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Giovedì, 28 Marzo 2024
Siria / Siria

Siria, a un anno dai primi scontri continua la rivolta

La comunità internazionale non smette di condannare la repressione di Damasco che, secondo i dati dell'Onu, avrebbe causato ad oggi 9mila morti

E’ passato poco più di un anno da quando le prime rivolte hanno iniziato ad infiammare la Siria. Anche Damasco è stata colpita dalla Primavera Araba che, partendo dalla Tunisia, ha portato al crollo di regimi che erano in piedi da decenni, come quello di Ben Ali o di Hosni Mubarak in Egitto. Ora la rivoluzione ha preso le dimensioni di una guerra civile che, secondo i dati forniti dall’Onu, ha causato la morte di 9mila persone.


Bashar al-Assad, presidente della Siria, ha preso il posto del padre Hafez il 10 luglio 2000. Il cambio di potere venne salutato con gioia da parte della popolazione e della comunità intellettuale, che sperava che questo giovane, educato a Londra, potesse promuovere delle riforme e mettere fine alla repressione. Ma questa ‘primavera di Damasco’ non portò i risultati sperati. Nel febbraio dell’anno successivo, quando l’esercito venne mandato a bloccare i dibattiti e a imprigionare molti degli attivisti, fu ben chiaro che non ci sarebbero stati dei cambiamenti.


Le prime manifestazioni - Anche se già all’inizio del 2011 c’erano state sul web, e in particolare su Facebook, degli appelli alla popolazione affinchè scendesse in piazza contro Assad, , bisogna attendere il 15 marzo perchè i siriani inizino a muoversi contro il regime. Il 13 marzo dei bambini di Dar’a, città nel sud del Paese, vengono infatti arrestati e torturati dalla polizia, che li accusa di aver scritto degli slogan contro il presidente. Tre di loro muoiono. Inizia così il 15 marzo, tramite anche la pagina Facebook “la rivoluzione siriana conro Bashar al-Assad 2011”,  quella che poi sarà la rivoluzione che ancora oggi scuote la Siria. Manifestazioni anti-regime ci sono in tutto il Paese, ma in particolare nella città di Dar’a, che diventa l’epicentro di queste prime rivolte e nella quale le manifestazioni vengono represse nel sangue. Le rivolte si susseguono in tutto il Paese. Secondo la Federazione internazionale dei diritti dell’uomo, tra il 18 marzo e il primo aprile sono almeno 123 le persone uccise dalle forze dell’ordine.


I discorsi di Assad - Intanto il 30 marzo il presidente Assad parla per la prima volta in pubblico delle rivolte scoppiate nel Paese, denunciando un complotto contro di lui ma promettendo delle riforme. Pochi giorni dopo il presidente chiama l’ex ministro dell’Agricoltura Adel Safar, dandogli il compito di creare un nuovo governo. Il 16 aprile il leader siriano si rivolge nuovamente al suo popolo, e promette di abolire lo stato di emergenza in vigore dal 1963. In un terzo discorso alla nazione Assad dichiara inoltre di voler promuovere un’amnistia verso tutti i prigionieri politici, compresi i Fratelli Musulmani. Sempre nella speranza di poter placare la folla, a luglio il regime di Damasco approva un progetto di legge che segna il via al multipartitismo nel Paese, ma nonostante questo le rivolte non si placano. La città di Hama diventa una delle protagoniste delle rivolte, dove cento persone vengono uccise il 31 luglio da parte delle forze dell’ordine.


La comunità internazionale - Il 24 maggio l’Unione Europea inizia a prendere le prime misure contro il regime di Damasco. I ministri degli Esteri decidono di congelare i beni di Assad e di negargli l’accesso nei Paesi dell’Unione, decisione che era stata presa anche pochi giorni prima dal governo statunitense.  Intanto gli oppositori del regime, molti dei quali vivono già in esilio, si ritrovano il primo giugno ad Antalya, in Turchia, per tre giorni di conferenze dedicate alla crisi siriana. Gli appelli per spingere Assad a mettere fine alla repressione continuano durante l’estate.  Il 3 agosto il Consiglio di sicurezza dell’Onu condanna per la prima volta “le violazioni generalizzate dei diritti dell’uomo e l’uso della forza contro i civili” da parte delle autorità siriane, che avrebbero ucciso circa 1600 persone dall’inizio degli scontri. Il 7 agosto è la volta della Lega Araba, che chiede a Damasco di fermare gli attacchi contro i manifestanti. Arabia Saudita, Kuwait e Bahrein ritirano i propri ambasciatori dalla Siria, mentre il 9 luglio il ministro degli esteri turco in visita a Damasco chiede la fine della repressione.


I media e il caso ‘Gay Girl in Damascus' - ’Mentre gli eventi tragici della Siria fanno il giro del mondo, anche attraverso le informazioni che gli attivisti caricano su Facebook, YouTube e Twitter, l’informazione in rete inizia a mostrare i propri punti deboli. Si scopre infatti che dietro ad uno dei blog più seguiti, ‘Gay Girl in Damascus’, ufficialmente scritto dall’attivista lesbica Amina Adballa Aral al Omari, si nasconde in realtà un 40enne statunitense, Tom MacCaster. Dopo che una presunta cugina aveva informato dalle pagine del sito di Amina che la ragazza era stata arrestata dalle forze dell’ordine, gli attivisti di tutto il mondo si erano mobilitati per chiederne il rilascio. MacCaster aveva quindi ammesso l’inganno, dicendo che aveva solo cercato di spiegare “come è essere una lesbica” a Damasco. Questa notizia fa però il giro del web, soprattutto tra coloro, come Michel Collon e siti di informazione quali Investig’Action, secondo i quali alcune notizie verrebbero manipolate in modo da spingere i cittadini occidentali ad appoggiare un eventuale intervento armato in Siria, come già successo in Libia.


La repressione cotinua - A settembre l’Unione Europea decreta un nuovo embargo contro il petrolio siriano mentre Assad per la prima volta autorizza la Croce Rossa Internazionale a visitare la prigione principale di Damasco. Continua però la repressione, che prende piede soprattutto nella città di Homs. L’Onu stima che siano almeno 2600 i morti dall’inizio della rivolta in Siria.


Il Cns - Il primo ottobre nasce Consiglio Nazionale Siriano. Creato ad Istanbul dagli oppositori del regime di Damasco, alcuni dei quali in esilio, il Cns vuole proporsi come un’alternativa politica ad Assad e come nuovo interlocutore internazionale, in modo da guidare la transizione del Paese verso la democrazia. A capo viene scelto Burhan Ghalioune, e nel Cns si trova anche Mohammed Riyad al-Chaqfa, guida dei Fratelli Musulmani siriani, da sempre opposti al regime.


Le reazioni della Lega Araba - Damasco non fa in tempo ad accettare il piano di uscita dalla crisi proposto della Lega Araba, che vuole la fine immediata dell ostilità e l’inizio di un dialogo con le opposizioni, che Human Rights Watch chiede che il governo siriano venga giudicato per crimini contro l’umanità dalla Corte Penale Internazionale. La Lega Araba continua però i suoi interventi: il 12 novembre, durante una riunione generale al Cairo, i membri dell’organizzazione decidono di escludere la Siria dalle sue attività, che il 5 dicembre ne accetta l’invio degli osservatori internazionali. Il Consiglio dell’Onu intanto denuncia nuovamente Damasco per “le violazioni sistematiche” commesse dalle autorità siriane, definendoli crimini contro l’Umanità.
Il 2012 si apre con la notizia della morte di Gilles Jacquier, reporter di France 2 e primo giornalista a morire nella primavera siriana. Seguiranno il 22 febbraio Marie Colvin, giornalista statunitense 55enne, e il fotoreporter francese Rémi Ochlik, 28 anni.


 Il veto di Cina e Russia all’Onu - Il 10 febbraio, per la seconda volta, Cina e Russia pongono il loro veto al progetto di risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nei confronti della Siria, sostenuto dalle potenze occidentali e dalla Lega Araba. Una settimana dopo l’Assemblea Generale dell’Onu presenta una risoluzione nella quale condanna Assad chiedendogli di lasciare il potere, come ribadito anche dalla Lega Araba.  Il 26 febbraio viene approvata una nuova Costituzione con un referendum, boicottato dall’opposizione siriana, secondo la quale entro 90 giorni dovranno essere indette delle nuove elezioni parlamentari.


L’intervento di Kofi Annan - Alla fine di febbraio le Nazioni Unite chiedono l’aiuto dell’ex segretario Kofi Annan, che viene nominato inviato congiunto dell’Onu e della Lega Araba sulla crisi in Siria, per tentare di mettere fine alle violenze e di promuovere un’uscota pacifica dalla crisi. Con questo compito il 10 marzo Annan si reca a Damasco per negoziare una fine delle ostilità con Assad, proprio mentre l’esercito bombarda la città di Idleb. Intanto Assad fissa al 7 maggio le elezioni legislative, dopo averle più volte rimandate. Il 1° aprile si tiene la seconda conferenza dei Paesi ‘Amici della Siria’, riunitisi per la prima volta a Tunisi a febbraio. Nel corso di questa conferenza viene approvato il piano di Annan, e il Cns viene riconosciuto come rappresentante legittimo del popolo siriano. Intanto il segretario si Stato statunitense Hillary Clinton intima a Damasco di fermare il massacro contro i civili.


La primavera siriana sembra ben lontana dall’essere terminata. Mentre si susseguono gli appelli internazionali per la fine delle repressioni, le aperture democratiche fatte da Assad in questi mesi continuano a non convincere parte della popolazione. Il ricordo della Libia, dove la rivolta si è trasformata in una vera e propria guerra, è ancora forte.
 

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