arabo perchè a fianco di ogni grande uomo c'è una donna” scrive ad esempio Nour, mentre invece un'altra ragazza afferma di “credere nella totale uguaglianza di tutti gli essere umani”.
“Sono stanca di essere trattata come un oggetto. Sono stanca della discriminazione. Sono stanca della violenza contro le donne – scrive Loubaba dal Marocco – Io voglio solo sentirmi libera!”.
“Questo messaggio è indirizzato a tutto il mondo, a prescindere dal genere, dalla nazionalità o dalla religione. Lo scopo di questa iniziativa è quella di mettere in evidenza il razzismo del quale la donna è vittima nel mondo arabo, sia sul piano sociale che su quello politico ed economico” spiega lo Slate Afrique.
La delusione della primavera araba - Anche in quei Paesi dove è soffiato il vento della primavera araba la condizione delle donne non è migliorata. Un caso lampante è quello della Tunisia, dove dalla nuova costituzione rischia di scomparire il principio della parità dei sessi, o l'Egitto, dove alcune ragazze sono arrivate a creare un sito Internet dove vengono segnalate le zone del Cairo più pericolose per le donne.
“Eravamo stanche di vedere le ragazze che protestavano che venivano maltrattate e molestate sia dai rivoluzionari che dagli uomini del regime – spiega Younes ai giornalisti di Al Arabiya – I diritti delle donne non erano una delle priorità per i rivoluzionari”. “Questo mostra che in molti Paesi arabi abbiamo gli stessi problemi – continua Haidar – C'è un dittatore in ogni famiglia, può essere un padre, un fratello o anche un figlio”.