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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cosa è successo / Marocco

Il bambino morto nel pozzo e l'uomo che ha scavato a mani nude per cercare di salvarlo

Il piccolo di 5 anni è stato estratto senza vita dai soccorritori, in Marocco. Alle ricerche ha partecipato anche Ali El Jajaoui, uno specialista nello scavare pozzi. Purtroppo il suo aiuto, prezioso, non è stato sufficiente

Una terribile disillusione, poi la triste notizia. Il piccolo Rayan, il bambino di 5 anni caduto in un pozzo in Marocco martedì scorso, è morto. Lo ha annunciato ieri sera in un comunicato il gabinetto della casa reale del Marocco: "Il bambino è morto a causa delle ferite riportate durante la caduta", si legge nel testo citato dai media arabi. I soccorritori hanno portato il corpo del piccolo Rayan fuori dal pozzo dopo circa cento ore. Ad aspettarlo vicino all'uscita del tunnel c'era un'ambulanza, allestita per le cure di terapia intensiva, nella speranza che il bimbo fosse ancora in vita. Per salvarlo le squadre dei soccorsi avevano scavato un tunnel con sei escavatori e sono avanzate all'interno, accompagnate da una squadra di medici. Il pozzo si trova a Bab Berred, in una zona impervia sulle catene montuose del Rif, nella provincia di Chefchaouen nel nord del Marocco. Dopo la notizia della morte del piccolo Rayan, il re del Marocco Mohammed VI ha telefonato ai genitori per porgere le sue condoglianze.

Il piccolo Rayan morto nel pozzo: cosa è successo?

Secondo i tecnici, il bambino era a una profondità di 32 metri, in un punto in cui il pozzo è largo da venti a trenta centrimetri. Al suo interno non c'era acqua. Rayan è caduto martedì pomeriggio, 1° febbraio, mentre giocava davanti casa, per cause ancora da chiarire. La Bbc riferisce che al momento dell'incidente il padre stava riparando il pozzo che doveva essere messo in sicurezza. "Ho distolto un attimo lo sguardo e lui è caduto. Non ho più dormito", ha raccontato l'uomo. Secondo quanto ha riferito la madre del bambino, la famiglia però non si sarebbe subito accorta di quanto era successo. "Siamo tutti usciti a cercarlo, poi abbiamo realizzato che era caduto nel pozzo. Spero che riescano a farlo uscire da lì sano e salvo", riferisce la Bbc citando una sua intervista ai media marocchini.

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Nelle operazioni di salvataggio sono state impegnate forze dell'ordine, protezione civile e tecnici come ingegneri e speleologi. Dato che il pozzo è troppo stretto e nessun adulto poteva calarsi fin lì, per raggiungere il piccolo si è deciso di scavare un cratere di trenta metri parallelo al pozzo e poi un corridoio orizzontale. Oltre alla corsa contro il tempo, un altro fattore di difficoltà è stato il terreno roccioso. Era stato calato nel pozzo un tubo per fornirgli l'ossigeno, l'acqua e un po' di cibo. Intorno alle 13.30 di sabato è stato completato il tunnel scavato per salvare il bambino e i soccorritori sono entrati insieme a una squadra di medici. Sul posto era presente anche un elicottero della gendarmeria reale marocchina, pronto a trasportare il bambino in ospedale, e l'ambulanza.

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L'ultimo contatto con il bambino è stato sabato mattina, con il papà: "Gli ho parlato, sentivo che respirava a fatica", aveva raccontato l'uomo. Nel primo pomeriggio di sabato tutto sembrava pronto. Poi però i tempi si sono dilatati, i soccorsi si sono trovati di fronte a un'altra roccia. Alle 17.30 c'erano ancora circa ottanta centimetri di masso da sgretolare. Un'operazione difficilissima che ha mobilitato le forze marocchine, gli speleologi, i volontari sostenuti dalla comunità locale che per giorni ha preparato il cibo e offerto riparo. Intorno alle 21.30 di sabato i soccorritori sono riusciti a tirare Rayan fuori dal pozzo, ma per lui non c'era più nulla da fare.

Chi è Ali El Jajaoui, lo specialista che ha scavato anche a mani nude

Tra i soccorritori c'era anche Ali El Jajaoui, un uomo che quando ha saputo di Rayan non ha avuto esitazioni e si è messo subito in cammino dal suo villaggio per mettere a disposizione le sue conoscenze nello scavare i pozzi. Ali El Jajaoui si è presentato ai soccorritori per poter dare una mano: è uno specialista di perforazione e viene da Erfoud, nel sud del Marocco. Purtroppo il suo aiuto, prezioso, non è stato sufficiente per salvare il piccolo. È stata sua l'idea del tunnel di raccordo tra il cratere e il punto in cui era precipitato Rayan. Quando sono andati via i bulldozer Ali, con altri tre uomini, ha scavato a mani nude.

È stato un lavoro durato ore, perché lo specialista dei pozzi è entrato nel cratere venerdì per uscirne solo sabato, a operazione conclusa. Ma è stato anche un tentativo di salvataggio delicato perché la roccia, ultimo ostacolo tra i picconatori e il piccolo, poteva cedere, trascinando la parete del cratere sul pozzo e sui soccorritori e travolgendo tutti. Ali El Jajaoui, applaudito dalla folla ogni volta che si è affacciato per bere o per riposare, è diventato famoso in tutto il Marocco fino al triste epilogo di una vicenda che ha tenuto in sospeso persone e famiglie anche di altri paesi.

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Le analogie con la tragedia di Alfredino Rampi

La vicenda di Rayan ha suscitato una grande attenzione anche fuori dai confini nazionali e molti hanno usato i social per supportare la famiglia. In Italia, la sua storia ha ricordato a molti la tragedia di Vermicino, vicino Roma. Era giugno 1981 e, a causa di un incidente simile, morì Alfredo Rampi, un bambino di sei anni. I tentativi di salvarlo, che andarono avanti per giorni e purtroppo inutilmente, furono oggetto di una lunghissima diretta televisiva. "Sarà un dramma per tutto il paese ed è drammatico vedere che la storia si ripete", ha detto Daniele Biondo, presidente dell'associazione Alfredino Rampi dedicata al piccolo morto quarant'anni fa.

La notizia dell'estrazione del piccolo Rayan aveva suscitato gioia nei primissimi minuti, ma il comunicato sulla morte del piccolo ha fatto ripiombare nell'angoscia tutti quelli che in questi giorni sono stati vicini a Franca Rampi, la madre di Alfredino: "Vogliamo proteggerla dal clamore mediatico della vicenda di questi giorni, che ha molte analogie con quella di suo figlio - ha aggiunto Biondo -. Forse si sono ripetuti gli errori del passato fatti in Italia. All'epoca a Vermicino la presenza di tante persone sul posto fu uno degli ostacoli, non solo fisici ma anche psicologici, per i soccorritori messi sotto pressione".

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