Gli Usa non condividono prove dei crimini russi per non essere processati a loro volta
Il Pentagono sta impedendo la diffusione di informazioni alla Corte penale internazionale dell'Aia per non creare un precedente che potrebbe aprire la strada a indagini sull'esercito statunitense
Gli Stati Uniti non hanno intenzione di condividere con la Corte penale internazionale dell'Aia le prove raccolte dalle agenzie di intelligence statunitensi sulle atrocità russe in Ucraina. Il Pentagono sta impedendo all'amministrazione di Joe Biden di farlo, per paura che si possa creare un precedente che potrebbe contribuire a spianare la strada al tribunale per perseguire gli americani. Lo afferma il New York Times che cita funzionari attuali ed ex informati sulla questione. Le prove includerebbero dettagli relativi a un'indagine che il procuratore capo del tribunale, Karim Khan, ha avviato dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia.
Secondo quanto riferito, le informazioni che il Segretario alla Difesa, Lloyd J. Austin III, sta bloccando includono materiale sulle decisioni dei funzionari russi di colpire deliberatamente le infrastrutture civili e di rapire migliaia di bambini ucraini dal territorio occupato. A dicembre, il Congresso Usa ha modificato le restrizioni legali che da tempo limitano l'aiuto americano al tribunale, consentendo agli Stati Uniti di contribuire alle indagini e agli eventuali procedimenti giudiziari relativi alla guerra in Ucraina. Ma all'interno dell'amministrazione Biden, una disputa politica sull'opportunità di farlo continua a svolgersi a porte chiuse.
Gli Usa non hanno mai aderito alla Corte penale internazionale, a cui non aderisce nemmeno la Russia, che inizialmente lo aveva fatto per poi uscirne proprio dopo che la Corte iniziò a indagare su possibili crimini compiuti dall'esercito di Mosca nel Donbass e in Crimea a partire dal 2014. Anche l'Ucraina non ha mai formalmente aderito, ma diede il permesso all'organismo di operare su suo territorio proprio per portare a termine le indagini contro l'esercito di Vladimir Putin. Nel 2000, l'allora presidente Usa Bill Clinton firmò lo Statuto di Roma, il trattato internazionale istitutivo della Corte, ma non lo fece mai ratificare dal Senato. Due anni dopo il suo successore. George W. Bush, ritirò la firma.
L'amministrazione di Barack Obama fece un gesto distensivo verso il tribunale offrendo ricompense per la cattura di signori della guerra latitanti in Africa che il tribunale aveva incriminato. Quando però nel 2017, tuttavia, l'allora procuratore capo della Corte cercò di indagare sulla tortura dei detenuti per terrorismo durante l'amministrazione Bush, nell'ambito di un più ampio esame della guerra in Afghanistan, il governo di Donald Trump impose delle sanzioni contro il personale dell'organismo. Nel 2021 Biden ha revocato le sanzioni e Khan, appena nominato procuratore, ha abbandonato l'indagine contro gli Usa.