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Martedì, 23 Aprile 2024
la visita della discordia / Taiwan

Il futuro del rapporto tra Usa e Cina si decide questa settimana

La speaker della Camera statunitense, la democratica Nancy Pelosi, avrebbe in programma un viaggio a Taiwan. Domani 28 luglio in programma la telefonata tra Xi e Biden

I rumors si fanno più insistenti, così come le polemiche. La speaker della Camera statunitense, la democratica Nancy Pelosi, avrebbe in programma un viaggio a Taiwan per portare un massaggio transatlantista all’isola. Il condizionale è d’obbligo, perché le pressioni statunitensi e cinesi sono forti e non è scontato che la tappa taiwanese di Pelosi resti in calendario. Aumentano così le tensioni sullo Stretto e Washington si trova in difficoltà.

Momento giusto o sbagliato?

Mettiamo prima in fila i fatti. Pelosi aveva in programma di visitare l’isola contesa dalla Cina lo scorso aprile, a poche settimane dello scoppio della guerra in Ucraina, ma ha dovuto annullare il viaggio perché risultata positiva al Covid-19. La settimana scorsa, il Financial Times, citando sei fonti, ha diffuso la notizia che la speaker della Camera ha in programma una tappa a Taiwan durante un tour asiatico ad agosto tra Giappone, Singapore, Indonesia e Malesia. Come ricorda la testata, la visita dell’82enne democratica sarebbe la prima di un ufficiale americano più alto in grado dal 1997.

Perché Taiwan non sarà (per ora) la prossima Ucraina

Venticinque anni fa la situazione era però diversa: quando il repubblicano Newt Gingrich giunse nell’isola nel 1997, la Cina aveva una posizione globale differente, con un minor potere geopolitico, economico e militare. Pechino interpretò la trasferta del repubblicano come una conseguenza dei dissidi interni alla politica statunitense (il repubblicano era all’opposizione di Clinton), tanto da rispondere alla visita di Gingrich in modo “pacato”.  

La postura cinese nella regione asiatica e nel mondo è attualmente diversa. La Cina mira alla piena e pacifica riunificazione dell’isola e non accetta “ingerenze esterne”. Nel computo cinese rientra anche la posizione ambigua di Washington, resa più evidente con le tre precedenti amministrazioni: prima Obama - che ha lanciato il “Pivot to Asia” - poi Trump – che ha avviato una guerra commerciale e ideologica con Pechino – e infine Biden – che ha concentrato la politica estera statunitense nella regione per arginare l’assertività cinese, nonostante la parentesi ucraina.

Per ora non è arrivata alcuna conferma della tappa taiwanese della speaker della Camera, né da Washington, né da Taipei. E questo perché la presenza di Pelosi a Taiwan, se confermata, lederebbe i rapporti – già tesi – tra Washington e Pechino. Il viaggio della speaker viene letto da Pechino come una chiara provocazione, perché simile a quella che potrebbe essere una visita di Stato.

Prima di tutto il timing sensibile della visita fa suscitare malumori a Pechino. Pelosi giungerebbe a Taipei in concomitanza dell’anniversario della fondazione del 1° agosto dell’Esercito Popolare di Liberazione e qualche mese prima del 20esimo congresso del Partito Comunista Cinese in programma il prossimo ottobre, durante il quale Xi Jinping otterrà un terzo mandato.

Come viene letta la visita di Pelosi dalla Cina?

La missione di Pelosi, che è democratica come il presidente Usa, viene letta dalla Cina come segnale di volontà esplicita di utilizzare da parte dell’amministrazione Biden la questione taiwanese come elemento per rafforzare il partito Dem e per fare pressioni su Pechino. A novembre, infatti, è in programma il voto di “metà mandato” statunitense che, con ogni probabilità, cambierà gli equilibri politici di Washington, anche in vista delle presidenziali del 2024.

La Cina non resta in silenzio. Pechino, che minaccia di adottare “misure ferme e energiche per salvaguardare la propria sovranità nazionale e integrità territoriale”, ha invitato Washington ad aderire al principio del “one China-policy”. Si tratta di quel delicato equilibrio geopolitico, in cui gli Stati Uniti hanno da tempo riconosciuto - ma non sostenuto - la pretesa della Cina su Taiwan, secondo il principio abbracciato nel 1979. Tuttavia, la politica che ha regolato i rapporti con Taiwan è stata erosa da quando Pechino ha assunto una postura più assertiva nella regione asiatica.

Il presidente cinese Xi non rimarrebbe fermo a guardare per non apparire debole. La forte contrarietà cinese alla visita di Pelosi si potrebbe tradurre in risposte di tipo militari (da escludere però una misura offensiva e violenta, per ora), con blocchi aerei e imposizioni di una no fly-zone sullo Stretto di Taiwan per impedire alla Pelosi di atterrare sull’isola, oppure con cyberattacchi. 

Un simile suggerimento è arrivato dalla stampa cinese. L’ex direttore del Global Times, Hu Xijin, ha proposto di far decollare i jet dell’Esercito popolare di liberazione cinese per scortare l’aereo di Pelosi e sorvolare l’isola principale di Taiwan. Un suggerimento che è stato presentato ai 20 milioni di follower che seguono sui Weibo l’ex giornalista della testata cinese.

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Diversi analisti statunitensi hanno sottolineato che se gli aerei militari cinesi violassero ulteriormente la zona di identificazione della difesa aerea di Taiwan, verrebbe alterato lo status quo. E se ciò dovesse effettivamente accadere, Pechino punterebbe comunque il dito contro Washington per aver compiuto l'atto provocatorio, rispolverando la linea retorica utilizzata sull’invasione russa.

Il Pentagono si prepara a qualsiasi evenienza e si dice pronto ad aumentare le forze nell'area dell'Indo Pacifico in caso Pelosi dovesse recarsi in visita a Taiwan. Secondo fonti ufficiali citata daall'Associated Press, la Difesa statunitense utilizzerebbe jet da combattimento, navi e altri sistemi di sorveglianza per fornire una rete di protezione all'aereo della Speaker della Camera. Le fonti hanno spiegato che il dipartimento della Difesa non ritiene probabile un attacco della Cina, come minacciato anche nelle ultime ore anche dal portavoce del ministero degli Esteri, tuttavia si prepara ad "ogni evenienza". 

Regna scetticismo e perplessità anche a Taiwan, dove si teme che il viaggio di Pelosi alimenti uno scontro tra titani. Stando a quanto riporta il Financial Times, diverse persone coinvolte nella politica di sicurezza nazionale a Taiwan ritengono che l’isola possa subire le conseguenze di una “punizione” cinese, alimentando quindi il rischio di un isolamento internazionale dell'isola. "Con l'annullamento della visita si dimostra quanto funzionino le mosse intimidatorie della Cina", ha affermato un alto funzionario taiwanese alla testata. "Ciò avrà una conseguenza sui diversi paesi che interagiranno con Taipei con maggiore reticenza”, ha aggiunto.

Cosa ne pensano gli Stati Uniti?

La presunta visita di Pelosi alimenta le preoccupazioni degli Stati Uniti. A distanza di poche ore dalla notizia del viaggio, il presidente Biden, incalzato dai giornalisti, ha affermato che l’esercito Usa non ritiene che la trasferta della speaker sia “una buona idea in questo momento”.

È quindi questione di tempistica? I dubbi restano irrisolti, ma la stessa Pelosi ha ribadito l’importanza del sostegno statunitense a Taiwan, senza però promuovere la causa dell’indipendenza dell’isola. Sostegno che Washington ha più volte mostrato con la vendita di armi a Taipei e con una “ambiguità strategica” (quella strategia secondo cui gli Stati Uniti non confermano un intervento militare a favore di Taiwan in caso di un attacco cinese).

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Funzionari della difesa, dell'esercito e dell'intelligence statunitense sono quindi allarmati dai rischi legati alla tempistica del viaggio di Pelosi, suggerendo alla speaker di valutare una data successiva agli appuntamenti cruciali della politica cinese. 

Cosa resterà di queste voci?

In attesa della conferma del viaggio, è necessario fare un paio di osservazioni. Come osservato da Bill Bishop, giornalista e analista degli affari politici cinesi, qualsiasi tempistica sarebbe comunque delicata per Pechino e per i mercati e gli investitori stranieri.

Diversi analisti hanno invece analizzato quali sarebbero le conseguenze del viaggio di Pelosi, che aumenterebbe le tensioni sullo Stretto di Taiwan. Se la visita della speaker a Taiwan venisse confermata, la risposta cinese sarebbe dura e imprevedibile.

L’allarme è stato lanciato anche dal capo dal capo dell'agenzia di intelligence statunitense Bill Burns che, in occasione dell'Aspen Security Forum, ha detto che “la questione non è più se la leadership cinese sceglierà di usare la forza contro Taiwan nei prossimi anni, ma quando e come lo farà". Per il numero uno della Cia, quindi, i rischi di un intervento cinese a Taiwan entro la fine dell'anno sono bassi, ma aumentano con il passare del decennio. Pechino è probabilmente turbata dall'andamento della guerra in Ucraina perché, ha argomentato il capo dell'agenzia, sarebbe la prova "che non si ottengono vittorie rapide e decisive" senza aver prima potenziato l’esercito. Al momento, quindi, è da escludere un’invasione cinese di Taiwan nel breve termine.

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Al contrario, se la trasferta di Pelosi venisse cancellata, Xi Jinping potrebbe rivendicare un successo geopolitico - frutto di una postura aggressiva adottata negli ultimi anni nei confronti del gigante statunitense - da presentare come una vittoria durante il 20esimo congresso del Partito; Washington, invece, si mostrerebbe debole agli occhi di Pechino, di Taipei e delle principali capitali asiatiche, su cui l’amministrazione Biden sta concentrando le attenzioni diplomatiche.

L’ultima parola spetta quindi alla speaker della Camera. Ma la visita di Pelosi segna un punto di non ritorno delle relazioni bilaterali sino-statunitensi: il tema, con ogni probabilità, sarà al centro del colloquio telefonico tra il presidente Usa Joe Biden e il leader cinese Xi Jinping, previsto domani 28 luglio. 

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