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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Il ritorno

Sul treno per Kyiv, con gli ucraini che lasciano l'Italia

Chi torna per sempre, chi solo per qualche giorno: così è stata risolta l'emergenza profughi. E un simpatico cane anti-esplosivo vigila sul nostro viaggio notturno

Sul retro della stazione ferroviaria di Przemysl, nella Galizia polacca, c'è ancora la coda, come un anno fa. Ma, intorno alle undici di sera, non è più quella dei profughi appena usciti dall'Ucraina, scappati dalla guerra, che cercano un ristoro caldo, qualche vestito di ricambio, peluches per i bambini e parole di conforto da volontari arrivati da tutt'Europa. È invece una coda composta e silenziosa, davanti ai funzionari che controllano il loro passaporto: sono tutti ucraini che tornano indietro, a casa, anche se per molti la casa non esiste più. Saliranno sul treno notturno che, toccando Leopoli, Ternopil e Vinnytsia, arriverà a Kyiv domani mattina.

C'è ancora la guerra, ma non c'è più un'emergenza umanitaria da raccontare a Przemysl, la città a pochi chilometri dalla frontiera con l'Ucraina. Nel 2022, era diventata il primo e più grande avamposto della fuga dai missili: con centri commerciali trasformati in campi di rifugio che si riempivano a vista d'occhio dal giorno prima al giorno dopo, e i pullman che andavano e venivano, arrivavano dal resto d'Europa con gli aiuti umanitari e ripartivano con i profughi. E poi i tanti volontari che si occupavano di tradurre, preparare cibo e bevande calde, distribuire qualche vestito.

Il treno per Kyiv alla stazione di Przemysl in Polonia (foto Massimiliano Melley)

L'atrio della stazione di Przemysl, dove si ammassava la folla di profughi, adesso è deserto. Dell'emergenza dell'anno scorso rimane ancora il punto informativo dedicato agli ucraini. Ma, alle undici di sera, i volontari non hanno un gran daffare. La coda per i passaporti, sul retro della stazione, è ridotta a qualche centinaio di persone in attesa del treno per Kyiv. Il tempo di rapidi controlli e tutti salgono a bordo.

La coda al controllo passaporti prima della partenza (foto Massimiliano Melley)

Chi torna per sempre, chi torna per un po', chi va e viene per lavoro. Del resto, già nel 2022 persino i profughi avevano cominciato a tornare. La nostalgia della propria casa (se c'è, se è intatta, e magari anche se non c'è più). E le visite periodiche di chi era già in Italia o in Germania da parecchi anni, rimandate a causa della guerra, si fanno ora più urgenti che mai. 

Patron, il cane-eroe a caccia di mine

Ci mettiamo in coda insieme a loro. Siamo quelli che si siedono sui bagagli, fumano e parlano al telefono. Il treno è già pronto al binario 5. Si parte con mezz'ora di ritardo. In breve arriva alla frontiera, dove salgono i militari ucraini. Passano per le carrozze accompagnati da un Jack Russell terrier, il cane che deve annusare l'eventuale presenza di esplosivi, ma si sofferma simpaticamente anche sul panino che un collega morde per scacciare la fame. È identico a Patron, il Jack Russell di quasi quattro anni che, a marzo 2022, iniziò a neutralizzare mine inesplose a Chernihiv e diventò una celebrità nazionale, quando il servizio di emergenza statale postò un suo video su Facebook.

Il punto informazioni per i profughi senza più code (foto Massimiliano Melley)

Il gruppo partito dall'Italia, con cui viaggio, è sparpagliato nei posti ancora liberi in prima classe. Posti a sedere, senza cuccette, per attraversare la notte e mezza Ucraina. La ragazza vicino a me fa poca strada, scende a Leopoli e augura a tutti noi intorno un buon proseguimento. Un'altra, Olga, è seduta davanti e sul tavolino ha sparpagliato caffè, acqua, un succo, le cuffiette. Alzandomi scopro che sta disegnando e colorando sul tablet. Si accorge della mia curiosità e mi affretto a dirle che sono un giornalista. Come se questo mi giustificasse. “Grazie”, risponde lei.

E all'alba salgono a bordo i pendolari

Anche ad agosto ci ringraziavano. In Ucraina è molto sentita l'importanza dell'attenzione che il resto del mondo rivolge alla loro resistenza contro l'invasione russa. Poi, in perfetto inglese, mi spiega che è un'illustratrice. Vive a Kyiv e ogni tanto fa la spola con la Polonia per ragioni familiari. Immagino che abbia parenti rifugiati, ma non me la sento d'indagare oltre. Lavora con i libri e i film: quel ritratto di donna, di cui stava decidendo i colori, dovrebbe servire appunto a una sceneggiatura. Dovrebbe, perché dopo qualche ora mi accorgo di non avere colto tutti i dettagli del racconto. Lavora di notte, sul treno. E un po' cerca di dormire.

L'arrivo alla stazione di Kyiv (foto Massimiliano Melley)

I militari ucraini scendono a Leopoli, dopo i controlli. Il treno continua a scorrere, a notte fonda, nella campagna ucraina, e quando sorge l'alba si possono vedere i boschi, i villaggi e le colline. La guerra ha devastato anche l'ecosistema, tanto che si parla di ecocidio, di boschi che bruciano, di campi incendiati apposta. Sono le sette di mattina quando il convoglio arriva a Vinnytsia, e stavolta salgono i pendolari per Kyiv. Zaini di studenti, tailleur da ufficio, tablet. La ragazza che paga il caffè a bordo con Apple Pay ci ricorda che gli ucraini sono uno dei popoli più digitali al mondo. Hanno fatto alla svelta e da soli, durante il covid, e ora hanno i documenti caricati sullo smartphone. Se, con la stessa velocità, ricostruiranno l'Ucraina, un nuovo Paese all'avanguardia risorgerà in Europa.

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