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Martedì, 16 Aprile 2024

Alessandro Rovellini

Direttore responsabile

I pacifisti con le bombe degli altri

Un meme che gira da qualche tempo recita più o meno così: “Se scrivi sui social di essere in dittatura sanitaria vuol dire che non sei in dittatura sanitaria”. I virologi della domenica hanno presto lasciato il posto ad analisti geopolitici, il risultato non cambia. Non sarebbe male farlo capire agli equidistanti, agli equilibristi del conflitto che mettono sullo stesso piano Nato e Russia. Perchè quello che è successo a Taranto, con i militari italiani insultati e presi a sassate, molto ha da dire su quanto le menti possano essere obnubilate da pavidità e ignoranza. Perfino chi, come l'Anpi, l'invasore dovrebbe averlo visto negli occhi. E ricordarlo. "No Nato, no Putin" è un lavarsi le mani becero e misero, perchè sì, quello che sta accadendo in Ucraina riguarda anche noi. E il nostro futuro.

Innanzitutto ci sono dei fatti, in fila. Inoppugnabili e oggettivi. Un paese sovrano è stato aggredito e invaso. Allargare i termini della questione alla complessità di uno scontro ideologico e sociale, che si trascina dalla dissoluzione dell'Urrs, non sposta di un millimetro l'atto di guerra non provocato. Sono stati colpiti ospedali e scuole, uccisi bambini. I civili sono stati scientemente usati come bersagli. Ci sono i video. Ci sono le immagini. Non possono essere tutti errori, tutte azioni di guerriglia ucraina. Le giustificazioni all'"operazione militare speciale" putinana non hanno alcun riscontro in alcuna prova documentabile: genocidio in Donbass o nazisti al potere non sono che pretesti privi di fondamento, destituiti da motivazioni logiche. Avere la guerra a poche decine di chilometri dal confine della Ue, così, accende la miccia del benaltrismo peloso di molti commentatori.

Ho letto in sponda rossobruna giustificazioni puerili, ridicole, irrazionali all’invasione di Putin. Tirare in ballo la Baia dei Porci, i Balcani o l’Afghanistan non mitiga l’abominio di queste ore. I morti sono morti. E penso che dietro tutto questo ci sia anche la paura del perdere qualcosa che si dà per assodato e ovvio. Ricordo parole dello stesso tenore all’indomani dell’attentato di Nizza: mentre su Twitter giravano le clip della lunga striscia di sangue provocata dal camion, molti rifiutavano la veridicità delle stesse. “Sono attori”, “tutto finto”, “complotto”. È un meccanismo psicologico di difesa: non si riesce a processare una follia tale. È consolatorio e liberatorio pensare che non avvenga, o che sia solo un'esagerazione mediatica. Con Mosca il procedimento è molto simile. “Ha bombardato perchè costretto”, “è stato accerchiato”, “è colpa degli Stati Uniti”.

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No, non è colpa degli Stati Uniti. Almeno non stavolta. La Nato è un'alleanza di protezione e difesa militare: non minaccia, non fagocita territori di proposito, non aggredisce, non accerchia nessuno. Sono i Paesi che chiedono di essere ammessi. Non è, e non sarà mai, un rischio per l'esistenza stessa della Federazione russa. Nel ventennio putiniano la Russia non è riuscita, in alcun modo, a scrostare la propria economia dal giogo dello sfruttamento del sottosuolo. Non ci sono prodotti russi negli ipermercati occidentali. La tecnologia ristagna. Accentrare risorse e speranze in una campagna imperialista, ai danni di un Paese considerato fratello ma ribelle, rinsalda l'autoritarismo dittatoriale che guida il Cremlino. Flettendo i muscoli militari si nasconde sotto al tappeto tutto il resto. E chi dissente sparisce. Poter mostrare un cartello con scritto "No Nato, no Putin" è già un enorme, gigantesco passo avanti rispetto al mondo "denazificato" del presidente russo. Gli attivisti malmenati, arrestati e sbattuti in carcere a San Pietroburgo per aver solo osato chiedere lo stop alla guerra ne sono l'esempio più limpido. Non è ovvio vivere in uno Stato libero. Non è ovvia la pace. Noi mai potremmo pensare, oggi, di imbracciare le armi contro un francesce, uno spagnolo o un tedesco. Il nostro piccolo giardino di libertà nel mondo, chiamato Europa - fragile, contorto e labile quanto si vuole -, è il fuoco che alimenta idee, critiche, libero arbitrio. Per spegnerlo basta pochissimo. Insultare i militari italiani che lo difendono è, semplicemente, insultare noi stessi. 

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