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Martedì, 23 Aprile 2024
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Messico: là dove i boss muoiono, rinascono e rimuoiono

La storia de El Chayo, narcotrafficante "ucciso" nel 2010 e morto "di nuovo" due giorni fa, è lo specchio di un Paese in cui governare è impossibile senza il "lasciapassare" dei cartelli della droga. Dal governo Fox a quello Pena Nieto, viaggio nello stato del Michoacan, terra di boss e di interessi economici, di affari trasversali tra criminali e governanti

Nel Messico dei narcos, di boss come "El Chapo" Guzman (il primo a sinistra nella foto, ndr), può accadere non solo di morire, ma anche di rinascere. E morire ancora. E' il caso di un nome che tutti pensavano avesse finito i suoi giorni nel 2010: Nazario Moreno. "El Chayo" è stato ucciso domenica a Tumbiscatio, nello stato del Michoacan, negli ultimi anni fulcro dei cartelli della droga internazionali. Ad ucciderlo i militari che hanno ingaggiato con la sua banda un duro conflitto a fuoco. Peccato, però, che - in teoria - Nazario Moreno era stato già ucciso tre anni fa. Una morte che si intreccia a doppio filo con la politica messicana.

Quando El Chapo morì per la prima volta eravamo nell'era di Felipe Calderon, secondo presidente conservatore della storia dopo il predecessore Vicente Fox. Da sempre (dal 1929) il Messico è stato un paese guidato dal Partito rivoluzionario istituzionale. Ma oltre settanta anni di governo "rivoluzionario" non hanno mai limitato, anzi, il sempre più crescente strapotere dei cartelli della droga. Anche per questo il paese, nel 2000, provò a invertire rotta premiando le politiche dichiaratamente legalitarie (e in alcuni casi repressive) degli esponenti del Pan. 

Prima venne Vicente Fox. Per "conquistare" il potere il Pan scelse l'uomo che per anni ha guidato la Coca Cola in America Latina. L'obiettivo di quel governo era chiaro: aumentare gli scambi commerciali con gli Stati Uniti. Non a caso Fox era un "fedelissimo" della Casa Bianca guidata da George W. Bush. Ma le frontiere più aperte che mai ebbero una controindicazione: resero sempre più potenti i cartelli della droga. Maglie larghe in un senso, maglie larghe nell'altro. Ed è qui che il Pan provò la stretta legalitaria dando le redini del partito - e poi del paese - a Felipe Calderon. Il suo primo punto sul programma elettorale era proprio la lotta al narcotraffico. Il mezzo scelto: 20mila uomini da riversare nei singoli Stati ma gestiti in maniera "centrale" da Città del Messico. Particolarità: contro i cartelli che imperversavano nello stato del Michoacan c'era proprio lui, l'ex governatore del Michoacan. 

Ed è qui che torna di interesse la storia de El Chayo. Era il dicembre 2010 quando il presidente Calderon in persona annunciò, in pompa magna, l'uccisione del narcotrafficante più temuto dell'America Centrale. O, almeno, "il più pazzo". El Chayo morì per la prima volta a El Alcalde, un paesino nel comune di Apatzingan, vera roccaforte del suo cartello. A governare, lì, era lui. Non la politica. Tanti applausi per il presidente ma, di riflesso, tante lacrime per il boss. Il giorno dopo la sua morte migliaia di persone scesero in piazza, come accaduto recentemente per l'arresto de El Chapo, per ricordare chi aveva dato loro "una casa, un lavoro, la luce e l'acqua". In quel momento Nazario "El Chapo" Moreno divenne una sorta di divinità. "San Nazario" divenne il patrono di un pezzo - il più difficile in cui sopravvivere, del Michoacan. Il cuore tra l'entroterra che va verso Morelia e, quindi, Città del Messico e l'Oceano Pacifico.

El Chapo era, per tutti, un padre. Lider della "Familia Michoacana" (nella foto, ndr), ebbe come primo interesse la difesa del suo territorio e della sua gente dagli interessi economici prima, di giustizia poi, dei gruppi paramilitari costruiti dal governo centrale. El Chayo, oggi possiamo dirlo, sfruttò il flop delle operazioni di Calderon per sparire ufficialmente. Nell'oscurità, anche questo possiamo dirlo solo oggi, lavorò alla trasformazione della Familia - dopo una sanguinosa faida - nei "Cavalieri Templari". Al posto dell'affiliazione, l'adesione "religiosa" con tanto di "Bibbia" da firmare per diventare un Cavaliere. Da territorio "sicuro" perché controllata dalla "Famiglia", il Michoacan divenne però zona di guerra. Se prima chi coltivava la terra era lasciato in pace, tanto per fare un esempio, con il nuovo corso doveva pagare una sorta di "pizzo" per essere protetti. 

Laddove la Familia pensava - a modo suo - al Messico e ai messicani - i Cavalieri si sono aperti anche all'estero stringendo patti con i maggiori gruppi criminali del mondo, arrivando fino in Giappone e in Calabria. Il giro economico nel Michoacan lievitò. Gli interessi economici e criminali hanno reso questa zona una striscia nella quale è sempre più facile imbattersi in un posto di blocco, dell'esercito "governativo" o "criminale" poco importa. E così molti comuni della zona, stanchi del sempre più stretto legame tra apparati paramilitari inviati da Città del Messico e i cartelli della zona, hanno deciso di autodifendersi creando delle milizie "civili" che rispondono direttamente ai sindaci.

In risposta all'autorganizzazione, a queste ronde che hanno contribuito a insanguinare il Michoacan, il nuovo corso deciso dal presidente Enrique Pena Nieto, socialista "autoritario" (come lo definirono i giovani del movimento Yo Soy 132) del Partito rivoluzionario istituzionale. Un corso fatto di truppe federali e di un commissario speciale. Obiettivo: riportare la tranquillità nel Michoacan. Impossibile. Ma due risultati, comunque sono stati raggiunti: El Chapo è stato arrestato. El Chayo è morto. Di nuovo. Ora si tratta solo di capire se sono stati fermati dallo Stato o da narcotrafficanti rivali che si servono degli uomini corrotti dello Stato.

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