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Venerdì, 29 Marzo 2024
La sfida / Turchia

L'operazione "speciale" della Turchia in Siria può creare un nuovo Donbass in Medio Oriente

Le attività militari lanciate da Erdogan spiegano il 'no' di Ankara all'ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si è autolegittimato come mediatore diplomatico del conflitto russo in Ucraina. Il sultano, ormai proiettato nella campagna per la rielezione del 2023, ha offerto Istanbul come sede per l’incontro tra Russia, Ucraina e Nazioni Unite: nel faccia a faccia tra Putin e Zelensky, presieduto dal segretario generale dell'Onu, António Guterres, Erdogan vuole presentarsi come garante per una eventuale tregua della guerra che sta andando avanti ormai da 100 giorni.

Le condizioni di Erdogan per concedere l'ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato

Il suo percorso, però, si presenta pieno di insidie. Se da un lato il sultano è riuscito a fissare un incontro con il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, in programma mercoledì 8 giugno ad Ankara per discutere di una eventuale apertura dei corridoi umanitari organizzati e controllati dalla marina turca, dall’altro tiene sotto scacco la Nato. Erdogan da settimane frena l’ingresso di Svezia e Finlandia nell’Alleanza Atlantica, a causa del presunto sostegno dei Paesi scandinavi a gruppi curdi separatisti che Ankara ritiene terroristi.

Il leader turco, in un articolo scritto in esclusiva per l'Economist, ha avvertito i due Paesi scandinavi e gli alleati a mettere fine ai loro doppi standard nella lotta al terrorismo. E lo ha fatto presentando delle richieste. Ankara chiede l'estradizione di 33 presunti terroristi che risiedono nei due Paesi nordeuropei, nonché un impegno scritto sulla fine del sostegno politico e finanziario al Pkk e Ypg e l'abolizione dell'embargo sulle armi che Svezia e Finlandia hanno applicato alla Turchia nel 2019.

"La Turchia sostiene che l'ammissione di Svezia e Finlandia comporti rischi per la propria sicurezza e per il futuro dell'organizzazione. Abbiamo tutto il diritto di aspettarci che quei Paesi, che a loro volta si aspettano che il secondo esercito più grande della Nato venga in loro difesa in base all'articolo 5, impediscano le attività di reclutamento, raccolta fondi e propaganda del Pkk, che l'Unione Europea e l'America considerano un'entità terroristica", ha scritto Erdogan nell’articolo della rivista britannica.

L'azione militare turca in Siria e Iraq 

Il sultano ha ribadito anche oggi 1° giugno la sua posizione sulla Nato. In un discorso al gruppo parlamentare del suo partito Akp, il leader turco è tornato a opporsi alla candidatura presentata da Helsinki e Stoccolma se i due Paesi non ascoltano le richieste di Ankara.

Per annullare la presenza dei gruppi che ritiene “terroristi”, Erdogan ha lanciato una massiccia operazione nel nord dell’Iraq: l’esercito turco è intervenuto per colpire le postazioni il Pkk (il Partito dei lavoratori del Kurdistan), senza dimenticare di colpire gli ezidi e le milizie curde siriane Ypg, bombardando Kobane.  

Ma l’offensiva militare non si ferma all’Iraq. Il leader turco avvierà presto una operazione militare anche nel nord della Siria contro le forze curde: l’esercito di Ankara si concentrerà inizialmente nell'area di Manbij e Tal Rifat per ripulirla dai terroristi, ha dichiarato Erdogan durante un discorso al gruppo parlamentare Akp. Il Sultano però ha aggiunto che l'azione militare si espanderà poi anche in altre aree per mettere in sicurezza una zona profonda 30 km a partire dal confine tra Turchia e Siria. L'area è già in parte controllata da Ankara, che protegge gruppi di oppositori al presidente siriano Bashar al-Assad, mentre le forze curde siriane sono presenti in altre zone della regione, tra cui quelle citate oggi dal presidente turco come primi obiettivi dell'operazione militare annunciata.

Si tratta della quinta operazione militare turca oltre confine, ribadendo la ferma intenzione di Ankara di eliminare le milizie curde dello Ypg da una striscia di terra larga 432 e profonda 30 km all'interno del territorio siriano.

Mentre la comunità internazionale resta ferma a guardare ed ascoltare le richieste del sultano, aumentano le proteste per le azioni militari della Turchia. La UIKI Onlus, l’Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia, ha dato appuntamento a tutti i cittadini il prossimo 4 giugno a Roma, in Piazza della Repubblica a Roma, per opporsi alle politiche di Erdogan.

Adesso resta da capire se Erdogan sta alzando il tiro nella speranza che la Nato prenda una posizione netta su Pkk e Ypg o davvero lancerà un'operazione militare oltreconfine, con il rischio di un nuovo Donbass nel Medio Oriente.

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