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Venerdì, 19 Aprile 2024
Punto di non ritorno

E se la Russia usasse la bomba atomica?

Il Cremlino per il momento si è limitato a minacciare, con l’ipotesi di un’escalation che rimane molto improbabile. Ma cosa succederebbe se Mosca decidesse di utilizzare le armi nucleari? L’intervista a Lorenzo Riggi del Centro studi di Geopolitica

"Useremo l’arma nucleare soltanto in caso di minaccia all’esistenza stessa della Russia". Le parole di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, lasciano poco spazio alle interpretazioni: la Russia dispone di diversi ordigni atomici, di cui non esclude l’utilizzo in casi estremi e se il conflitto dovesse degenerare. Il Pentagono ha già criticato apertamente l’atteggiamento intimidatorio, ma l’avvertimento di Putin non può essere ignorato. Anzi, si tratta di una “minaccia credibile, che non può essere esclusa”, come ribadito dall'ambasciatore ucraino in Italia, Yaroslav Melnyk: “I russi non si fermano davanti a queste sfide globali. Questo passo sarebbe tragico, non solo per Ucraina, ma per tutto il mondo e per la Russia stessa”. 

I Paesi con le armi nucleari

La minaccia nucleare della Russia è reale? Quando Putin ha fatto riferimento a "conseguenze mai sperimentate nella storia" il collegamento tutt’altro che velato riguardava proprio l’utilizzo di armi atomiche. D’altronde Mosca detiene il più grande arsenale nucleare del mondo, quasi 6mila testate, praticamente la metà delle armi nucleari esistenti sulla faccia della Terra. 

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Secondo le stime pubblicate sul sito della Federation of American Scientists, gli Stati Uniti sono il secondo Paese in questa speciale classifica. L’unico, con quasi 5.500 testate, a poter avvicinare numericamente la potenza distruttiva di Putin. Lo "scalino" che separa queste due superpotenze dagli altri è in realtà un "dirupo": al terzo posto c’è la Cina con “solo” 350 testate, seguita da Francia (290), Regno Unito (225), Pakistan (165), India (160), Israele (90) e Corea del Nord (20). Di che tipo di ordigni stiamo parlando? Rievocando il termine "bomba atomica", il primo pensiero va a Hiroshima e Nagasaki, rase al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale da Little Boy e Fat Man, le bombe lanciate contro il Giappone dagli Stati Uniti. Ma dal 1945 ad oggi la tecnologia in campo bellico, e nello specifico quella relativa alle armi nucleari, ha fatto passi da gigante, arrivando a progettare ordigni in grado di eseguire attacchi mirati o su larga scala, anche da enormi distanze. 

L’arsenale nucleare di Putin

L’eventuale impiego di ordigni nucleari da parte della Russia rimane al momento un’ipotesi lontana, ma quali sono le tipologie di armi nucleari di cui dispone Putin? In che modo verrebbero utilizzate e contro chi? L’impiego di ordigni nucleari sul campo, quali conseguenze provocherebbe? Uno scenario senza dubbio apocalittico che abbiamo approfondito con Lorenzo Riggi, esperto in Relazioni internazionali e coordinatore dell’area Russia e spazio post-sovietico del Centro Studi di Geopolitica: "In linea di massima, la composizione degli arsenali nucleari di Russia e Stati Uniti è differente, ma allo stesso tempo molto variegata, tra armi nucleari tattiche e strategiche. Una percentuale considerevole delle armi di entrambe le potenze è equipaggiata su silos e sottomarini, armamenti strategici armati su missili balistici, in grado di colpire un bersaglio in tempo ridotto ad una distanza superiore ai 5.500 chilometri. C’è poi una quota ridotta di testate, pari a circa il 15%, equipaggiata su bombardieri simili a quelli utilizzati in Ucraina, aerei in grado di partire dalla Russia, arrivare negli Stati Uniti e tornare indietro".

Come verrebbero usate la armi nucleari?

"Rispetto allo scenario di impiego - spiega Riggi - esistono enormi arsenali di testate non strategiche, definite tattiche, armi con una potenza distruttiva minore ma che possono essere impiegate sul campo di battaglia, con una portata inferiore ai 5.500 chilometri. È bene chiarire che, nonostante siano meno potenti, si tratta comunque di ordigni con una portata di svariati chilotoni, con effetti devastanti, paragonabili a quelli delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki (rispettivamente di 15 e 20 kt)”. I negoziati proseguono e, è necessario ribadirlo, la possibilità di un impiego delle armi nucleari in questo conflitto rimane altamente improbabile: "Quello che va chiarito – sottolinea Riggi – è che non esiste alcun automatismo per cui una o un’altra potenza decidono di lanciare attacco con armi nucleari. La condizione posta da Mosca è appunto la minaccia all’esistenza stessa della Russia, che al momento non sembra voler ricorrere a questa opzione. C’è una situazione di crisi ma non siamo all’alba di una guerra nucleare, anche nel caso della crisi dei missili di Cuba, l’esempio più calzante che la storia può darci, nei 13 giorni di tensione ci fu un dialogo costante e contatti, anche informali e segreti, volti a trovare un’intesa. Il problema è semmai quello della percezione: se il mio avversario percepisce la mia minaccia che non vorrei porre o in maniera più incisiva, la sua interpretazione dettata dal timore potrebbe portare ad un’escalation, probabilmente non voluta da entrambe le parti".

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(Hiroshima fotografata dai soldati dell'esercito statunitense dopo l'esplosione della bomba atomica - Foto Ansa)

Guerra su larga scala: la dottrina russa anni ‘90

Approfondendo questo scenario apocalittico e rimanendo sempre nel campo delle ipotesi, è interessante capire in che modo Putin potrebbe utilizzare le armi nucleari se la situazione dovesse degenerare: "Secondo la letteratura russa e diversi analisti – spiega l’esperto - esiste una dottrina russa che prevede in caso di minaccia internazionale o conflitto su larga scala, l’utilizzo di armi tattiche all’inizio del conflitto, interrompendo sul nascere l’attacco nemico. L’obiettivo di una simile strategia è quello di scoraggiare l’avversario e troncare sul nascere la battaglia, un modo per lanciare un alert significativo e interrompere le ostilità". "Non è chiaro - prosegue Riggi - se la Russia sta impiegando questa dottrina anche in Ucraina, ma che senza dubbio è stata adottata negli anni ’90 e mantenuta operativa almeno fino ai primi anni 2000. Eppure, secondo molti analisti, negli ultimi decenni la Russia sembra aver intrapreso una strada differente: con la modernizzazione dell’esercito questa strategia più difensiva non ha ragion d’essere. Ad oggi infatti la Russia sarebbe in grado di gestire un conflitto su larga scala impiegando soltanto armi convenzionali, forze di terra, aviazione e marina. In questo caso, se la Russia decidesse di utilizzare le armi tattiche, potrebbe farlo proprio in Ucraina. Nonostante la portata limitate, le conseguenze potrebbero comunque raggiungere il territorio europeo".

Cosa succederebbe in caso di attacco nucleare in Ucraina?

In caso di utilizzo di armi nucleari di qualsiasi tipologia in Ucraina, gli Stati Uniti non sono tenuti a rispondere al fuoco, ma esiste un’eventualità per cui è previsto anche un intervento Usa: "Allo stato attuale non esiste un automatismo che coinvolge gli Stati Uniti: se la Russia impiegasse armi nucleari in Ucraina non ci sarebbe una rappresaglia Usa, ma si andrebbe comunque verso lo scenario peggiore possibile. Ci sarebbe una reazione internazionale estremamente dura, più di quanto avvenuto fino ad ora. Il discorso sarebbe diverso - spiega il coordinatore dell’area Russia e spazio post-sovietico del Centro Studi di Geopolitica - se la Russia, per ragioni che non possiamo immaginare, decidesse di usare queste armi contro uno dei Paesi appartenenti alla Nato. In quel caso gli Stati Uniti, essendo uno dei membri, sarebbero tenuti a rispondere con ordigni almeno di pari livello. Ma, dato che l’Ucraina non fa parte della Nato e non ha alcun vincolo con gli altri Paesi, non è prevista una reazione automatica. Inoltre la leadership russa non sembra avere intenzione di allargare il conflitto".

Come finirà il conflitto? Il nodo della demilitarizzazione

L’armageddon nucleare è un’ipotesi remota, ma allo stesso tempo l’esercito russo, seppur più in difficoltà di quanto non avessero previsto da Mosca, è lontano dalla sconfitta. Anzi, quella di tornare a casa da perdenti è un’eventualità che Putin non considera neanche, il che potrebbe portare ad un inevitabile allungamento del conflitto: "Lo scenario più plausibile - conclude Riggi - potrebbe essere un accordo tra le parti, ma è chiaro che i piani di Putin non sono andati come previsto. L’obiettivo iniziale della Russia era quello di rovesciare il presidente Zelensky con un’operazione rapida di massimo due settimane, mettendo in sicurezza Crimea e Dombass e prendendo il controllo del governo. Un piano sfumato che adesso non è più un’opzione percorribile, motivo per cui la Russia cercherà di raggiungere i suoi tre obiettivi dichiarati: il riconoscimento della Crimea come parte della federazione russa, l’indipendenza o anche una larga autonomia del Dombass, e il rendere neutrale l’Ucraina. Se sui primi due punti un’intesa potrebbe anche arrivare, il più problematico rimane il terzo, visto e considerato che per Mosca la parola neutralità va di passo con la parola demilitarizzazione. Una condizione a cui l’Ucraina non intende sottostare: la neutralità può essere ottenuta evitando qualsiasi avvicinamento all’Ue o alla Nato, ma dismettere ogni strumento bellico trasformerebbe l’Ucraina in un Paese senza alleati e impossibilitato a difendersi da solo. D’altronde, il divenire neutrale costringerebbe Kiev a dover garantire per la propria sicurezza, avviando una vasta operazione di riarmo, proprio quello che la Russia non vuole. Se negli ultimi giorni i negoziati si sono in un certo senso incancreniti, è molto probabilmente a causa di questo nodo chiave".

Gli effetti degli ordigni nucleari

E l’Italia? Il nostro Paese è stato inserito da Putin nella lista di quelli "ostili" alla Russia, ma al momento il pericolo immediato non esiste, come spiegato da Franco Gabrielli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti: “Dal punto di vista dello scenario bellico è pertinente l'insistenza di non attuare la no fly zone, perché se ci fosse un coinvolgimento ci riguarderebbe pesantemente". 

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(Il fungo atomico generato dall'esplosione della bomba lanciata su Nagasaki il 9 agosto del 1945 - Foto Ansa)

È scontato ribadirlo, ma l’utilizzo di armi nucleari, di qualsiasi portata avrebbe effetti devastanti su qualsiasi territorio, Italia compresa. Per comprendere a pieno quali potrebbero essere gli effetti di una bomba atomica è possibile effettuare una simulazione sul portale Nukemap, realizzato nel 2012 da Alex Wellerstein, storico della scienza e delle armi nucleari e professore dello Stevens Institute of Technology di Hoboken, nel New Jersey. Il sito permette di replicare gli effetti di una vasta gamma di ordigni nucleari, dalla Davy Crockett, la bomba più piccola prodotta dagli americani, passando per le terribilmente celebri Fat Man e Little Boy, fino ad arrivare alla bomba Zar da 100 megatoni, l’ordigno bellico più potente mai realizzato. Oltre alla scelta del "bersaglio", il sito consente di inserire diverse variabili, dalla semplice modifica tra esplosione in aria o in superficie, fino a quelle più avanzate. Il risultato, immediatamente disponibile sulla mappa, mostra il raggio d’azione dell’esplosione e la sua ricaduta radioattiva, oltre che il numero stimato di vittime e feriti causato dalla deflagrazione. Per fare un semplice paragone, facendo esplodere su Roma (tanto per prendere come esempio la Capitale) una bomba da 20 chilotoni (come quella di Nagasaki), il raggio della palla di fuoco con l’esplosione in aria sarebbe di circa 200 metri, ma l’onda d’urto provocherebbe danni agli edifici per chilometri, ovviamente più ingenti in base alla vicinanza dal punto di detonazione. Le vittime stimate sarebbero oltre 100mila (foto sotto).

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Facendo il medesimo esperimento con l’ordigno più potente a disposizione, la bomba Zar, otteniamo uno scenario a dir poco apocalittico (visibile nella seconda immagine): una palla di fuoco del raggio di 6 chilometri, mentre la devastazione arriverebbe a toccare Latina, Viterbo e Terni. Danni incalcolabili, 2.6 milioni di morti stimati e circa un milione e mezzo di feriti. Per fortuna si tratta soltanto di una simulazione, un’eventualità che allo stato attuale delle cose rimane altamente improbabile, l’ultimo degli scenari possibili e quello più catastrofico, un punto di non ritorno che potrebbe voler dire la fine del genere umano. Anche soltanto per questo motivo, il "tintinnar di sciabole nucleari della Russia", come lo ha definito il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, farebbe bene a rimanere un mero espediente per incutere timore, perpetuando il paradosso che da sempre aleggia intorno alla bomba atomica, l’arma più potente al mondo costruita per non essere mai utilizzata. In teoria.

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