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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Coronavirus, l’Onu contro i wet market: “Divieto globale per i mercati di animali macellati vivi”

La responsabile della convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità favorevole alla messa al bando dei mercati dove vengono venduti e macellati animali vivi, come quello di Wuhan da cui si ritiene sia partita l’epidemia

La responsabile della convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità, Elizabeth Maruma Mrema, ha chiesto di mettere al bando in tutto il mondo i cosiddetti “wet markets”, i mercati dove vengono macellati animali vivi, per prevenire future pandemie. 

La stessa Cina ha già emesso un divieto temporaneo per questo tipo di mercati, in cui gli animali selvatici vengono esposti all’interno di gabbie in condizioni di scarsa igiene con il rischio di incubare malattie zoonotiche, che possono passare dagli animali all’uomo. Proprio in un mercato di questo tipo a Wuhan si ritiene sia avvenuto il salto di specie (in inglese ‘spillover’) da animale a uomo, facendolo diventare il punto di partenza dell’epidemia di coronavirus.

Facendo l’esempio della diffusione del virus Ebola nell’Africa centro orientale e del virus Nipah in Asia orientale, Mrema ha sottolineato il collegamento tra la distruzione di ambienti naturali e l’insorgere di nuove malattie per l’uomo. “Il messaggio che ci sta arrivando è che se non ci occupiamo noi della natura, sarà la natura ad occuparsi di noi”, ha detto Mrema al Guardian.

Un divieto globale per il "wet market"

“Sarebbe una buona cosa vietare i mercati di animali vivi come hanno già fatto la Cina e altri paesi. Ma dobbiamo anche ricordarci che ci sono delle comunità, ad esempio nelle zone rurali a basso reddito, soprattutto in Africa, che dipendendono dal commercio di animali selvatici per il sostentamento di milioni di persone. Quindi, a meno di non fornire alternative a queste comunità, potrebbe esserci il rischio di scatenare il commercio illegale di animali selvatici, che sta già portando alcune specie sull’orlo dell’estinzione. Dobbiamo pensare a come bilanciare queste situazioni e chiudere le porte al traffico illegale in futuro”. 

Diversi scienziati hanno già chiesto alla Cina di vietare permanentemente i “wet markets”, anche una volta superata l’emergenza coronavirus e in molti hanno sottolineato il collegamento tra l’aumento di malattie zoonitiche e i danni all’ecosistema. “Preservare ecosistemi e biodiversità ci aiuterà a ridurre la prevalenza di alcune di queste malattie. Come coltiviamo, come utilizziamo i terreni, come proteggiamo gli ecosistemi costieri e come trattiamo le nostre foreste distruggerà il nostro futuro oppure ci aiuterà a vivere più a lungo”, ha detto Mrema. Il Guardian ha riportato anche l’opinione di Jinfeng Zhou, segretario generale della China Biodiversity Conservation and Green Development Foundation, che ha invitato le autorità locali a rendere permanente il divieto sui mercati di animali selvatici. “Sono d’accordo che dovrebbe esserci un divieto globale sui ‘wet market’, che aiuterebbe molto per quanto riguarda la conversazione della fauna selvatica e ci proteggerebbe da contatti impropri con la fauna selvatica”, ha detto Zhou. 

Animal Equality contro i wet market: "Sono una minaccia alla salute pubblica"

Nei giorni scorsi l’associazione Animal Equality ha lanciato una campagna internazionale per chiudere l’immediata chiusura dei wet market nel mondo.

“Questi mercati rappresentano anche una minaccia per la salute pubblica ed è proprio qui che in passato sono nate diverse  epidemie, inclusa la SARS - dice l’associazione - I ricercatori ritengono che anche il COVID-19 abbia probabilmente avuto origine in un wet market di Wuhan, in Cina, mercato noto per il commercio di animali selvatici. Questi wet market sono una minaccia alla salute pubblica  e causano incredibili sofferenze agli animali selvatici e da allevamento. È per questo che Animal Equality chiede alle Nazioni Unite di vietare tutti i wet market. Questi mercati non solo rappresentano un pericolo reale e concreto  per l’uomo, ma sono anche fonte di sofferenze estreme per gli animali”. 

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