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Giovedì, 25 Aprile 2024
L'allerta dell'Oms / Ghana

Segnalati due casi sospetti di malattia di virus Marburg

Le due persone contagiate sono morte: è una malattia simile a Ebola

I due casi di febbre di Marburg segnalati in Ghana sono una novità assoluta: nel Paese africano non erano mai stati segnalati focolai della grave malattia infettiva emorragica simile a Ebola e ora si teme lo scoppio di un’epidemia.

I primi test condotti su due pazienti con sintomi sospetti (febbre, forte mal di testa, dolori muscolari e un acuto stato di malessere) condotti al Noguchi Memorial Institute for Medical Research hanno dato un risultato positivo per il virus di Marburg. Come da protocollo i campioni sono stati inviato all’Institut Pasteur in Senegal, un centro gestito dall’Oms, per la conferma. I due pazienti provenivano entrambi dalla regione meridionale di Ashanti ma non erano imparentati ed erano stati ricoverati nell’ospedale locale con sintomi simili, diarrea, febbre, nausea e vomito. Entrambi sono deceduti. Le strutture sanitarie sono in allerta e si stanno preparando a rispondere a un’eventuale epidemia, la prima di questo tipo per il Ghana.

La malattia si manifesta in modo improvviso e rapido con forte mal di testa, dolori muscolari e un acuto stato di malessere. Il primo giorno compare una febbre alta e il malato va incontro a una rapida debilitazione. Verso il terzo giorno compaiono dolori addominali e crampi, diarrea acquosa che può durare anche per una settimana, nausea e vomito. In molti casi, tra il quinto e il settimo giorno, il malato ha delle emorragie da diverse parti del corpo, che spesso portano a morte. Il virus attacca anche gli organi interni e il sistema nervoso. Contro il virus di Marburg non esiste un vaccino, né alcun trattamento efficace contro la malattia. L’unico trattamento è quello, laddove possibile, di assistere il paziente, cercando di ricostituire la sua riserva di acqua ed elettroliti, fornendo ossigeno ed effettuando trasfusioni di sangue. Nei casi fatali, la morte sopraggiunge nell’arco di 8-9 giorni. Il contagio avviene per trasmissione diretta del virus da persona a persona, per contatto con i fluidi corporali, il sangue, l’urina, il vomito ma anche le secrezioni respiratorie. Non sembra invece essere molto efficace la trasmissione via aerosol.  

La febbre emorragica di Marburg non è una malattia frequente, anche se ha un altissimo tasso di mortalità. Secondo i dati dell’Oms, questo dato si aggira, nei pochi casi di epidemie che sono state finora registrate, tra il 25 e l’80%. Il virus di Marburg è stato descritto per la prima volta nel 1967, a seguito di una epidemia che si manifestò contemporaneamente in Germania e nella ex Yugoslavia, tra ricercatori che lavoravano con scimmie di provenienza dell’Uganda. In quel caso ci furono 25 infezioni primarie, con 7 persone morte, e 6 infezioni secondarie senza conseguenze fatali. I casi secondari furono tutti identificati come personale sanitario o famigliari che erano stati a contatto con i malati. Il virus comparve di nuovo nel 1975 in Sudafrica, su un giovane ventenne di ritorno da un viaggio nello Zimbabwe, che morì in 4 giorni. In questo caso, l’isolamento fu rapido ed efficace anche se si verificarono comunque due infezioni secondarie, che guarirono. Cinque anni dopo, in Kenya, un uomo morì di febbre emorragica, dopo averla trasmessa al dottore che l’aveva in cura, che invece sopravvisse. Nel 1987, nuovamente in Kenya, un quindicenne danese morì dopo 9 giorni di malattia, senza trasmettere il virus ad altri. Da allora, la febbre emorragica di Marburg è comparsa poche altre volte, anche se con bilanci ben più pesanti. Nel 1995 un’epidemia nella Repubblica democratica del Congo coinvolse più di 300 persone, di cui un 80% morirono. Più del 25% erano operatori sanitari. Nello stesso Paese, nel biennio 1998-2000 furono registrati 154 casi, di cui 128 mortali. Una ricerca epidemiologica verificò che la maggior parte delle infezioni erano primarie, da fonte non definita. Nell’ottobre 2004 il virus è ricomparso in Angola, nella provincia di Uige, dove a fine marzo 2005 aveva ucciso 150 persone su 163 malati.

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