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Giovedì, 25 Aprile 2024
Mondo Ucraina

Il pianto dei bimbi, la neve, i trolley: in fila con i rifugiati in fuga dall'Ucraina

Cinque ore in coda in Ucraina per riuscire a raggiungere la Polonia

SHEHYNI, UCRAINA - La bimba avvolta nel suo giubbotto azzurro con sopra disegnati cupcakes e ciambelle ogni tanto piange, grida. La mamma cerca di riscaldarla, di abbracciarla, di farla sentire al sicuro. Così lei smette, ma da dietro inizia qualcun altro. E poi qualcun altro ancora. Mentre qualche cagnolino rompe il silenzio fino a quel momento "spaccato" soltanto dai bimbi e dal rumore delle rotelle dei trolley sull'asfalto, un operaio pulisce alla meno peggio i bagni chimici messi al lato della strada. Una strada che porta verso la libertà perché è quella, la M11, che conduce direttamente alla frontiera di Shehyni, la prima città ucraina dopo la Polonia ma soprattutto il miraggio di salvezza per tutti gli ucraini che corrono qui da Kiev, da Leopoli, da dovunque per cercare di sfuggire alla guerra scatenata dalla Russia di Vladimir Putin nel loro Paese. 
 
Alle 13.30 di sabato, la coda è impressionante. Sembra una massa informe, ma educata e silenziosa. Una donna col giubbotto rosso, di Kiev, bacia il suo piccolo sulle labbra e lui si pulisce, ridendo. Accanto a loro due signore, potrebbero essere due sorelle, portano insieme un sacchetto con le poche cose che evidentemente sono riuscite a portare via da casa. Un'altra mamma apre il suo trolley, estrae un sacchettino trasparente con dentro cioccolatini e caramelle e inizia a distribuire i dolci a tutti, partendo da suo figlio. 

Rifugiati ucraini alla frontiera di Medyka - Foto Guarino12-2

I piedi non fanno mai più di quattro passi consecutivi. La marcia è lenta, stancante, irritante ma nessuno si lamenta. La neve cade sulle teste di tutti, il termometro è sotto lo zero e i piccoli in coda cercano calore negli abbracci delle mamme o delle familiari più grandi. La folla diventa un po' più rumorosa soltanto quando la meta sembra più vicina. Davanti a un negozio che vende prodotti di ferramenta, ed espone orgoglioso la scritta "made in Italy", qualcuno urla da dietro. La mamma col giubbotto rosso che baciava suo figlio lascia capire che c'è bisogno di un medico, poi si lascia andare: "We need help". 

Verso il traguardo, quando la sicurezza è a pochi passi, il silenzio è sempre meno composto, ma non è caos, non è chiasso sguaiato. Appena i militari indicano che il serpentone può procedere di nuovo parte la corsa, alcuni spingono, altri danno una mano a chi c'è dietro, altri lasciano passare gli anziani. Alle 17.10, quasi quattro ore dopo, il primo cancello verde è varcato: si aprono le porte della zona neutrale tra l'Ucraina e la Polonia. Trenta minuti dopo, le famiglie con i bimbi - che seguono lo stesso percorso riservato ai giornalisti internazionali - superano anche l'ultimo ostacolo, mostrano i documenti alle autorità polacche e sono a Medyka, in Europa. Gli altri ci metteranno un'oretta in più, ma ce la faranno comunque. C'è solo l'ultimo passo da fare. Dietro c'è casa loro, ma c'è la guerra. Davanti c'è la salvezza. 
 

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