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Lunedì, 11 Dicembre 2023
La storia si ripete / Afghanistan

Afghanistan: i talebani del 2021 sono diversi da quelli del 2001?

Cercano la legittimazione internazionale, vogliono dipendere meno dal Pakistan: ma la geopolitica è una cosa, la realtà quotidiana un'altra

I talebani hanno annunciato martedì mattina "un'amnistia generale": esortano la popolazione afgana a "riprendere la vita quotidiana in totale fiducia". Ma è lecito attendersi un approccio diverso nella gestione del potere rispetto a 25 anni fa, quando conquistarono Kabul per la prima volta e imposero su tutto il territorio una stretta interpretazione della legge islamica?

L'amnistia generale promessa dai talebani

Il messaggio in cui si parla di amnistia è contenuto in un comunicato degli insorti che hanno preso il controllo dell'Afghanistan e di tutti i suoi valichi di frontiera, e che ora promettono la creazione di un governo "inclusivo" e il ritorno alla normalità nel Paese.

Il leader dei talebani Amir Khan Muttaqi è a Kabul per negoziare con altri esponenti politici - tra cui l'ex capo del consiglio per la riconciliazione nazionale Abdullah Abdullah e l'ex presidente Hamid Karzai - la formazione di un nuovo governo. Lo ha riferito ad Associated Press un funzionario al corrente dei colloqui, dietro garanzia di anonimato. Muttaqi è stato ministro dell'Istruzione superiore per il governo talebano caduto con l'arrivo degli Usa nel 2001 e ha avviato contatti con diversi leader politici afghani anche prima che il presidente Ashraf Ghani abbandonasse Kabul nel fine settimana. Secondo il funzionario, i colloqui in corso mirano a portare altri leader non talebani al governo, in base alla promessa di creare una nuova squadra governativa "inclusiva".

I talebani sostengono di essere cambiati. C'è qualcosa di vero? L'ex presidente Najibullah torturato e impiccato ad un lampione, uomini obbligati a farsi crescere la barba, donne a indossare il burqa, le scuole femminili chiuse. Questo accadde a partire dal settembre del 1996, quando i talebani imposero il loro regime in Afghanistan. Ora che gli 'studenti coranici' hanno ripreso il controllo di tutto il territorio, non è semplice figurarsi cosa accadrà in Afghanistan, anche se alcuni analisti ritengono che, rispetto a tre decenni fa, i leader talebani abbiano ampliato i loro orizzonti, durante i lunghi periodi trascorsi nel Pakistan e nei Paesi del Golfo Persico.

La foto simbolo della fuga da Kabul: in 640 accalcati dentro il cargo Usa

Come si viveva nell'Afghanistan dei Talebani 1996-2001

Fino al 2001, prima dell'attacco di Stati Uniti e alleati che portò alla loro temporanea capitolazione, i talebani imposero su tutto il territorio una stretta interpretazione della sharia, la legge islamica. Ciò si tradusse, ricorda oggi il Washington Post, "in una nazione profondamente violenta, repressiva e instabile che accolse terroristi transnazionali". Nel 1996, dopo aver conquistato Kabul, i talebani dispiegarono squadre di "polizia morale" agli ordini dell'agenzia per la Promozione della virtù e l'eliminazione del vizio. Le donne che uscivano di casa non accompagnate da uomini venivano picchiate per strada. Il gioco del calcio e la musica vennero banditi. Lo stadio di Kabul venne usato per le esecuzioni pubbliche. Era illegale portare la barba troppo corta o radersi del tutto, mentre era severamente punito il tagliare i capelli alla moda "occidentale". I ministri, il governatore della Banca centrale, erano ex comandanti militari o venivano dalla madrassa, le scuole coraniche.

Le immagini, di qualsiasi tipo, erano vietate, ma dal paese spesso filtravano sui media internazionali foto e video drammatiche: una madre afghana giustiziata a colpi d'arma da fuoco fra i pali della porta dello stadio, bambini che morivano di malattie curabili in ospedali pediatrici abbandonati, le grandi statue di Buddah a Bamiyan distrutte perché ritenute idolatre.

In queste ultime settimane in alcune regioni controllate dai talebani è già tornato, nei fatti, senza bisogno di ordinanze o nuove norme ufficiali, l’obbligo del burqa insieme ad altri divieti in nome della legge islamica: le donne devono essere interamente coperte, compresi i guanti neri e il velo sul viso. 

Il governo talebano di allora fece qualche tentativo di accreditarsi internazionalmente, mandando un inviato all'Onu. Il Mullah Omar scrisse anche agli Stati uniti offrendo buoni rapporti diplomatici. Ma il regime rimase sostanzialmente isolato.

Adesso che succederà? Torneremo al passato? E' possibile, ma non è detto che sarà un ritorno "tale e quale", secondo alcuni dei più profondi conoscitori dell'Afghanistan: "I talebani post 2001 hanno provato di essere diventati un'organizzazione più politica, capace di imparare, più aperta all'influenza di fattori esterni", ha scritto Thomas Ruttig in un'analisi per il Combating Terrorism Center di West Point. "Molti leader talebani hanno trascorso più di un decennio in Pakistan o nel Golfo, ciò ha enormemente ampliato i loro orizzonti rispetto ai loro trascorsi provinciali nel sud dell'Afghanistan", notavano già nel 2016 Borhan Osman e Anand Gopal nel saggio "Taliban Views on a Future State."

La ricerca di legittimazione da Cina e Russia

I talebani sono desiderosi di non ripetere gli errori del passato. Nelle settimane che hanno preceduto la vittoria a Kabul, hanno cercato alleati e rassicurato gli avversari del passato, inviando delegazioni di alto livello in Russia, Cina e Iran "nella speranza di ottenere legittimità, se non addirittura sostegno, da potenti attori regionali" spiega a NPR (National Public Radio, un'organizzazione indipendente no-profit comprendente oltre 900 stazioni radio statunitensi) Laurel Miller, Asia program director per l'International Crisis Group.

I talebani "sono stati molto ansiosi di mostrare pubblicamente la loro accettazione da parte di qualsiasi governo nel mondo", spiega Miller. L'anno scorso Baradar si è seduto di fronte all'allora Segretario di Stato americano Mike Pompeo per discutere un accordo di pace tra i talebani e il governo afghano. Nonostante vedesse Washington come il nemico, Baradar, un co-fondatore dei talebani, ha ottenuto un palcoscenico mondiale per rafforzare la posizione del movimento.

La foto del 28 luglio che ritrae il ministro degli Esteri cinese Wang Yi a fianco del mullah Abdul Ghani Baradar, capo politico dei talebani afghani, a Tianjin, in Cina, ha fatto il giro del mondo. Il mullah è stato accolto con tutti gli onori del caso.

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Per la Cina, che non si è mai impegnata militarmente nel pantano afghano ma è sempre stata attratta dalle risorse del Paese, il "ritiro frettoloso delle truppe Usa ha avuto un grave impatto negativo sulla situazione in Afghanistan": lo si legge in una nota ufficiale odierna del ministero degli esteri di Pechino, nella quale si ribadisce che è difficile "raggiungere gli obiettivi applicando in modo meccanico modelli  stranieri a Paesi con una storia, una cultura e condizioni nazionali completamente diverse".

La Cina è "disposta comunicare e dialogare" con gli Usa per promuovere una "transizione graduale" in Afghanistan, evitare una "nuova guerra civile o una catastrofe umanitaria" e che il Paese diventi un rifugio sicuro per il terrorismo, si legge nella nota diffusa stamani dal ministero degli Esteri che riferisce del colloquio di ieri tra il ministro Wang Yi e il segretario di Stato Usa, Antony Blinken. L'Afghanistan, secondo la Cina, andrebbe spinto verso la creazione di un "sistema politico aperto e inclusivo in linea con le condizioni nazionali dell'Afghanistan". "Risolvere i problemi con la potenza e i mezzi militari non farà che aumentare i problemi. Le lezioni in merito meritano una seria riflessione".

Pechino avrebbe già promesso grandi investimenti in progetti energetici e infrastrutturali, inclusa la costruzione di una nuova rete stradale in Afghanistan.

Ma non c'è solo la Cina nel piano diplomatico dei taliban. In precedenza, una delegazione talebana aveva visitato anche la Russia. La preoccupazione del Cremlino è la sicurezza degli stati dell'Asia centrale lungo il suo confine meridionale, secondo Husain Haqqani, ex ambasciatore pakistano negli Stati Uniti dal 2008 al 2011. A Mosca i talebani hanno offerto ampie rassicurazioni.

"La Russia, la Cina e l'Iran negli ultimi anni si sono interessate all'Afghanistan solo per assicurarsi che gli americani se ne andassero imbarazzati", ha detto alle radio pubbliche statunitensi Haqqani, direttore per l'Asia meridionale e centrale presso l'Hudson Institute. La Russia teme che i talebani incoraggino la mobilitazione di gruppi estremisti in Asia centrale e la Cina vuole assicurarsi che l'Afghanistan non diventi una base per i separatisti uiguri dalla regione cinese dello Xinjiang.

Ma i Talebani guardano soprattutto al Pakistan. Un maggiore riconoscimento internazionale permetterebbe loro di dipendere in futuro sempre meno dal Pakistan. Averlo come alleato "è meno importante per i talebani ora di quanto non lo fosse negli anni '90, quando pochissimi governi lo riconoscevano", ha spiegato a NPR Madiha Afzal, esperto della Brookings Institution. Il Pakistan è desideroso di evitare una guerra civile in Afghanistan che potrebbe innescare il tipo di deflusso di rifugiati che in passato ha destabilizzato la sua regione di confine occidentale, e deve al contempo fare i conti con i talebani pakistani, anche se i loro attacchi sul suolo nazionale sono diminuiti negli ultimi anni.

Ma la geopolitica è una cosa, la realtà quotidiana un'altra

Ma la geopolitica è una cosa, la realtà quotidiana un'altra. Nel Paese, le aree in cui i talebani avevano preso il controllo già prima della caduta di Kabul 48 ore fa hanno subito un ritorno al passato: "Stanno picchiando le donne. Stanno chiudendo le scuole. Stanno facendo esplodere le cliniche e stanno facendo esplodere le infrastrutture", ha fatto sapere Haqqani. Non è dato sapere poi se e quanto le decine di milizie talebane sul territorio condividano le posizioni espresse pubblicamente dalle delegazioni che hanno incontrato i diplomatici di Cina e Russia.

Alcune di queste milizie hanno informalmente distribuito volantini in alcune aree che controllano, ricordando molte delle rigide regole imposte dal precedente regime talebano.

Che le cose non siano cambiate, nei fatti, lo dimostrerebbe anche l'esecuzione del comico afghano Nazar Mohammad Khasha, a luglio scorso. La sua morte ha suscitato una rabbia diffusa. "Sembra che le forze talebane lo abbiano giustiziato perché prendeva in giro i leader talebani", ha detto in una dichiarazione Patricia Gossman, direttore associato per l'Asia di Human Rights Watch . "Il suo omicidio e altri recenti abusi dimostrano la volontà dei comandanti talebani di reprimere con la violenza anche le critiche più banali".

Mohammad non era un personaggio televisivo noto, ma pubblicava le sue routine su TikTok. Era noto per le battute crude, le canzoni divertenti, il prendere in giro se stesso e tutti coloro che lo circondavano. Il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid ha riconosciuto che i due uomini che hanno ucciso il comico erano talebani, ma ha sostenuto che non vi era alcun ordine di ucciderlo e che avrebbero dovuto "solo" arrestare il comico e portarlo davanti a un tribunale talebano.

La lezione appresa dai talebani in quel quinquennio di feroce governo a Kabul a fine anni '90 è però soprattutto una: è impossibile gestire un Paese così grande e povero, se ostracizzato dalla comunità internazionale. Più "presentabili" nei meeting internazionali forse, ma non si vedono cambiamenti di sorta in nessuna delle loro convinzioni fondamentali: una legge islamica rigorosa e senza compromessi di alcun tipo aleggia sul Paese. Forse la vecchia generazione degli "studenti coranici", i sopravvissuti degli anni '90, è più colta di allora. Basta questo per sperare in un cambiamento reale tra i talebani? Difficile.

Nulla fa ritenere con qualche grado di certezza, oggi, che i nuovi comandanti più giovani siano meno radicali di coloro che a metà anni novanta sconvolsero l'Afghanistan, e il mondo intero.

Qualche segnale di "apertura" (tra mille virgolette) c'è. Oggi i talebani hanno chiesto alle donne di mantenere le loro funzioni e riprendere qualsiasi ruolo ufficiale sotto il loro nuovo governo. Per Associated Press, Enamullah Samangani, membro della commissione culturale dei talebani, ha dichiarato che "l'Emirato islamico non vuole che le donne siano vittime... Dovrebbero essere nella struttura del governo secondo la legge della Sharia", aggiungendo che "la struttura del governo non è del tutto chiara, ma in base all'esperienza, dovrebbe esserci una leadership completamente islamica e tutte le parti dovrebbero partecipare". La tv Tolo News riferisce che le conduttrici sono tornate al lavoro. Il direttore Miraqa Popal in un tweet annuncia il ritorno delle donne in tv e posta la foto di una giornalista in video che sta intervistando un portavoce dei talebani e altre immagini dalla riunione di redazione a cui partecipa una donna.

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