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Venerdì, 29 Marzo 2024
USA / Stati Uniti d'America

Susan Rice si ritira dalla corsa al Dipartimento di Stato

Il Washington Post caldeggia scelta di John Kerry come successore di Hillary Clinton

Susan Rice rinuncia alla carica di segretario di Stato. Dopo avere sollevato critiche pesanti negli ultimi mesi per i commenti dopo l'attentato all'ambasciata di Bengasi, in Libia, l'ambasciatrice americana all'Onu ha deciso che non è intenzionata a sostituire l'attuale segretario di Stato Hillary Clinton. Lo ha dichiarato la stessa Rice in una lettera al presidente americano Barack Obama.

"Sono convinta che il processo di conferma sarebbe lungo, costoso e di disturbo a te e alle nostre priorità nazionali e internazionali", ha scritto rivolgendosi al presidente.

Obama ha confermato di avere parlato con Rice e di avere "accettato la sua decisione di eliminare il suo nome da quelli da prendere in considerazione per la carica di segretario di Stato. Per due decenni Susan ha dato prova di essere straordinariamente capace, patriottica e appasionata. Sono grato che Susan continuerà ad essere ambasciatrice alle Nazioni unite".

L'inquilino della Casa Bianca ha aggiunto di essere molto dispiaciuto per le critiche rivolte a Rice sui commenti rilasciati dopo l'attentato a Bengasi.

La stessa Rice ha scritto oggi al Washington Post spiegando quindi pubblicamente di aver rinunciato alla carica di Segretario di Stato perchè "è la decisione giusta per il Paese che amo", a fronte di uno "stillicidio di accuse inventate".

"Non mi sono mai tirata indietro dalla lotta per una causa in cui credo - ha sottolineato - ma quando è apparso chiaro che la mia eventuale candidatura avrebbe scatenato un lungo scontro partigiano ho capito che sarebbe stato sbagliato consentire che questo dibattito continuasse a distrarci dalle urgenti priorità nazionali: creare occupazione, far crescere la nostra economia, affrontare il nostro deficit, riformare il nostro sistema di immigrazione e tutelare la nostra sicurezza nazionale. Sono queste le questioni che meritano la nostra attenzione, non un dibattito su di me".

Nel suo intervento, Rice torna sull'accusa rivoltale dai repubblicani di aver voluto "fuorviare gli americani" con la ricostruzione fornita in televisione sull'attacco al consolato Usa di Bengasi, in Libia, ma sottolinea anche come "nelle ultime settimane, nuovi attacchi siano stati lanciati per diffamare me e la mia carriera".

"Anche prima che venissi candidata a qualsiasi nuova posizione - ha sottolineato - un costante stillicidio di accuse inventate ha contribuito a dipingere un'immagine di me assolutamente falsa.
Questo ha interferito sempre più con il mio lavoro a nome degli Stati Uniti all'Onu e con l'agenda americana".

"Sono cresciuta a Washington, D.C., e ho assistito a tante battaglie politiche - ha concluso - ma una nomina per la sicurezza nazionale, e ancor meno una potenziale nomina, non dovrebbe mai essere trasformata in una partita politica. Ci sono questioni più importanti in gioco. Per questo ho deciso che questa distrazione dovesse avere fine".

Oltre a pubblicare l'intervento di Susan Rice, il Washington Post ha pubblicato un editoriale nel quale di afferma che questa era una battaglia che, per Barack Obama, non valeva la pena combattere fino in fondo. Anche il New York Times ha salutato favorevolmente il passo indietro della Rice, ritornando sulle accuse di simpatie della Rice per i despoti africani.

"Il presidente Obama ha deciso che alla fin fine gli conveniva spendere su altri fronti il tempo e il capitale politico necessari per blindare la nomina dell'ambasciatrice all'Onu Susan Rice - si legge sul Washington Post - come suo prossimo segretario di Stato". Una scelta tattica di Obama, troppo impegnato in questi giorni nella trattativa sul 'precipizio fiscale' per lasciarsi distrarre da un secondo fronte di scontro con l'opposizione repubblicana, anche se Rice è da anni una delle sue collaboratrici più fidate.

A questo punto, al posto di Clinton siederà probabilmente John Kerry, l'altro nome in cima alla lista: 68 anni, senatore, presidente della commissione per gli affari Esteri della Camera alta, e candidato democratico alla Casa Bianca sconfitto nel 2004 da George W. Bush.

Non a caso il Washington Post, ieri, era uscito con un corsivo di David Ignatius che sponsorizzava la nomina di Kerry (affiancandosi al New York Times). Su di lui, inoltre, i repubblicani hanno sempre mostrato un atteggiamento favorevole.

La nomina di Kerry, però, metterebbe in gioco un posto al Senato per il Massachusetts: nell'elezione straordinaria necessaria per riassegnarlo, si rifarebbe avanti con ogni probabilità Scott Brown, che nel 2010 riuscì a espugnare quello che era stato per una vita il feudo di Ted Kennedy, e che lo scorso 6 novembre è stato faticosamente sconfitto da Elizabeth Warren.

Per la Difesa, al posto di Leon Panetta, il pretendente numero uno è l'ex senatore repubblicano Chuck Hagel, da tre anni a capo del Consiglio consultivo sull'intelligence del presidente Obama, con cui si è incontrato alla Casa Bianca, giorni fa, per discutere il suo prossimo incarico. La nomina di Hagel, un moderato, sarebbe un segnale distensivo nei confronti dei repubblicani, e mostrerebbe l'intenzione del presidente di collaborare in maniera più ampia e proficua con l'opposizione.
Tra gli altri pretendenti alla guida della Difesa ci sono Michèle Flournoy, ex funzionaria del Pentagono, Ashton Carter, il numero due al dipartimento della Difesa, e lo stesso John Kerry, nel caso non dovesse essere nominato segretario di Stato.

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