Perché in Francia i virologi non vanno più in tv: "Basta allarmismi"
Macron avrebbe chiesto e ottenuto un profilo più basso da parte del "Cts" francese. Ben diversa oggi la situazione in Italia. La raffica quotidiana di dichiarazioni di esperti, medici e chi più ne ha più ne metta crea inevitabilmente confusione. Oltralpe hanno scelto una via diversa dopo il caos di metà gennaio. Da noi che cosa cambierà con il governo Draghi?
Puro buonsenso? Oppure una scelta, non è chiaro quanto o meno indirizzata dall'alto, ma comunque sbagliata, perché il dibattito è il sale della democrazia? In Francia i virologi sono quasi scomparsi dai programmi televisivi. Le varianti del coronavirus preoccupano l'Europa intera (anche se il clima di terrore non appare davvero opportuno al momento) e quindi anche Parigi. Tuttavia la voce del Consiglio scientifico francese si sente a un volume sempre più basso.
Virologi "scomparsi" dalla tv in Francia: cambio di strategia
Che fine ha fatto il gruppo di studiosi, scienziati ed esperti che ha affiancato il governo di Emmanuel Macron in un anno di pandemia? Lavorano come sempre, ma si è deciso di adottare un profilo più schivo. Il Cts francese in pratica continua a fornire i suoi pareri, ma lo fa al governo, non ai media. O meglio, gli esperti evitano di trascorrere troppo tempo negli studi televisivi delle più popolari trasmissioni.
"Siamo in un periodo complesso", spiega una fonte dell’Eliseo alla radio France Info. Pesa nella decisione di "scomparire" dai media quanto accaduto a metà del mese scorso. Più allarmi erano stati lanciati da alcuni esperti quando sembrava che il governo stesse per varare un nuovo rigido lockdown. Nello specifico, un'intervista di uno dei virologi che preannunciava le chiusure non sembrò opportuna a Macron, e lo scienziato fu costretto nei giorni scorsi a rivedere le sue affermazioni. Così è mutata la strategia: meno annunci, e solo a cose fatte, dopo aver adeguatamente e completamente informato di ogni cosa l'Eliseo.
Secondo molti osservatori la gestione della pandemia ha profondamente cambiato Macron, a lungo "ostaggio di esperti e tecnici" secondo Le Point. Prima che il Capo dello Stato "tornasse al suo intuito".
In Italia raffica quotidiana di dichiarazioni di virologi, esperti, medici
Ben diversa al momento la situazione in Italia. La raffica quotidiana di dichiarazioni di virologi, esperti, medici e chi più ne ha più ne metta crea inevitabilmente confusione. La plastica dimostrazione l'abbiamo avuta lo scorso weekend, quando Walter Ricciardi, consigliere del ministro Speranza, ha chiarito la sua convinzione (non solo sua) della necessità di un lockdown nazionale in tutta Italia. Inevitabili le polemiche, tanto sul contenuto delle sue parole, quanto sulla "forma": è normale preannunciare una possibile decisione così impattante attraverso i media, o sarebbe doveroso che comunicazioni di quel tipo passino attraverso i canali ufficiali? Non sempre e non per tutto il pubblico è chiara la differenza tra annunci, previsioni, pareri e comunicazioni di decisioni effettivamente prese. Ed è un problema, grosso.
Oggi chi sarà il primo a dire la sua? I nomi ormai sono stranoti a tutti gli italiani, che si riferiscono al "professore", al "microbiologo", al "primario" come fossero amici di lunga data.
Il problema italiano è che qualsiasi argomento scema nella polemica politica spicciola: due giorni fa Matteo Salvini ha attaccato frontalmente gli scienziati e il Comitato tecnico scientifico nella lotta al coronavirus. "Non ho parole. Non se ne può più di 'esperti' che parlano ai giornali, seminando paure e insicurezze, fregandosene di tutto e tutti. Confidiamo che con Draghi la situazione torni alla normalità". Ovviamente gli scienziati non "se ne fregano di tutto e di tutti" e utilizzano i mezzi che vengono messi a loro disposizione per rispondere a domande precise. Alla ricerca di un difficile equilibrio, si potrebbe partire dalle basi. Qualche dichiarazione sui media in meno e qualche comunicato ufficiale in più di governo e ministero della Salute, in primis sui siti istituzionali, sicuramente non farebbero male.
Sarà curioso osservare se il basso profilo mediatico di un premier "no-social" come Mario Draghi sarà accompagnato nei prossimi mesi da un minor coinvolgimento di medici ed esperti nel dibattito pubblico quotidiano italiano. Oppure se, al contrario, il voluto e rigoroso stile comunicativo del nuovo esecutivo, tutto all'insegna del "parlare solo quando c'è qualcosa da comunicare", sarà colmato con una ancora maggiore presenza televisiva dei tanti volti "noti".