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Sabato, 9 Dicembre 2023
L'analisi / Russia

Cosa cambia in Ucraina dopo il discorso di Putin

In un intervento durato circa 15 minuti, oltre alla retorica, Putin non ha annunciato la mobilitazione generale, né la vittoria

Eroismo sovietico e orgoglio nazionale. L’atteso discorso del presidente russo Vladimir Putin, in occasione del 77esimo anniversario della vittoria russa sulla Germania nazista nel 1945, esprime il sentimento di un leader che ormai si sente accerchiato da quella che definisce la “minaccia” Nato ai confini della Federazione Russa. A oltre 70 giorni dall’inizio delle ostilità in Ucraina, il presidente Putin continua la sua offensiva proposta ai suoi cittadini come un’ ‘operazione militare speciale’ per “denazificare” il Paese confinante.

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In un intervento durato circa 15 minuti, oltre alla retorica, Putin non ha annunciato la mobilitazione generale, né la vittoria. E, negando le valutazioni degli analisti, non ha nemmeno dichiarato guerra totale all’Ucraina. Segno, forse, di come le aspettative del leader russo siano state tradite dalle difficoltà che le truppe del Cremlino stanno incontrando in Ucraina. Nel suo discorso, il leader del Cremlino ha giustificato l'invasione russa dell'Ucraina, dicendo che la Nato e l'Ucraina stavano creando minacce "inaccettabili" ai confini della Russia. Putin ha poi sottolineato l’esigenza tempestiva e necessaria di lanciare l'"operazione militare speciale" per difendersi dalle intimidazioni occidentali, promuovendola come una “giusta decisione” per un Paese indipendente, forte e sovrano, come è la Federazione Russa.

Il leader russo non ha nemmeno rinnovato le sue implicite minacce di una guerra nucleare, abbandonando la retorica del mese scorso di lanciare “risposte fulminee” ai Paesi che "creano una minaccia strategica per la Russia".

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Un accordo di pace quindi sembra lontano. Mykhailo Podolyak, negoziatore capo di Kiev con Mosca intervistato dal Gr1, ha confermato che i negoziati sono in stallo. “Al momento – ha detto ai microfoni - continua solo l’attività dei gruppi di lavoro che si occupano di aspetti umanitari e che stanno coordinando, ad esempio, i corridoi umanitari, le evacuazioni e lo scambio dei prigionieri. Gli altri gruppi di lavoro si incontrano virtualmente solo in modo sporadico. Non ci sono le condizioni per un incontro tra i due presidenti. L’escalation generale della guerra contribuisce a renderlo impossibile”. È impensabile, quindi, che i leader russo e ucraino, Putin e Zelensky, si trovino faccia a faccia per discutere le condizioni per porre fine al conflitto.

Il culto della vittoria

Come un padre orgoglioso che guarda i suoi figli, dalla tribuna allestita presso il Mausoleo di Lenin Putin ha osservato con ammirazione i soldati che difendono l’onore della Russia. Dalla Piazza Rossa di Mosca il presidente russo ha ringraziato i soldati che nella regione contesa del Donbass stanno combattendo per la “pace e il futuro della madrepatria”. Il leader del Cremlino ha poi reso onore alle truppe degli eserciti alleati, gli americani, i britannici, i francesi, “oltre ai soldati della Cina e ai partigiani, a tutti coloro che hanno sconfitto il nazismo". Affermazioni che fanno il paio con quanto detto ieri, alla viglia della grande parata sulla Piazza Rossa, nel suo messaggio di auguri rivolto a tutti i Paesi dell'ex blocco sovietico, Ucraina compresa, e alle due Repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk: "Come nel 1945, la vittoria sarà nostra".

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Il 9 maggio, appuntamento laico nazionale, si celebra così il “Giorno della Vittoria” per ricordare il sacrificio dei soldati russi nella Seconda guerra mondiale contro il nazismo. Ma la giornata è gradualmente diventata il momento in cui Putin concede ampia manifestazione dell’identità russa. La declinazione antinazista, seppur evidente nel corso del ventennale mandato di Putin, ha riconosciuto un maggiore rinvigorimento da quando è stata lanciata la guerra in Ucraina. A metà marzo, l’intervento di Putin allo stadio Luzniki di Mosca è stato animato da slogan e striscioni che promuovevano l’idea di un “mondo senza fascismo”. Dalle ultime settimane, le divise dei soldati russi si sono colorate di nero e arancione del nastro di San Giorgio, che da simbolo della vittoria della Seconda guerra mondiale è diventato emblema della guerra in Ucraina.

Ma quello che Putin ha coltivano negli anni è il pobedobesie, neologismo dispregiativo che sintetizza la mania ossessiva della vittoria per il leader del Cremlino. Il fenomeno ha conosciuto un peggioramento negli ultimi anni, assumendo forme sempre più grottesche: le scuole hanno iniziato a inscenare spettacoli e parate in cui i bambini si travestono da soldati sovietici e la propaganda russa ha trovato una sicura dimora nei media nazionali e in quelli internazionali (leggi: intervista di Lavrov a Rete 4). Mentre le voci del governo di Putin si fanno spazio nella quotidianità dei cittadini russi, gli oppositori del Cremlino sono stati condannati dopo essere stati etichettati come nazisti, neonazisti o complici nazisti.

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La repressione e l’unica voce ammessa in Russia sono le espressioni della deriva autocratica del Paese sotto la guida di Putin. Ma il leader avverte: “Siamo un paese diverso. La Russia ha un carattere diverso. Non rinunceremo mai all'amore per la Patria, alla fede e ai valori tradizionali, ai costumi dei nostri antenati, al rispetto per tutti i popoli e le culture”. Gli ucraini, che vedono distrutto un intero paese dalle bombe russe da più di 70 giorni, la pensano evidentemente in modo diverso.

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