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Mercoledì, 24 Aprile 2024
La terra trema / Turchia

La Turchia ora teme il "big one", gli esperti: "Il peggio deve ancora arrivare"

Il sisma che ha colpito il sud est del Paese e la Siria potrebbe essere il preambolo di un terremoto ancora più devastante con epicentro Instanbul: "Ci sarà, ma nessuno sa quando"

All'indomani della sequenza di terremoti che ha provocato migliaia di morti tra la Turchia e la Siria, gli esperti lanciano l'allarme su quello che sta avvenendo nel sottosuolo turco e che presto potrebbe scatenare un sisma ancora più devastante, con epicentro la regione di Istanbul. Lo hanno ribattezzato il "big one", dal nome dato al terremoto apocalittico con cui la California teme di dover fare i conti prima o poi. E come per lo Stato americano, anche nel caso della Turchia i sismologi concordano sul fatto che il maxi terremoto è un dato di fatto: "Può succedere domani o tra cinquant'anni", dice Michel Van Camp, capo dell'Osservatorio reale del Belgio. Ma ci sarà. E se avvenisse domani, l'altra certezza è che il Paese non è preparato.

Il sottosuolo che si muove

Sotto la Turchia c'è una delle zone sismiche più attive al mondo poiché il Paese "si trova al confine tra diverse placche tettoniche", spiega Van Camp su Le Soir. “C'è la placca araba nel sud, qualla eurasiatica nel nord e quella anatolica nel mezzo. La stragrande maggioranza della Turchia si trova sulla placca anatolica, che può essere paragonata a un seme di melone infilato tra due dita. Un dito sarebbe la placca araba e l'altro quella euroasiatica. Questo 'seme' tende a scivolare verso ovest, quindi verso la Grecia. Ciò rende tutta questa piccola area sismicamente molto attiva, con la placca anatolica orientale che delimita parte della Turchia meridionale e che ha vibrato lunedì". 

Il terremoto di lunedì ha provocato una spaccatura per oltre 200 chilometri. Un fenomeno impressionante per i non esperti, ma che secondo il sismologo belga non è eccezionale: "In questo posto, c'è un terremoto al secolo", dice. “Nella faglia anatolica settentrionale, che si estende dal confine iracheno a Istanbul, se ne verificano diversi ogni secolo". L'ultimo risale al 17 agosto 1999, e ha causato la morte di 17mila persone, di cui mille solo a Istanbul: finora, è il più devastante della storia recente del Paese, davanti a quello di lunedì. Ma prima o poi, il primato di magnitudo del sisma del 1999 sarà superato, e forse non di poco.

Il "big one"

“Sappiamo benissimo che lungo le due faglie in Turchia c'è una deformazione di due centimetri all'anno - continua Van Camp - Se a un certo punto non si ferma, finisce con un terremoto. Questo è quello che è successo lunedì perché in quella zona non c'era distensione da un secolo. Anche a Istanbul si accumula un deficit da diversi decenni". Un accumulo che porterà al "big one". Nel 2020, le autorità Instanbul hanno pubblicato un rapporto in cui segnalano che il 70% della popolazione del Paese vive in una zona sismica, mentre il 66% del suo territorio è su faglie attive. Negli ultimi 120 anni in Turchia sono stati registrati 18 terremoti di magnitudo 7 o superiore. Date queste premesse, il rapporto ha previsto che il "big one" arriverà entro trent'anni. La speranza è che questo disastro naturale avvenga il più tardi possibile, dando il tempo alla Turchia di prepararsi per ridurre il più possibile vittime e danni. Soprattutto a Istanbul.

Istanbul non è preparata

Attualmente Istanbul conta circa 16 milioni di abitanti e quasi 1,2 milioni di edifici, di cui 376mila costruiti tra il 2000 e il 2019. Il rapporto stima che se in città si verificasse un terremoto di magnitudo 7,5, 48mila edifici verrebbero demoliti o gravemente danneggiati e altri 194mila verrebbero danneggiati in modo moderato, mentre il 30% delle strade sarebbe bloccato. Ancora più preoccupante, secondo un sondaggio del 2018 condotto su tutti i quartieri di Istanbul, il 46% dei residenti della città afferma di non aver adottato misure preventive contro i terremoti. 

Per questo, gli autori del rapporto ritengono che la priorità debba essere data al "rafforzamento o rinnovo delle infrastrutture vulnerabili, che potrebbero essere danneggiate in caso di terremoto". Deplora quindi che "la trasformazione urbana e la cosiddetta legge 'catastrofe' siano state invece utilizzate non per rafforzare le regioni ad alto rischio sismico, ma al contrario per aprirle alla costruzione a causa del loro alto valore fondiario e con l'obiettivo di per ottenere maggiori entrate. Pertanto, il rapporto chiede l'attuazione di un programma di miglioramento urbano che dia priorità alla "vita piuttosto che al reddito". Prevede la creazione di alloggi temporanei e ospedali mobili, nonché l'educazione dei cittadini sui disastri, anche nelle scuole.

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