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Sabato, 20 Aprile 2024
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Il terremoto dopo 12 anni di guerra: che succede tra Turchia e Siria

Un incubo logistico per i soccorritori, un inferno in terra per chi si trova a dovere vivere in case già danneggiate dalla guerra che rischiano di andare incontro a rovinosi crolli al prossimo sisma. Perché i terremoti dopo la scossa di magnitudo 7.8 continueranno per settimane

Le case semidistrutte da oltre un decennio di guerra erano comunque una casa. Villaggi diventati città lungo il confine più caldo del Medio Oriente. La potente sequenza sismica che ha sconvolto la penisola Anatolica tra Turchia e Siria unisce due mondi separati da un confine invalicabile, militarizzato, ma comunque estremamente simili tra loro. Da una parte c'è la provincia del sultano di Ankara, Recep Erdogan, dall'altra il nord della Siria mai pacificato a quasi dodici anni dallo scoppio della guerra civile tra i ribelli anti Assad e il regime di Damasco. Due mondi diversi ma così simili in costruzioni di cemento armato senza alcun criterio antisismico nonostante si trovino in una delle zone più sismicamente attive del Medioriente, all'incrocio tra la placca araba, africana e anatolica.

Terremoto in Turchia e Siria: più di 2.300 morti, tutti gli aggiornamenti

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Se infatti i moderni palazzi di Istanbul sono ora costruiti con rigidi criteri per resistere alle scosse di terremoto che ciclicamente colpiscono la Turchia, nell'Est del paese ancora il progresso è ancora lontano dall'essere realtà. Oltre confine in Siria si entra in un territorio diviso in quattro aree che non comunicano fra loro: una è sotto il controllo del regime, una seconda con tre milioni e mezzo di abitanti e "capitale" Idlib è sotto gli ultimi gruppi ribelli islamisti, una terza è di fatto sotto il controllo della Turchia e infine una quarta appartiene ai curdi.

L'area in mano ai gruppi ribelli dipende dagli aiuti dall'estero ed è diventata il rifugio di più due milioni di sfollati, siriani che abitavano nelle altre parti del Paese tornati nelle mani del regime del presidente Assad. Qui il network del terrore islamista ha coccolato gli ultimi califfi dello Stato Isamico. E il caos è totale. Oltre il confine militarizzato e un muro di cemento lungo centinaia di chilometri c'è la Turchia. Dall'altra parte di un confine in cui risuonano ancora le armi da fuoco c'è la città di Aleppo, tornata in mano al regime del presidente Assad dal 2016 dopo anni di assedio e grazie all'aiuto dei russi che sulla costa a Latakia e Tartous hanno mantenuto un presidio militare strategico.

L'intervista: "Azzerati anni di ricostruzione", il terremoto ad Aleppo dopo 12 anni di guerra civile

Un incubo logistico per i soccorritori, un inferno in terra per chi si trova a dovere vivere in case già danneggiate dalla guerra che rischiano di andare incontro a rovinosi crolli al prossimo sisma. Perché i terremoti continueranno per settimane. 

"Adesso c'è l'emergenza, che si somma all'emergenza di un conflitto iniziato dodici anni fa". Parla così a Today.it Giacomo Pizzi, volontario dell'organizzazione no profit Pro Terra Sancta ad Aleppo per seguire alcune iniziative in aiuto della popolazione siriana. Nella notte tra domenica e lunedì quando la terra ha iniziato a tremare lui era ospite di un convento della Custodia Terra Santa. Un altro problema è il meteo. "Col terremoto - dice Pizzi - è andata via la luce e c'è freddo, pioveva e c'era nevischio. Dopo così tanti anni di guerra i siriani si sentono proprio dimenticati e la nostra presenza è un supporto già in condizioni 'normali'. Ancora di più adesso".

Perché non possiamo prevedere terremoti catastrofici come quello in Turchia

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