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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Petroliera affondata in Cina: chiazza di greggio di un km quadrato

Le navi cinesi sono al lavoro per scongiurare il disastro ambientale. Quasi impossibile che siano ancora in vita i 29 marinai dispersi

Dopo l’affondamento della petroliera iraniana Sanchi, che per otto giorni è bruciata a circa 300 km da Shanghai, le navi cinesi sono impegnate nelle difficili operazioni per evitare il disastro ambientale. La nave trasportava 136mila tonnellate di combustibile leggero dall’Iran alla Corea del Sud. Ieri è definitivamente affondato, dopo che un nuovo massiccio incendio si è sviluppato su di essa, facendo innalzare fumo nero per chilometri al di sopra del Mar cinese orientale.

Nessuna speranza per i dispersi

I corpi di tre marinai dell’equipaggio sono stati finora recuperati. Gli altri 29 sono ancora dispersi. Trenta dei marinai erano iraniani, gli altri due provenivano dal Bangladesh. Ormai non ci sono speranze di recuperarli vivi, secondo ufficiali iraniani. Le operazioni di ricerca, a questo punto, sono state cancellate e sono iniziate quelle di ripulitura, dopo che il fuoco sulla superficie del mare è estinto. Due navi hanno spruzzato agenti chimici con lo scopo di dissolvere il petrolio, ha detto la televisione cinese di stato CCTV.

Chiazza di un chilometro quadrato

La chiazza è lunga 11,5 miglia e fino a 4,6 miglia larga, arrivando a coprire un'area grande circa un chilometro quadrato. Si trova a est della nave ormai sommersa. Questo vuol dire porterebbe a un’area di operazioni di 50 miglia quadrate (129 km quadrati). “La ripulitura è uno dei nostri focus. E’ anche un’area prioritaria dei nostri sforzi. Nessuno vuole un disastro secondario su ampia scala”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lu Kang, precisando che la causa dell’incidente è oggetto d’inchiesta.

"Il rilascio di petrolio peggiore della storia"

Il consulente di disastri ambientali Richard Steiner ha definito l’incidente “il singolo rilascio di petrolio condensato più grande nella storia”. E ha aggiunto: “Date le condizioni scadenti della chiglia della nave, dopo una settimana di esplosioni e incendi, è mia convinzione che nessuno dei compartimenti e delle stive sia rimasto intatto e che tutto il condensato e il carburante sia stato rilasciato”. Se anche solo il 20 per cento del carico fosse stato rilasciato in acqua, sarebbe un ammontare all’incirca equivalente a quello del disastro dell’Exxon Valdez del 1989 al largo dell’Alaska. “Io non sono a conoscenza di altre fuoriuscite di condensato in un ambiente marino più ampie di 1.000 tonnellate e la gran parte di esse è stata meno di una tonnellata”, ha precisato Steiner.

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