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Venerdì, 19 Aprile 2024
L'intervista / Cina

L'inferno della strategia "Zero Covid": rinchiusi due giorni in un bar per un contatto sospetto

Abbiamo raggiunto Cristiano Varotti a Shanghai dove è tornato l'incubo del Covid-19

La variante Omicron spaventa Pechino e torna l’incubo Covid-19 in Cina. A distanza di più di due anni dal primo focolaio di Wuhan, il Paese asiatico si trova nuovamente ad applicare misure restrittive: isolamento di alcune zone in diverse aree metropolitane oppure lockdown di intere città. Il governo cinese, che da più di 24 mesi promuove internamente e all’estero il successo della strategia di “Zero Covid”, è ancora lontano dall’adozione di una politica di convivenza con il coronavirus. Tuttavia, le testimonianze di chi vive in Cina raccontano di un approccio duro, ma efficace. Abbiamo chiesto a Cristiano Varotti, che lavora nella filiale di Shanghai dell’ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo, come sta vivendo le misure imposte per contrastare la diffusione del Covid-19 nella megalopoli cinese.

Nonostante la pressione dei mercati finanziari e un crescente malcontento della popolazione, il governo si ostina a non abbandonare la politica di “Zero Covid”. Può spiegare cos’è e cosa comporta?

"La “Zero Covid” policy è la strategia nazionale che il governo cinese ha applicato dall’inizio dell’emergenza sanitaria, quindi da più di due anni. È la politica che ha portato a chiudere ermeticamente le frontiere del Paese e a monitorare i movimenti interni. In Cina abbiamo assistito, negli ultimi due anni, a momenti di apertura e chiusura: ci sono state occasioni in cui hanno alzato barriere in qualche località, quando le autorità hanno individuato qualche caso di positività, impedendo quindi il movimento all’interno della città o tra diverse province. È quindi una strategia flessibile per quel che riguarda la gestione interna della pandemia, consentendo anche spostamenti interni al Paese, ma è rigida per ciò che concerne il controllo delle frontiere e gli ingressi dall’estero in Cina.
A garantire il successo di questa politica è il massiccio uso che è stato fatto della tecnologia, coadiuvata dai sistemi di videosorveglianza nelle diverse città. Sugli smartphone dei cittadini cinese le due principali app (WeChat e Alipay) sono state implementate da Qr-code per tracciare i movimenti e monitorare i contatti con casi positivi.
Inoltre, la “Zero Covid” policy è stata motivata recentemente dalla CDC cinese (Centro di controllo e prevenzione delle malattie) che ha evidenziato come un allentamento delle misure di contenimento del virus e l’apertura delle frontiere potrebbe generare una situazione apocalittica, con oltre 630 mila infezioni al giorno e il conseguente collasso del sistema sanitario. La strategia “Zero Covid” ha però reso la vita complessa un po’ a tutti: in molte occasioni, è bastato il rilevamento di uno o due casi per far saltare tutte le attività all’interno delle principali città. Una condizione che si è presentata a ridosso delle grandi festività cinese, che prevede un imponente flusso migratorio interno, giustificando così l’introduzione di misure più restrittive".

Ingresso del palazzo-3

Dov’è ora e cosa succede nel quartiere in cui vive?

"Vivo in un piccolo compound (un insieme di edifici simile a un condominio italiano, ndr) nel distretto di Jing'an di Shanghai, dove ci sono circa mille persone. Quasi tutta la parte centrale della megalopoli è in isolamento. Il nostro palazzo, così come decine di altri edifici, è stato messo in lockdown per 48 ore perché rientra nella zona considerata “a rischio” dalle autorità. Lo scopo di questo provvedimento è quello di effettuare test di massa a ogni residente, ogni sera dopo le ore 18. Se tutto va bene e se non risulterà alcun paziente positivo al Covid-19, ci lasceranno uscire. Altrimenti, qualora dovesse esserci anche un solo caso di positività, il nostro compound verrà isolato per almeno due settimane. I tamponi vengono effettuati da operatori, quasi tutti volontari, in zone di prelievo individuate all’interno del compound. Ho notato però che le misure restrittive non sono applicate in egual misura in tutti i punti della città, ma subiscono variazioni che dipendono dal livello di diffusione del virus".

Punto test all'interno del compound-2


Sui suoi canali social riporta come le chiusure e i blocchi abbiano ripercussioni sulla quotidianità. Ci può raccontare un aneddoto di una sua esperienza personale?

"Qui a Shanghai il sistema tecnologico ha permesso di adottare misure estremamente flessibili. Diversi casi mi hanno colpito. Recentemente, proprio davanti a casa mia, i clienti e i camerieri di un bar sono rimasti 48 all’interno del locale perché si è scoperto, grazie all’app, che una persona era un contatto indiretto di un positivo. Per due giorni, nessuno ha potuto lasciare il locale finché tutte le persone non sono state sottoposte a tampone. 

È una misura estremamente severa di prevenzione. Questo provvedimento è il più difficile da digerire per noi occidentali, perché va a impattare in modo più serio e severo sul nostro senso di libertà: paradossalmente, è più facile accettare un regime di quarantena che una chiusura improvvisa all’interno di un qualsiasi posto in cui ci si trova solamente perché qualcuno è un contatto indiretto con un positivo. La mattina esci per andare al lavoro, ma non sai quando tornerai.

quarantena bar Shanghai-2

Una decina di giorni fa, quando hanno iniziato a chiudere le strutture sanitarie a pazienti non Covid, sono dovuto andare in ospedale per una frattura. Le ambulanze qui non sono collegate agli ospedali, come accade in Italia, ma fungono come mezzo di trasporto sanitario: il paziente deve indicare in quale struttura ospedaliera andare. È stato complesso e ho girato sull’ambulanza per ore prima di trovare una struttura che mi accettasse e che prendesse in carico il mio caso".

Tutti i membri della sua famiglia sono immunizzati con il vaccino di produzione cinese? Il livello di protezione raggiunta con i sieri cinesi è equiparabile a quello di produzione occidentale?

"La mia è un’opinione da cittadino e non da virologo. Alcuni amici che sono tornati in Italia e si sono sottoposti a test molecolare hanno riscontrato un basso tasso di protezione. Io non ho fatto questo tipo di test. Ho ricevuto il vaccino cinese Sinopharm e non mi sono mai ammalato. È pur vero che qui il virus non è così diffuso come altrove".

Cosa deve fare un italiano per entrare in Cina? Quali misure deve osservare?

"La Cina ha chiuso le sue frontiere da febbraio del 2020, annullando di fatto gli ingressi da altri Paese. Gli stranieri possono entrare in Cina solo dopo aver effettuato specifiche e complesse procedure. Attualmente è previsto l’ingresso con un visto lavorativo, dopo aver ottenuto una autorizzazione rilasciata dalle autorità del governo provinciale di destinazione e previa richiesta dell’azienda per cui si lavora. Sono esclusi al momento gli ingressi di studenti e turisti stranieri. Quindi, nella prospettiva di breve e medio periodo non si intravedono delle modifiche alla strategia “Zero Covid”, che si è rivelata inflessibile. Ma credo che ci sarà comunque un allentamento delle misure con apertura delle frontiere. La rigidità delle misure adottate fino a oggi, che hanno messo in crisi tante aziende internazionali e cinesi, potrebbe essere ammorbidita già da quest’anno. Certamente non è nullo di sicuro, ma sembra si stia andando verso questa direzione: potrebbe essere consentito prima l’ingresso degli stranieri in Cina e poi l’uscita dei cinesi dal loro Paese".

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