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Sabato, 20 Aprile 2024
Geopolitica / Sudafrica

Perché mezza Africa resta neutrale sulla Russia (nonostante le pressioni Usa)

Washington sta cercando di intensificare i rapporti con Sudafrica e altri Paesi del Continente per contrastare la sempre maggiore egemonia di Cina e Mosca

Il presidente francese Emmanuel Macron, dall'alto del pulpito dell'Assemblea generale dell'Onu, li ha definiti "complici" dell'aggressione all'Ucraina da parte dell'esercito di Vladimir Putin. E proprio alle Nazioni Unite, quando a marzo si è votato per condannare l'invasione russa, è emerso plasticamente come metà dell'Africa abbia scelto, e non da ora, la strada della neutralità nel pugno di ferro tra Occidente e Mosca (ma anche Pechino). A guidare il fronte, c'è il Sudafrica, il Paese più industrializzato del Continente e unico membro africano del G20. E proprio guardando a Città del capo si possono comprendere le ragioni di questa posizione.

La neutralità africana

Una posizione che il leader sudafricano Cyril Ramaphosa ha ribadito a Washington, nel corso dell'incontro con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden alla Casa Bianca. I temi in agenda, ufficialmente, sono stati commercio, cambiamento climatico e transizione energetica. Ma è chiaro che la guerra in Ucraina e l'egemonia crescente di Russia e Cina in Africa non potevano essere questioni lasciate ai margini del meeting. Di recente, l'Unione africana ha persino criticato poco velatamente le sanzioni occidentali a Mosca, indicandole come la causa della crisi del grano nel Continente. Dichiarazioni che hanno imbarazzato non poco Bruxelles. 

Ma gli Usa, sotto questo punta di vista, non se la passano certo meglio. Washington, scrive Foreign Policy, "sta cercando di riportare l'Africa nell'ovile" degli allineati anti-Putin. Incontrando Ramaphosa, Biden ha elogiato il Sudafrica come una “voce vitale” sulla scena mondiale. Ma al contempo, gli Usa stanno discutendo un progetto di legge che sanzionerebbe gli africani che fanno affari con gli oligarchi e le entità russi finiti nella lista nera dell'Occidente. Un progetto che è stato definito "in stile Guerra Fredda " e "offensivo" dal ministro degli Esteri sudafricano Naledi Pandor. Seduto al fianco di Biden, Ramaphosa ha ribadito che gli africani non dovrebbero essere puniti per la loro storica posizione non allineata: "Non dovremmo sentirci dire da nessuno con chi possiamo associarci o meno",

La gaffe ecologista di Kerry

Parole che hanno fatto breccia nei sentimenti anti-Usa non solo in Africa, ma anche in Sud America e Asia, secondo Foreign Policiy. I problemi tra i Paesi africani non allineati e l'Occidente non riguardano solo le alleanze internazionali, ma più in generale il modo con cui Usa e alleati europei guardano alle relazioni economiche e di potere con il Continente. Un esempio è stato il recento viaggio in Africa di John Kerry, ex vicepresidente Usa e ora inviato speciale di Washington per il clima. Arrivato a Dakar, in Senegal, Kerry "è riuscito a far arrabbiare sia i leader africani che gli attivisti per il clima" sostenendo che anche i Paesi africani devono fare la loro parte nella lotta al cambiamento climatico perché "Madre Natura non misura da dove provengono le emissioni”.

Per Kholood Khair , analista politico di Insight strategy partners, messaggi di questo tipo, che equiparano le condizioni del ricco Occidente a quelle dei Paesi in via di sviluppo, non stanno aiutando certo a ricucire i rapporti: "I leader africani sono diventati sempre più allergici a questi toni, qualcosa che la Cina ha capito", spiega. Del resto, gli Usa sono i secondi inquinatori del mondo: la Nigeria, che ha la più grande economia e popolazione dell'Africa, ha emesso 0,6 tonnellate di carbonio pro capite nel 2019 rispetto alle 14,7 tonnellate degli Stati Uniti nello stesso anno. 

La corsa al gas

Proprio la Nigeria, che ha rapporti consolidati con i big del fossile europei, tra cui Eni, sta cercando di sviluppare sempre più il suo export di gas naturale liquefatto, mercato a oggi guidato dagli Usa. Anche Mozambico, Costa d'Avorio e Senegal si stanno attrezzando per sfruttare le recenti scoperte di gas da rivendere a un'Europa sempre più alla ricerca di fonti diversificate per ridurre la propria dipendenza dalla Russia. Ecco perché le parole di Kerry, viste come critiche a questi progetti che inevitabilmente comporteranno più emissioni inquinanti, sono state viste come un tentativo di sventolare l'ecologismo per interessi ben diversi.

Strategie diplomatiche come quelle di Kerry, dunque, non sembrano più avere presa, e anzi producono effetti opposti. Il Sudafrica è stato chiaro: il fronte dei neutrali non vuole sentirsi dire cosa può e cosa non può fare per il suo sviluppo, e con chi relazionarsi. Ma vuole costruire partenariati economici affidabili, che non compromettano gli obiettivi chiave di sviluppo dell'Africa. Nessuno, tra i leader africani, vuole rompere i rapporti con l'Occidente, anzi. Ramaphosa, incontrando Biden, ha elogiato gli Usa come uno dei pochi governi occidentali che non si è opposta alla sospensione dei brevetti sui vaccini contro il Covid, consentendo proprio al Sudafrica di sviluppare una produzione che potrebbe tornare utile per future crisi sanitarie. 

I toni che alternano critiche a messagi di amicizia sono ormai una costante nelle dichiarazioni dei leader a Città del capo come nelle altre capitali degli Stati membri dell'Unione africana. C'è chi ne approfitta come il presidente autoritario ugandese Yoweri Museveni, che sta raccogliendo i frutti di essere corteggiato sia dalla Russia che dagli Stati Uniti, ottenendo armi e soldi da entrambe le parti. La neutralità, insomma, sembra pagare. Ecco perché la "Svizzera" africana potrebbe essere una costante dei prossimi lustri.

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