rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Cosa succederà / Taiwan

L'Italia vorrebbe scambiare la Via della Seta con i microchip di Taiwan

Bloomberg rivela che i funzionari del ministero delle Imprese italiano sono volati a Taipei per ottenere il rafforzamento della cooperazione sui semiconduttori. In cambio avrebbero proposto un passo indietro dalla Via della Seta cinese

Ritirarsi dal progetto cinese della Via della Seta nel tentativo di assicurarsi un aiuto sui semiconduttori da Taiwan. È quanto sarebbe disposto a fare il governo italiano, l'unico dei paesi del G7 ad aver aderito nel 2019 al megaprogetto infrastrutturale lanciato dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013. Secondo quanto riportato da Bloomberg, nel corso di colloqui privati tra esponenti del ministero delle imprese e del Made in Italy con la controparte taiwanese a Taipei sarebbero stati discussi piani per aumentare la cooperazione sulla produzione e l’esportazione di semiconduttori prodotti sull'isola rivendicata dalla Cina, in cambio del ritiro dal controverso accordo siglato dal governo Conte con il gigante asiatico. 

La Via della Seta, la trappola del debito e la scelta di Meloni

L'incontro privato sarebbe avvenuto a cavallo della visita a Taipei in programma l'11 aprile di una delegazione dell'"Intergruppo parlamentare di Amicizia Italia Taiwan", presieduto e promosso dal capogruppo al Senato di Fratelli d’Italia Lucio Malan, presidente già nella passata legislatura e attivo sostenitore della causa taiwanese da un decennio. La trasferta è stata annullata a poche ore dalla partenza, ufficialmente per motivi di sicurezza vista la tensione fra Cina e Taiwan.

Roma sempre più vicina a Taipei 

L’Italia appare sempre più orientata a rafforzare i legami informali con Taiwan, rovesciando una politica che aveva visto in passato Roma piuttosto sbilanciata a favore di Pechino. E lo dimostrerebbe la visita degli esponenti del governo italiano, che secondo Bloomberg avrebbero utilizzato la leva della Belt and Road Initiative (Bri) cinese per fare incrociare gli interessi delle aziende taiwanesi con le esigenze del mercato italiano. L’Italia infatti dipende in modo particolare dalla fornitura di semiconduttori, che sono fondamentali anche per l’industria delle auto di lusso.

La proposta dei funzionari italiani di fare un passo indietro dalla Via della Seta cinese arriva in un clima di incertezza legata al memorandum d’intesa della Bri: l'accordo sarà rinnovato automaticamente nel 2024, a meno che l’Italia non lo abbandoni. Accordo che comunque non limiterebbe gli affari delle aziende di microchip di Taiwan. 

Così la Cina rilancia in Italia la Nuova Via della Seta

Il comportamento di Roma sarà sotto stretta osservazione da parte di Washington, ma anche di Bruxelles, che cerca di mantenere una posizione equilibrata tra Pechino, Taipei e Washington, come dimostra la recente visita della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a Pechino al seguito del presidente francese Emmanuel Macron.

L'isola è al centro di un confronto sempre più serrato tra Cina e Stati Uniti. Il ruolo delle aziende produttrici di semiconduttori taiwanesi è cruciale nella catena di approvvigionamento globale: basti pensare che la Taiwan Semiconductor Manufacturing (TSMC) - il più grande produttore di chip al mondo con oltre la metà dei semiconduttori fabbricati e assemblati al mondo - non opera più solo sull'isola, ma ha aperto stabilimenti anche nello stato americano dell'Arizona, Giappone e a breve ne inaugurerà uno in Germania.

La visita degli alti funzionari italiani mette in evidenza un aspetto cruciale: Roma vuole approfondire le relazione diplomatiche con Taipei, proprio per il suo ruolo di leader nella produzione di semiconduttori e altri beni ad alta tecnologia. Ma l'interesse è reciproco. Nei giorni scorsi è circolata la notizia che aprirà secondo ufficio di rappresentanza di Taiwan in Italia.

Che fine ha fatto la Nuova Via della Seta cinese

Una nuova sede di rappresentanza diplomatica di Taipei

Dopo quello di Roma, a Milano aprirà l'"Ufficio di rappresentanza di Taipei in Italia-Ufficio di Milano", che servirà a rafforzare i legami commerciali ed economici con le regioni del Nord Italia, nonché offrire servizi consolari e di emergenza agli espatriati taiwanesi che vivono e lavorano nel settentrione. Lo ha reso noto il ministero degli Esteri taiwanese in una nota in cui però non vengono illustrati i tempi per l’apertura della sede. L'ufficio che aprirà a Milano nel nome porta Taipei e non Taiwan, come previsto dalla "One China Policy", secondo cui i paesi che hanno relazioni diplomatiche con Pechino riconoscono che l’isola è "parte inalienabile della Cina". L'Italia si è quindi messa a riparo da eventuali rimostranze cinesi: l'esempio è quello del 2021, quando la Cina ha declassato le relazioni diplomatiche con la Lituania per l’apertura di un ufficio di rappresentanza nella sua capitale, Vilnius. 

La Lituania sta interpretando il ruolo di Davide contro (i) Golia

Al netto delle interessi commerciali sulle aziende taiwanesi, la rivelazione di Bloomberg porta con sé un forte messaggio politico: il governo italiano sembra deciso a non voler confermare il rinnovo del memorandum di intesa al progetto cinse. Al momento la premier italiana Giorgia Meloni, che era arrivata a Palazzo Chigi con una postura decisamente pro-Taiwan, mantiene il più stretto riserbo sul caso per evitare di innervosire Pechino. Sono sufficienti le sue ultime affermazioni, risalenti a inizio marzo, per alimentare i dissapori: il tema del memorandum è "ancora oggetto di valutazione".

In Evidenza

Potrebbe interessarti

L'Italia vorrebbe scambiare la Via della Seta con i microchip di Taiwan

Today è in caricamento