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Venerdì, 29 Marzo 2024
L'intervista / Siria

"Azzerati anni di ricostruzione": il terremoto ad Aleppo dopo 12 anni di guerra civile

Il sisma è una nuova emergenza per 1,5 milioni di profughi. "Adesso la priorità è dare loro un riparo e del cibo", dice a Today.it Giacomo Pizzi, volontario dell'organizzazione no profit Pro Terra Sancta ad Aleppo per seguire alcune iniziative in aiuto della popolazione siriana

"Il futuro? Pensiamo a oggi, a dare cibo e riparo a chi non ha più una casa per il terremoto. Pensiamo ad aiutare chi viene da anni di guerra e ora si è trovato al freddo e al buio in strada mentre tutto crollava. Adesso che sentiamo ancora la terra tremare, adesso che tremiamo noi, dobbiamo capire la misura di ciò che successo e pensare alle esigenze immediate. Ai progetti già avviati o a quelli in cantiere, dobbiamo, per forza pensare in un secondo momento. Il resto viene dopo. Adesso c'è l'emergenza, che si somma all'emergenza di un conflitto iniziato dodici anni fa". Parla così a Today.it Giacomo Pizzi, volontario dell'organizzazione no profit Pro Terra Sancta ad Aleppo per seguire alcune iniziative in aiuto della popolazione siriana. Nella notte tra domenica e lunedì quando la terra ha iniziato a tremare lui era ospite di un convento della Custodia Terra Santa.  

Giacomo Pizzi ad Aleppo

Il terremoto del 6 febbraio non è solo uno dei più forti ma anche uno dei più grandi degli ultimi decenni per dimensioni dell'area colpita. Solo la città di Gaziantep, capoluogo di una delle due province più colpite, conta due milioni di abitanti. Nelle zone terremotate vivono 1,5 milioni di profughi siriani. Il terremoto è un'emergenza nell'emergenza. "Le persone - racconta Pizzi - vengono da noi al convento perché cercano riparo. Le famiglie che assistiamo non hanno avuto danni fisici e non hanno subito perdite umane ma ci raccontano che le loro case sono molto danneggiate. Chi dopo la scossa più forte è tornato a casa ci dice che può vedere la strada dalle crepe aperte sulle pareti. Il terremoto è arrivato a pochi giorni dal dodicesimo anniversario della guerra. Quasi un segno di una tragedia che pare non finire". 

Un altro problema è il meteo. "Col terremoto - dice Pizzi - è andata via la luce e c'è freddo, pioveva e c'era nevischio. Qui al convento la struttura è più stabile e abbiamo la luce. Per questo vengono da noi. Poi siano un punto di riferimento. Dopo così tanti anni di guerra i siriani si sentono proprio dimenticati e la nostra presenza è un supporto già in condizioni 'normali'. Ancora di più adesso".

Il terremoto ha come fermato il tempo. O, peggio, lo ha portato indietro. "Per me la situazione è tutta in un'immagine - racconta Pizzi -. C'era una tettoia nei pressi del convento. L'abbiamo realizzata in uno spazio comune ed è stata frutto di un lavoro lungo, dalla raccolta fondi alla costruzione in sé. Ecco, ora sopra ci sono macerie. Pietre e detriti su un lavoro che ha richiesto tempo. Ripartiremo. Ne sono certo, ma è presto per dire come". Nella sua voce la determinazione di chi è abituato ad agire in contesti difficili, ma anche l'amarezza per un tragedia che colpisce un territorio e una popolazione già alle corde. "Ragioniamo sul presente. Accogliamo chi possiamo. Pensiamo alla notte, a dare un tetto agli sfollati. Le autorità ci hanno chiesto di potenziare il servizio mensa che già offriamo con 500 pasti in più e lo faremo. Per il resto non sappiamo cosa sarà". 

"Tutto è successo in pochi secondi - racconta Pizzi - ma che nella mia percezione sono durati un'eternità. Ho avuto il tempo di accendere la luce, capire cosa stava accadendo, afferrare il telefono e scendere. Io e i due frati che dormono qui abbiamo visto parte del campanile crollare. Davanti ai nostri occhi. In pochi minuti poi è arrivata al convento la popolazione che cercava aiuto e riparo". Pizzi sta bene, lo raggiungiamo al telefono quando ad Aleppo è pomeriggio. "Siamo tutti svegli da ore, ma nessuno vuole mettersi a letto e riposare. Le scosse ci sono ancora. L'ultima è stata piuttosto forte".

Fare una conta dei danni è prematuro. Sappiamo che i morti sono oltre 1.500 ma dare la misura della devastazione è ancora impossibile. "Ad Aleppo Est la situazione è ancora peggiore - racconta Pizzi -. In quella parte del territorio, molte cose erano già semidistrutte dai bombardamenti eppure la gente le abitava lo stesso. Adesso è facile immaginare cosa sia potuto accadere. Avremmo voluto fare un sopralluogo dove abbiamo altre strutture ma ci è stato detto di non muoverci, perché ci sono ancora scosse e perché spostarsi è pericoloso. Ad Aleppo est abbiamo tre centri diurni per bambini, seguiamo gli orfani di guerra o chi ha situazioni difficili. Sappiamo che ci sono stati danni e temiamo che uno possa essere crollato".

In questa tragedia nella tragedia dall'estero, Italia in primis, è arrivata la solidarietà alla popolazione. "Quello che servirebbe - dice Pizzi - è se non sospendere, almeno allentare le sanzioni alla Siria Non colpiscono più la classe politica, ma la popolazione. Adesso si deve facilitare l'arrivo degli aiuti umanitari di cui abbiamo estremo bisogno".

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