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Giovedì, 18 Aprile 2024
SIRIA / Siria

Siria, sequestrati quattro giornalisti italiani

Le fonti indipendenti siriane (e il web) smentiscono la riscostruzione della Farnesina che li vorrebbe "prigionieri" nelle mani dei ribelli. "Sono stati fermati per verificare le loro credenziali"

Da ieri sera e fino alle prime ore di sole di questo sabato mattina su tutti i giornali italiani la notizia era la seguente: "Sequestrati quattro giornalisti italiani in Siria". La conferma anche dalla Farnesina che ha reso noto che la vicenda "è stata seguita fin dall'inizio" e che "è attiva l'unità di crisi". 

"La Farnesina, che è in contatto con i familiari, chiede inoltre il massimo riserbo per garantire l'incolumità di connazionali, considerata la massima priorità". 

I quattro sequestrati sono il giornalista Rai Armando Ricucci, il fotografo Elio Colavolpe, il documentarista Andrea Vignali e la freelance Susan Dabbous, una troupe al lavoro da qualche giorno in Siria per il reportage 'Silenzio si muore', per conto di 'La Storia siamo noi'. Nella notte la Rai ha chiesto, come la Farnesina, "la massima collaborazione e il massimo riserbo", sottolineando di essere in "costante contatto con l'unità di crisi della Farnesina". I quattro operavano facendo base in territorio turco e sarebbero entrati in Siria il 2 aprile nella zona di Guveci, da 4 aprile la redazione non sarebbe più riuscita a mettersi in contatto con loro. 

Siria, i quattro giornalisti italiani sequestrati

Ebbene solo dopo diverse ore la stampa - a differenza del web - ha iniziato a parlare non di un sequestro ma di un meno preoccupante 'fermo' per la verifica delle loro credenziali. "Sarebbe questa, a quanto apprende l'Adnkronos da fonti Rai, la condizione dei quattro giornalisti trattenuti in Siria".

Ma, come dicevamo, fin da subito la rete ha iniziato a parlare di fermo e non di sequestro. E c'è anche chi ha provato a spiegare quali potrebbero essere i motivi di questo fermo, come la giornalista di Piazza Pulita Francesca Mannocchi che sul suo profilo Facebook ha provato a fare chiarezza: 

"Sono tornata dalla Siria da pochi giorni. C'è una guerra di cui tutti vi ricordate oggi per l'allarme sui quattro colleghi che vi dicono siano stati rapiti. Non lo sono. Sono in stato di fermo presumibilmente delle forze dell'Esl (l'esercito siriano libero, i ribelli per capirci) che stanno facendo degli accertamenti su di loro. Nessuna violenza. Nessun sequestro".

Quindi, i motivi che potrebbero essere alla base del fermo. Motivi nei quali potrebbero 'cadere' le decine di giornalisti presenti che ogni giorno provano a raccontare il dramma della Siria: "Questo succede perché quando vai in un paese in guerra di cui non si ricorda nessuno, con il desiderio di documentarlo, capita che riprendi o fotografi qualcosa che non avresti dovuto riprendere. Come i check point. O come degli ospedali. Al nord i soldati del regime hanno bombardato tutti gli ospedali, che ora si trovano in edifici di fortuna.  Dove si opera senza anestesia. E spesso con medici non specialisti.Per questo, i soldati che controllano le zone liberate non vogliono che vengano filmati edifici così necessari ai soldati sì, ma soprattutto ai civili".

Infine un appello: "Non ingigantite questo allarme e mantenete la calma. Perché è con l'allarmismo che rischiamo di fare più danni".

"SILENZIO SI MUORE". In un post del 23 marzo Ricucci, sul suo blog, spiega il senso del reportage 'Silenzio si muore', nato dall'esigenza di "costruire un nuovo patto di fiducia fra giornalismo e pubblica opinione nell'era della Rete e dei social network" e "recuperare la credibilità di un mestiere che sembra aver perso l'anima". Per Ricucci "bastano solo un pizzico di coraggio e la voglia di sperimentare, rimettendosi in gioco personalmente". 

GIORNALISMO PARTECIPATIVO. "Dal 1 al 15 aprile sarò di nuovo in Siria, a decidere questa volta il mio percorso di viaggio, le notizie da seguire e le storie da raccontare, sarà un gruppo di studenti di San Lazzaro di Savena, collegati costantemente con me via Skype. E' un gruppo che ha già avuto modo di seguire il lavoro che noi di 'La Storia siamo noi' abbiamo fatto nei mesi scorsi ad Aleppo con 'Siria 2.0' e sono ragazzi magnifici, da cui mi farò guidare con piacere, certo che i loro consigli, dubbi ed emozioni possano essermi altrettanto utili di quelli che può darmi un collega o il mio direttore". Ma, avverte, "non sarà un video-gioco, attenzione". 

SILENZIO STAMPA. In relazione alla vicenda dei quattro giornalisti fermati in Siria la Rai, "in linea con l'invito al massimo riserbo formulato dall'Unità di crisi della Farnesina a tutela dei connazionali coinvolti", si appella alla "sensibilità" di tutti i giornalisti della carta stampata, delle radio, delle televisioni e del web affinchè "venga mantenuto un responsabile silenzio stampa". Lo si legge in una nota di viale Mazzini, in cui si ricorda che "notizie sommarie o imprecise potrebbero nuocere all'incolumità dei colleghi, nostra unica priorità".

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