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Venerdì, 29 Marzo 2024
Il caso / Brasile

L'odissea dell'11enne stuprata a cui un tribunale brasiliano ha negato l'aborto

Nel Paese l'interruzione di gravidanza è vietata ma non se si è vittime di violenza. Il diritto è stato alla fine concesso solo dopo una lunga battaglia legale e sono stati indagati i giornalisti che hanno raccontato il fatto

Un tribunale brasiliano ha negato l’aborto a una bambina di 11 anni, vittima di stupro, costringendola a una battaglia legale di mesi per ottenere il rispetto di quello che era un suo diritto. La notizia è stata diffusa dai media The Intercept Brasil e Portal Catarinas, che sono per questo attualmente sotto indagine. Dopo che l’informazione è stata diffusa il presidente Jair Bolsonaro e il Ministero delle Donne, della Famiglia e dei Diritti Umani hanno aperto un’inchiesta sui due quotidiani che mira ad "accertare" come i giornalisti abbiano avuto accesso a "informazioni rilevanti, riservate e molto serie". Nel Paese l'interruzione di gravidanza è vietata e punibile con condanne da uno a tre anni per le donna e da uno a quattro per il medico che lo esegue, ma è consentita in caso di violenza sessuale, di rischio per la vita della madre o di grave malformazione celebrale del feto.

La vicenda è iniziata lo scorso 4 maggio quando la bambina si è recata in ospedale accompagnata dalla madre per richiedere un’interruzione di gravidanza. L'unità sanitaria ha rifiutato di eseguire l'aborto senza l'autorizzazione del tribunale, poiché la procedura poteva essere eseguita solo fino alla 20esima settimana di gravidanza, e lei era arrivata in ritardo rispetto a questa scadenza. Ma, come spiega The Intercept, sebbene una direttiva del Ministero della Salute brasiliano raccomandi un limite di 20-22 settimane per l'aborto, il codice penale consente di abortire in caso di violenza sessuale, senza imporre alcun limite alle settimane di gravidanza e senza richiedere un'autorizzazione giudiziaria.

Nonostante l’ospedale avesse dunque, in linea teorica, la facoltà di autorizzare l’intervento ha scelto di rinviare il caso davanti a un giudice. Oltre a essergli negata la possibilità di procedere con l’interruzione di gravidanza, la bambina è stata allontanata dalla madre e portata in una casa-famiglia, ufficialmente per essere protetta dal suo aguzzino. Il giorno dell’udienza, il 9 maggio, l’undicenne è stata sottoposta a un pesante “interrogatorio” nel quale la giudice incaricata del caso, Joana Ribeiro, ha tentato a più riprese di convincere la bambina a proseguire con la gravidanza.

– “Che aspettative hai per il bambino? Vuoi vederlo nascere?”, chiede la giurata.

- “No”, risponde la giovane donne.

- “Ti piace studiare?”

- “Sì.”

–  "Pensi che la tua condizione interferisca con il tuo studio?"

- "Sì".

Si sente nell’audio diffuso da The Intercept. Il giudice chiede quindi:

– "Hai degli auguri di compleanno speciali? Se ce l'hai, chiedi pure. Vuoi scegliere il nome del bambino?"

– "No", è la risposta, ancora una volta.

Dopo qualche secondo, la giudice continua:

– "Credi che il padre del bambino accetterebbe di darlo in adozione?", chiede, riferendosi allo stupratore.

- “Non lo so”, dice la ragazza a bassa voce.

Sullo stesso tono segue l'audizione con la madre della vittima. “Oggi c'è la tecnologia per salvare il bambino. E abbiamo 30mila coppie che vogliono il bambino, che accettano il bambino. Questa tristezza di oggi per te e tua figlia è la felicità di una coppia”, dice Joana Ribeiro.

Lei risponde, in lacrime: “E' una felicità perché loro non stanno vivendo quello che sto vivendo io”. Dopo che la giudice le ha chiesto quale sarebbe la soluzione migliore, la madre continua: "Indipendentemente da quello che deciderà, volevo solo fare un'ultima richiesta. Lascia mia figlia in casa con me. Se deve trascorrere uno, due mesi, tre mesi incinta, non so quanto tempo con il bambino… Ma lascia che mi prenda cura di lei”, implora. "Mia figlia non ha idea di cosa sta passando, voi fate molte domande, ma non sa nemmeno cosa rispondere", conclude la madre.

Ma la decisione della giudice Ribeiro è stata irremovibile: l’undicenne doveva continuare a vivere temporaneamente nella casa-famiglia e non poteva interrompere la gravidanza. La sentenza è in netto disaccordo con quanto affermato da uno dei medici che aveva analizzato il caso, secondo il quale la bambina correva vari rischi: rottura uterina, anemia, eclampsia. La decisione è stata interamente basata su quanto affermato in un primo reperto che riferiva che, nonostante i rischi legati al condurre una gravidanza a quell’età, la vita della giovane donna non era in pericolo.

Pochi giorni dopo, un altro giudice aveva preso in mano il caso, autorizzando la bambina a procedere con l’aborto. Tuttavia, questa possibilità le è stata negata nuovamente in quanto ancora ospitata all’interno della casa-famiglia. Il giorno dopo il sì, il giudice ha revocato la sua stessa decisione su richiesta del Pubblico Ministero. Dopo settimane di peripezie, solo il 23 giugno, la bambina ha potuto procedere con l’interruzione di gravidanza e tornare a casa con la madre. La decisione, emessa dal giudice Cláudia Lambert de Faria due giorni prima, era arrivata all'indomani della pubblicazione del rapporto sul caso da parte di Intercept e Portal Catarinas, e dopo che la ragazza aveva trascorso più di 40 giorni nella struttura in cui era stata trasferita.

Come se non bastasse, in risposta al rapporto pubblicato dai due media, il presidente Jair Bolsonaro e il Ministero delle Donne, della Famiglia e dei Diritti Umani hanno chiesto apertamente un'indagine sui due quotidiani. I problemi per i giornalisti sono iniziati il 28 giugno, quando la deputata del partito di Bolsonaro, Ana Campagnolo, ha presentato una petizione, firmata da 21 membri dell'assemblea, per chiedere un’indagine che chiarisse come i media aavessero avuto accesso alle informazioni trapelate citate nell'articolo, tra cui il video dell'udienza in cui un procuratore e un giudice interrogavano la bambina di 10 anni e cercavano ripetutamente di convincerla a non interrompere la gravidanza.

Il 19 luglio, l'Assemblea legislativa dello Stato di Santa Catarina ha autorizzato l'apertura dell'indagine. L'11 ottobre, si è tenuta la prima sessione della Commissione parlamentare d'inchiesta. Adesso il Comitato per la protezione dei giornalisti (cui sigla in inglese, Cpj) ha chiesto che venissero immediatamente interrotte le indagini sui media investigativi indipendenti online The Intercept Brasil e Portal Catarinas e che fosse rispettata la riservatezza delle fonti giornalistiche.

"L'indagine dell'assemblea legislativa di Santa Catarina su The Intercept Brasil e Portal Catarinas prende palesemente di mira i media e i giornalisti che hanno coraggiosamente denunciato i maltrattamenti dello Stato nei confronti di una bambina sopravvissuta a uno stupro che cercava di accedere all'aborto legale. Questo è un tentativo di intimidire la stampa e di minacciare le sue fonti", ha dichiarato Natalie Southwick, coordinatrice del programma America Latina e Caraibi di Cpj a New York.

"L'assemblea legislativa dello stato di Santa Catarina deve immediatamente abbandonare questa assurda indagine e rispettare la libertà di stampa e la riservatezza delle fonti, diritti garantiti dalla Costituzione brasiliana", ha aggiunto sottolineando che l'articolo 5 della Costituzione federale brasiliana protegge la "riservatezza della fonte quando è necessaria per l'esercizio professionale".

"Questa indagine è chiaramente un tentativo da parte dei politici di criminalizzare, intimidire e mettere a tacere il giornalismo che ha rivelato gli scioccanti abusi del sistema giudiziario nello stato di Santa Catarina nei confronti di una bambina innocente di 11 anni", ha dichiarato a Cpj Andrew Fishman, presidente di The Intercept Brazil, rivendicando che "The Intercept e Portal Catarinas hanno svolto un servizio pubblico con i loro reportage e non hanno commesso reati".

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