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Giovedì, 25 Aprile 2024
CIPRO / Cipro

Non solo Cipro: è ora di mettere sotto controllo i paradisi fiscali d'Europa

Cosa deve fare la politica europea per evitare che in futuro Lussemburgo o alcune isole britanniche si trovino nella stessa situazione di Cipro

Quale è il vero motivo per cui l'Europa ha deciso di far andare a fondo Cipro mentre gli altri paradisi fiscali – il Lussemburgo o le piccole isole britanniche Man e Guernesey – se ne stanno così tranquilli? L’atteggiamento vittimistico di Cipro è senza senso, secondo El Paìs.  Se nessuno va a ficcare il naso in quelle enclave è perché esse non chiedono ai partner europei di salvarle dalla bancarotta.

Quello che sta succedendo a Cipro è davvero sconfortante. Fino al 2007 l’isola riscuoteva a malapena le imposte. Negli anni novanta, è a Cipro che Slobodan Milosevic era andato a nascondere gli 800 milioni di dollari che si era portato via dalle casse dell'ex Jugoslavia. Le banche cipriote sono solite accogliere, riciclare e rimettere in circolazione i soldi sporchi in arrivo dalla Russia e nello specifico i capitali messi insieme grazie alla speculazione petrolifera.

La Cia è convinta che l’isola guadagni anche sulla tratta delle filippine e delle domenicane sfruttate a fini sessuali. Il vasto porto di Limassol è la capitale delle imbarcazioni che eludono ogni legge: le loro attività oscure approfittano della bandiera cipriota, che ormai assomiglia vagamente alla bandiera dei pirati.

I vertici finanziari di Cipro hanno, come in Irlanda, relazioni incestuose con la destra politica: il ministro delle finanze Michalis Sarris, che è andato a chiedere agli amichetti di Mosca unguenti per le ferite delle banche, nel 2012 era presidente del consiglio d’amministrazione dell’istituzione finanziaria che sta vivendo la peggiore catastrofe, il gruppo Laiki. Cipro non può essere definito davvero un paradiso fiscale, in base alla definizione dell’Ocse. Sì, certo, le tasse sono estremamente basse, condizione sine qua non per essere inseriti nella lista nera. Però Cipro non soddisfa gli altri due requisiti indispensabili: l’opacità totale e l’impossibilità per i paesi terzi di ottenere informazioni di natura fiscale.

L’immagine del paese è stata rovinata anche da altri fattori. Il suo settore finanziario è di dimensioni considerevoli (gli attivi corrispondono a 7,1 volte il pil) – come in Irlanda – e è il doppio della media europea (dove gli attivi raggiungono valori pari a 3,5 volte il pil), e della Spagna (3,1), ma solo un terzo rispetto al Lussemburgo (21,7). Quindi Cipro non è un paradiso fiscale nel senso strettamente giuridico del termine, anche se non ne è poi distante, proprio come il Lussemburgo, e anche se entrambi non compaiano più nella lista grigia dell’Ocse.

Il Lussemurgo è il paese più ricco del mondo, grazie alle oltre 200 banche straniere presenti sul suo territorio e agli oltre tremila miliardi di euro di attivi finanziari extraterritoriali (sui ventimila miliardi esistenti al mondo) che beneficiano di un regime fiscale estremamente generoso. Non sono più tempi d'oro per le imprese, come quando erano esenti da qualsiasi imposta e trattenuta. Dal 2007 alcune società di gestione dei patrimoni familiari (Spf) che non sono tenute a versare nulla sulle loro rendite, il loro patrimonio o l’iva, si vedono tuttavia prelevare qualcosa e imporre una tassa dello 0,25 per cento. Quello che si potrebbe definire un limbo fiscale.

In futuro potrà succedere che il Lussemburgo, la Svizzera e le isole britanniche contrarranno la malattia cipriota. In questi paesi già si cova qualche malattia. Per evitare di chiedere ai contribuenti tedeschi o spagnoli di salvarli e per scongiurare la possibilità che i titolari di conti non garantiti paghino per porre rimedio agli errori, c’è una soluzione: far saltare in aria i limbi fiscali. Per ottenere questo obiettivo bisogna varare una grande armonizzazione fiscale che completi la parte dedicata alle entrate nel Trattato fiscale, il cui obiettivo è il controllo delle spese. La strategia consiste dunque nell’armonizzare i tipi di imposta e le basi imponibili per ciò che concerne le tasse sul capitale, ma anche nel predisporre tranche più piccole per le imposte sul reddito, eliminando le eccezioni al versamento dell’iva, unificando verso l’alto l’imposta sulle società, tassando i beni accumulati nei limbi fiscali dalle società commerciali straniere e imponendo una tassa progressiva sulle transazioni finanziarie.

Non saranno trasformazioni facili. Nell’ambito dell’Ue, gli accordi fiscali necessitano dell’unanimità. Coloro che approfittano dei limbi fiscali e tutti i loro amici hanno diritto di veto. E per il momento lo utilizzano. E' necessario far saltare in aria anche questo potere di veto. Passate parola. Fonte: El Pais

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