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Giovedì, 28 Marzo 2024
Siria / Siria

Contrordine, Assad non è più un nemico

La mano tesa del dittatore di Damasco agli Usa in chiave anti-jihadista lo aiuterebbe a uscire dall'isolamento, ma sarebbe fondamentale anche per un Occidente che tenta disperatamente di stabilizzare una situazione potenzialmente ancora più esplosiva. Ma "i diritti umani e i valori democratici" dove sono finiti?

Nella realpolitik le alleanze sono sempre temporanee, ma il disgelo tra Bashar al-Assad e l'Occidente, che si sta consumando in questi ultimi tempi, è sicuramente di quelli "clamorosi". Dopo aver passato mesi a demonizzarlo come il "dittatore sanguinario", la necessità di trovare amici sul campo per contrastare l'avanzata dei jihadisti dello Stato Islamico in Siria e Iraq (e presto forse anche Giordania) sta facendo sì che le cancellerie europee e Washington focalizzino le loro priorità su una realtà ben diversa da quella esistente fino a pochi mesi fa.

Sia chiaro, Assad "è" un dittatore sanguinario: il modo brutale nel quale ha represso i moti popolari pacifici del giugno 2011 è stato criminale e la colpa della militarizzazione dello scontro, che ha portato a oltre 190mila morti, è principalmente sua. Ma il mondo cambia, e chi non cambia con lui è perduto. Questo deve essere il pensiero di quanti ora, a Ovest, vedono con occhi diversi il pragmatismo di Putin (che aveva comunque grossi interessi anche militari nell'area), mentre la nuova politica verso Teheran inaugurata dagli Usa permette di non ritenere come interesse principale l'indebolimento dell'asse Iran-Siria-Hezbollah.

Ieri il ministro degli esteri di Damasco, Walid al Muallim, ha reso noto che il governo siriano è pronto a collaborare con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna contro i miliziani di Abu Bakr al-Baghdadi, nel rispetto della risoluzione Onu n.2170 che prevede sanzioni contro i gruppi jihadisti in Siria e Iraq, spingendosi ad affermare che sarebbe d'accordo anche con raid militari "a stelle e strisce" sul proprio territorio nazionale. Damasco chiederebbe a Washington e Londra solo un "pieno coordinamento" e che le azioni si svolgano in ogni caso dopo la sua approvazione.

Dalla Casa Bianca, per ora, nessuna reazione ufficiale se non la risposta indiretta del portavoce Josh Earnest che afferma: "Nessuna decisione sul possibile avvio di un’azione militare in Siria" è stata presa.  Non sappiamo cosa sia invece successo "dietro le quinte", ma notizia di oggi, diffusa da Al Jazeera, è che gli Stati Uniti avrebbero dato inizio ai voli di ricognizione sulle regioni della Siria controllate dai jihadisti. Fonti dell'amministrazione americana avrebbero detto alla tv panaraba che Obama ha dato il "via libera" a tali operazioni. Una prima mossa che potrebbe portare a raid mirati. I voli sono stati concordati con Assad? Di sicuro è difficile che Washington abbia deciso di agire senza un suo "placet", anche solo informale.

E' la realpolitik. Che aiuterebbe Assad a uscire dall'isolamento internazionale ma anche l'Occidente a stabilizzare una situazione potenzialmente ancora più esplosiva, dopo che i governi europei e la Casa Bianca si sono colpevolmente tenuti a distanza, abbandonando l'opposizione laica e democratica a se stessa mentre Arabia Saudita, Qatar e Iran aiutavano i loro piccoli eserciti e combattevano "per procura". Poi sarà anche il caso di fare un'autocritica "ideologica" quando sarà di tornare a sbandierare il "rispetto dei valori umani e democratici". Prima senza sporcarsi le mani, salvo poi stringerle a chi le ha lorde di sangue.

Guerra in Siria © Tm News / Infophoto

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