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Venerdì, 19 Aprile 2024
La difficoltà dei talebani / Afghanistan

Terremoto in Afghanistan, gli aiuti umanitari non arrivano

La macchina degli aiuti è in affanno. A distanza di tre giorni dal violento sisma, il governo dei talebani viene messo di fronte alla consapevolezza di essere carente di risorse per sostenere un’emergenza di tale portata

L’Afghanistan si trova di nuovo a fare i conti con un terribile terremoto. Il paese medio-orientale non è nuovo a eventi sismici, ma quello che ha colpito l’Afghanistan orientale nella notte tra il 21 e il 22 giugno scorso ha messo in risalto quanto il paese, ormai nelle mani dei talebani, sia solo.

Un sisma di tale violenza, che ha colpito le province orientali afghane di Paktika e di Khost, al confine con il Pakistan, non si vedeva da almeno due decenni. La scossa di magnitudo 6.1 ha causato almeno mille morti – tra cui almeno 120 bambini - e oltre 1500 feriti, distruggendo gran parte delle abitazioni e degli ospedali di un’area che dista 170km dalla capitale Kabul.

La macchina degli aiuti è in affanno. A distanza di tre giorni dal violento terremoto, il governo dei talebani viene messo di fronte alla consapevolezza di essere carente di risorse per sostenere un’emergenza di tale portata. Mancano le coperte, le tende, l’acqua corrente e il cibo: la morfologia del paese e della zona colpita dal sisma non facilita l’arrivo dei soccorsi e dei rifornimenti agli sfollati, costretti a fare i conti con le piogge e le gelide temperature anomale di questa stagione.

Ma manca lo staff adeguatamente formato e non c’è nemmeno un sistema sanitario forte, perché la corruzione dilagante ha diluito la pioggia di denaro che ha investito negli anni il paese, sostenuto economicamente dalle forze occidentali.

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La macchina degli aiuti (esterni)

Valutato l’entità del danno, il primo ministro, Mullah Mohammad Hassan Akhund, ha annunciato che sono stati stanziati 1,13 milioni di dollari per aiutare le famiglie colpite dal sisma. Nel frattempo, il leader supremo del governo talebano, Haibatullah Akhundzada, ha lanciato una rari appello alla solidarietà ai paesi stranieri.

India e Iran hanno inviato tende, coperte e altri aiuti da distribuire nei villaggi colpiti dal sisma, dove migliaia di case in legno e pietra sono state ridotte in macerie. Giappone, Corea del Sud ed Emirati Arabi hanno dichiarato di voler inviare aiuti umanitari, ma non è stato avviato ancora alcun piano di sostegno. Anche Germania, Norvegia e molti altri paesi si sono dimostrati solidali nei confronti del popolo afgano, ma sono intenzionati a fornire assistenza umanitaria solo attraverso le agenzie delle Nazioni Unite, rifiutando una cooperazione con il governo talebano non riconosciuto ufficialmente.

Taiwan, che non è un membro delle Nazioni Unite a causa della pressione della Cina, ha devoluto un milione di dollari, ma ha precisato che non invierà squadre di ricerca e di soccorso nel paese. Pechino, che fa affari con il governo degli “studenti del Corano”, si è detto pronta a inviare i primi aiuti in breve tempo. Nelle immediate vicinanze, il Pakistan, oltre all’Iran e India, è stato uno dei pochi a inviare aiuti concreti: tende, medicinali, coperte.

Fuori dai radar dei paesi che tendono una mano a Kabul ci sono gli Stati Uniti. Con la conquista del potere da parte dei talebani l'anno scorso - arrivata mentre le truppe a stelle e strisce si preparavano a lasciare il paese dopo 20 anni - l'amministrazione Biden ha congelato circa 7 miliardi di dollari di fondi della Banca Centrale Afghana che erano depositati nelle banche americane ed europee. Una misura che ha posto un freno ai tentativi dei talebani di coprire le spese civili, sanitarie e commerciali e di sostenere una popolazione dilaniata dalla carestia e da decenni di guerra.

L’inquilino della Casa Bianca non è però rimasto impassibile di fronte alla tragedia che ha colpito l’Afghanistan e ha sollecitato un intervento repentino dell’agenzia per la Cooperazione internazionale, Usaid. Bruxelles, invece, ha consegnato una prima tranche di un milione di euro di aiuti per 270 mila persone nella zona colpita dal sisma.

Un paese in difficoltà

Il terremoto è l’ennesimo banco di prova per il governo talebano, che è già alle prese con una crisi umanitaria ed economica. Il sistema bancario è in gran parte crollato sotto il peso delle sanzioni internazionali e gli aiuti esteri che sostenevano i servizi pubblici sotto il precedente governo sono ormai svaniti.

Secondo il Programma alimentare mondiale, circa la metà dei 39 milioni di afghani vive sotto la soglia di povertà. Il tasso di povertà sta esplodendo e l'Onu stima che entro la fine dell'anno potrebbe raggiungere il 97 per cento, con già l'82 per cento delle famiglie indebitate. L'economia afgana si è contratta del 30-40 per cento da agosto 2021 e la disoccupazione potrebbe arrivare al 40 per cento quest'anno, contro il 13 per cento nel 2021.

"Se l'economia non sarà in grado di riprendersi e crescere in modo significativo e sostenibile, il popolo afgano dovrà affrontare ripetute crisi umanitarie, che potrebbero innescare migrazioni di massa e creare condizioni favorevoli alla radicalizzazione e a un nuovo conflitto armato", ha avvertito il coordinatore umanitario e capo della missione Onu in Afghanistan, Ramiz Alakbarov, che ieri ha dichiarato che sono già stati stanziati 15 milioni di dollari per affrontare la crisi e aiutare gli sfollati.

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