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Sabato, 20 Aprile 2024
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Zuckerberg snobba l'Europarlamento: le 8 lezioni dallo scandalo Cambridge Analytica

Sono milioni gli europei interessati dallo scandalo di Cambridge Analytica. Ma il numero uno di Facebook mette in secondo piano il Parlamento europeo rispetto al Congresso americano

Il Ceo di Facebook, Mark Zuckerberg, ci aveva provato: aveva declinato l'invito a presentarsi davanti al Parlamento europeo per un'audizione come quella già sostenuta davanti al Congresso Usa sullo scandalo dei dati degli utenti manipolati da Cambridge Analytica, offrendo di inviare al suo posto Joel Kaplan, suo vicepresidente per le Politiche pubbliche e le Relazioni esterne. Ma il presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani, su sollecitazione unanime di tutti i gruppi politici, gli ha inviato ieri una nuova lettera in cui insiste affermando che è "assolutamente necessaria la sua presenza in persona" all'audizione, ricordandogli, fra l'altro, che "Facebook International ha il suo quartier generale a Dublino, ciò che sottopone la società alla legislazione Ue".

Tajani mette pressione a Facebook

Traspare chiara dalla lettera l'irritazione per il tentativo di Zuckerberg di snobbare l'Europarlamento, mettendolo in secondo piano rispetto al Congresso americano. "Siamo convinti - sottolinea Tajani - che i milioni di europei interessati dallo scandalo di Cambridge Analytica meritano una piena e completa spiegazione da parte del top manager di Facebook, proprio come avvenuto per i cittadini Usa".

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L'eco della vicenda non si è ancora spenta, tuttavia conviene fin d'ora abbandonare i toni apocalittici per cercare di valutare con equilibrio le sue conseguenze. Nel corso delle testimonianze rese al Congresso e al Senato Usa, Zuckerberg si è impegnato a introdurre maggiore trasparenza e aumentare il controllo sui contenuti di Facebook, anche a beneficio dei minori. Ottimi propositi, se consideriamo che la trasparenza dell'algoritmo e la governance delle piattaforme sono elementi a lungo invocati, finora senza risultato.

Lezione n. 1. Sul web non ci sono benefattori e nulla è gratis. Il prezzo del servizio sono i nostri dati personali e quando accediamo ad un social network sottoscriviamo un contratto di cui è buona norma leggere le clausole. I dati sono il principale elemento di un mercato a cui non sfuggono neppure le dinamiche della democrazia e i meccanismi di formazione del consenso.

Lezione n. 2. In un ecosistema digitale (da Derrick De Kerckhove definito "datacrazia") tutti debbono rispettare le regole e le autorità intervenire con tempestività in caso di violazione. Alla base di tutto vi è la fiducia e il vero vulnus consiste nell'averla messa in crisi. Ciò è tanto più grave se consideriamo che la disciplina dell'accesso ai dati (alcuni dei quali, detenuti da soggetti pubblici o privati, sono un bene comune da aprire alla fruizione collettiva) è uno degli elementi chiave per lo sviluppo dell'intelligenza artificiale.

Lezione n. 3. L'autorità pubblica deve riappropriarsi di un ruolo di guida e indirizzo in favore di un mercato concorrenziale ove una manciata di operatori privati ha sinora potuto operare a livello globale e consolidarsi anche in virtù di sistemi giuridici frammentati, privi di regole armonizzate e con autorità di controllo operanti in ordine sparso, condizionate anche dal timore che intervenire con rigore su tali soggetti avrebbe rischiato di alterare il funzionamento della Rete, assurta a Moloch supremo. Serve un ombudsman indipendente che tuteli i diritti degli utenti/cittadini su internet.

Lezione n. 4. Occorre essere equilibrati. Sarebbe grave se l'onda lunga dello scandalo arrivasse a compromettere la nostra fiducia nel digitale, nelle transazioni on line e nelle regole delle relazioni euro-atlantiche. Il rapporto Villani, che è a base della strategia francese in tema di intelligenza artificiale presentata lo scorso 29 marzo, propone di rinegoziare il Privacy Shield, l'accordo Eu-Usa del 2016 sul trasferimento transfrontaliero dei dati, in quanto presenterebbe "zone d'ombra" che compromettono la protezione dei consumatori europei. Si tratta di una posizione che non trova alcun fondamento nello scandalo in esame.

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Lezione n. 5. Occorre che i cittadini facciano valere i propri diritti attivando i meccanismi di tutela previsti, come avvenuto nel caso Schrems che nel 2015 ha portato al Privacy Shield e nel caso Google Spain con cui nel 2014 è stato riconosciuto il diritto all'oblio, poi codificato nel Regolamento europeo.

Lezione n. 6. Si impone il tema delle responsabilità delle piattaforme digitali, sul quale la Commissione europea è attesa nei prossimi giorni ad una presa di posizione volta a chiarire il ruolo degli intermediari circa i contenuti veicolati sulla Rete, in base a quanto previsto dalla direttiva sul commercio elettronico del 2000.

Lezione n. 7. Se pare assodato che vi sia stata una violazione delle regole USA, in particolare del Consent Decree del 2011 che imponeva a Facebook di proteggere i dati degli utenti da abusi di terze parti, per l'applicazione delle sanzioni previste dalla normativa europea occorre attendere l'esito degli accertamenti in corso. Una delle novità del Regolamento (che aumenta le sanzioni sino a 20 milioni di euro e al 4% del fatturato, a carico di persone fisiche e giuridiche) è che si applica anche alle aziende situate fuori dall'Ue, nel caso in cui le stesse offrano servizi e prodotti a persone che si trovano nel territorio europeo o controllino il comportamento di soggetti ivi localizzati.

Lezione n. 8. Sun Tzu, autore de "L'arte della guerra", dice che un cliente insoddisfatto ti insegna molte cose. Nei giorni scorsi il fondo pensioni delle insegnanti della California e l'hedge fund Jana Partners, azionisti di Apple, hanno chiesto alla società di intervenire con maggior efficacia contro la dipendenza dagli smartphone. Il che ci porta a rilevare che la convenienza economica è una straordinaria leva per il rispetto delle regole e indurre a comportamenti virtuosi. Ce lo auguriamo.
 

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