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Venerdì, 29 Marzo 2024
Chi dice no / Russia

I seimila russi arrestati per le proteste contro la guerra in Ucraina

Gli agenti in assetto anti sommossa hanno trascinato via anziani, donne, ragazzi in decine di città russe, nel corso delle manifestazioni di protesta contro l'invasione dell'Ucraina

Quasi seimila arresti in poche ore. Sono 5.794 le persone fermate dalla polizia russa nel corso delle manifestazioni di protesta contro l'invasione dell'Ucraina a partire da giovedì 24 febbraio, secondo quanto riporta il sito indipendente Ovd-Infogruppo che si occupa della tutela dei diritti umani in Russia. Solo nella giornata di domenica sono state 2.650 le persone arrestate per aver protestato in 51 città, e 1.225 nella sola Mosca. Gli agenti in assetto anti sommossa che presidiano le strade invase dai manifestanti in decine di città russe hanno trascinato via anziani, donne, ragazzi. A San Pietroburgo la polizia ha sgomberato i manifestanti e arrestato numerose persone, secondo quanto si vede dalle immagini trasmesse dalle televisioni internazionali.

Le manifestazioni in Russia contro la guerra in Ucraina

Aumenta il numero di cittadini russi contrari all'invasione di un Paese considerato fratello da molti. Dai social rimbalzano le immagini di una protesta coraggiosa contro l'invasione dell'Ucraina che non si ferma e che è comunque minoranza, ma che testimonia di un disagio che nemmeno la paura del carcere riesce a fermare. Nelle grandi città come Mosca e San Pietroburgo, dal 24 febbraio si sono scatenate le proteste. Defezioni si sono registrate tra il personale straniero dell'emittente Russia Today, megafono del Cremlino, mentre "in segno di protesta" si è dimessa dalla carica di direttore del teatro statale Meyerhol di Mosca, Elena Kovalskaya. "Non puoi lavorare per un assassino e ricevere da lui lo stipendio", ha scritto su Facebook.

"No alla guerra", gridava la gente che per il quarto giorno consecutivo ha invaso la Newsky prospekt, centralissima strada di San Pietroburgo, teatro di una protesta pacifica sgomberata con violenza dalla polizia. Elena Chernenko, la più celebre giornalista russa di politica estera che lavora al quotidiano Kommersant (di proprietà di uno degli oligarchi vicini a Vladimir Putin, Alisher Usmanov) è stata espulsa dal pool del ministero degli Esteri, dopo aver lanciato una petizione contro la guerra che ha raccolto centinaia di firme in poche ore.

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Il giorno dopo l'invasione, un gruppo di ricercatori e giornalisti scientifici russi ha scritto una lettera aperta di condanna dell'aggressione militare. "Si tratta di una decisione fatale che causerà enormi perdite umane e minerà le basi del sistema di sicurezza collettiva", recita il testo firmato da oltre duemila studiosi, "la responsabilità per aver scatenato una nuova guerra in Europa ricade interamente sulla Russia".

Sulla scena della protesta si affacciano anche nomi di insospettabili. "Serve la pace, i colloqui tra Russia e Ucraina devono iniziare il prima possibile!", ha scritto sul suo canale Telegram l'oligarca Oleg Deripaska, molto vicino al presidente russo Putin. Si è addirittura scusato il capodelegazione russo alla conferenza sul clima delle Nazioni unite Oleg Anisimov, definendo "ingiustificabile" l'invasione russa dell'Ucraina.

Oltre alla denuncia della guerra c'è anche la paura. Per questo iniziano a vedersi a Mosca, a San Pietroburgo, a Khimki, le immagini dele file davanti ai bancomat per prelevare contanti. La banca centrale russa ha rassicurato i cittadini spiegando che "tutti i fondi dei clienti sono al sicuro e disponibili in qualsiasi momento".
 

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