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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Referendum in Turchia, ha vinto Erdogan: l'opposizione insorge, paese spaccato

Il "sì" amplia profondamente i poteri dell’esecutivo ed estende il mandato di Erdoğan almeno fino al 2029

Uno scarto minimo, l'esito del referendum in Turchia mostra un paese "spaccato".

I "Sì" alle riforme costituzionali che in Turchia assegneranno a Erdogan tutti i poteri hanno ottenuto il 51,3 per cento dei consensi, contro il 48,7 dei "No"

L'opposizione insorge per una dichiarazione apparsa sul sito della commissione qualche ora prima della chiusura delle urne dove si segnalava che sarebbero state conteggiate anche le schede non timbrate dai funzionari: "L'Alta commissione elettorale ha sbagliato, consentendo la frode nel referendum", ha detto Bulent Tezcan del Chp ai giornalisti presenti nel quartier generale del partito ad Ankara.

In ballo c'è l'abolizione dell'attuale sistema parlamentare che ha accompagnato la tradizione politica - e democratica - del paese per 94 anni. Al suo posto verrebbe introdotto un controverso sistema presidenziale, definito "alla turca" perchè non simile a nessun altro modello al mondo e che secondo i critici della riforma segnerebbe l'inizio del governo di un solo uomo al potere.

La riforma è stata perseguita già a partire dal 2007 dal presidente Erdogan. Ma i seggi parlamentari del partito della giustizia e dello sviluppo (Akp, al governo) sono sempre rimasti insufficienti per raggiungere il numero minimo di 330 voti a favore per portare l'emendamento costituzionale a referendum. L'obiettivo è stato raggiunto solo lo scorso gennaio, dopo che il nazionalista Mhp (quarto partito del parlamento) ha deciso di approvare la riforma.

Da quando è giunto al potere nel 2002, l'Akp non ha mai perso una elezione - fatta eccezione per le sole consultazioni del giugno 2015 dove ha avuto il 40,8% dei voti - ed ha mantenuto sempre il 50% delle preferenze.

Membro della NATO dal 1952 e paese candidato per l'adesione all'UE dal 2005, la Turchia ha subito una profonda trasformazione negli ultimi 15 anni. Dopo un periodo riformista e improntato ad una maggiore democratizzazione del paese, il governo dell'Akp ha assunto un carattere sempre più nazional-islamista, andando ad escludere anche diversi "compagni di causa" - come sogliono autodefinirsi i membri dell'Akp - e facendo emergere sempre più la fiugra del presidente Erdogan come leader indiscusso della politica turca. Uno degli obiettivi del presidente Erdogan è infatti quello di arrivare al 2023, centenario della fondazione della Repubblica. Un traguardo che mira anche sostituire simbolicamente il fondatore della stessa repubblica, Mustafa Kemal Ataturk, con la propria figura.

La modernizzazione delle infrastrutture del paese - le autostrade, i treni ad alta velocità, i ponti e i tunnel sotto il Bosforo - i "folli" progetti mastodontici sono stati accompagnati in questi anni dal sostegno ad cultura conservatrice legata ad una riscrittura della tradizione ottomana e attuata mediante il Direttorato per gli affari religiosi e numerose fondazioni pie, nonchè con la trasformazione del curriculum scolastico. Il tutto all'interno di un quadro economico sempre più incerto - dopo anni di crescita.

Pur ricoprendo un ruolo essenzialmente rappresentativo e imparziale - secondo l'attuale costituzione turca - il presidente della Republica ha condotto una strenua campagna referendaria e realizzando comizi ed inaugurazioni in 40 province e partecipando a numerosi programmi televisivi per promuovere la propria riforma

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