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Giovedì, 18 Aprile 2024
cambiano i test?

I test sulle emissioni delle ibride plug-in non convincono l'Ue

Cresce lo scetticismo da parte degli esperti della Commissione Ambiente del Parlamento Europeo sul metodo di verifica delle emissioni delle auto ibride plug-in: i test non sarebbero attendibili e presto potrebbero cambiare

Si addensano nubi sul futuro delle vetture ibride plug-in, almeno in Europa. Da parte dell'Unione europea, infatti, cresce la convinzione della scarsa attendibilità dei metodi di verifica delle emissioni e gli organismi competenti si sono già messi in moto affinché vengano modificati il prima possibile.

Cerchiamo di entrare nel merito della questione. A finire sotto esame è il dato relativo al di consumo di carburante, che secondo gli esperti Ue sarebbe fin troppo sottostimato. Il ciclo di omologazione, infatti, viene calcolato su tre step di 23 km ciascuno, tuttavia le rilevazioni avvengono in laboratorio, per giunta a velocità molto ridotte. Ci vuole poco per capire che si tratta di condizioni abbastanza diverse dal reale utilizzo  quotidiano di un'automobile, e inoltre in questa modalità, anche vetture che hanno un'autonomia tra i 50 e i 60 km, riescono ad affrontarlo in gran parte in elettrico.

In tal modo il rilievo dei dati relativi al consumo di benzina si attestano nel range degli 1,2-2 litri per 100 km, una quantità molto bassa ma al tempo stesso irrealistici. Qualora venga introdotto l'UF (acronimo che sta a indicare lo "Utility Factor", traducibile letteralmente in "fattore di utilità", gli esiti del test potrebbero essere radicalmente di versi. Si stima che adottando tale parametro, un'auto ibrida plug-in, le cui emissioni odierne sono stimate in 50 g di CO2/km, raggiungerà i 125 grammi nel 2027. Ciò si tradurrà in un rincaro del costo di proprietà, implicando tasse e supplementi più elevati, oltre all’uscita definitiva da eventuali incentivi. 

In un contesto di simile scetticismo, con le carte in tavola che potrebbero cambiare molto presto, una delle prime domande che viene da porsi, è se per le case automobilistiche abbia ancora senso produrre nuove auto ibride plug-in. Numerosi marchi automotive hanno scelto di intraprendere la direzione del full electric, spingendo verso i veicoli EV, anche grazie ai significativi progressi che sono stati compiuti in termini di autonomia delle batterie.

Ad ogni modo è ancora presto per ritenere spacciate ibride plug-in. La discussione tra i funzionari della Commissione Ambiente del Parlamento Europeo e i lobbisti incaricati dai vari player dell'industria automobilistica sono tutt'ora in corso. 

Qualora si dovesse procedere alla riclassificazione delle emissioni prodotte dalle vetture ibride plug-in, le case si vedrebbero costrette ad aumentare il numero dei veicoli EV all'interno della propria gamma. In tal modo sarebbe possibile scongiurare le sanzioni UE relative alla media delle emissioni complessive prodotte dalle auto vendute. C'è poi da fare i conti anche con le forti pressioni esercitate dai gruppi ambientalisti, fermi sostenitorei della tesi che vuole le ibride plug-in inquinanti al pari delle vetture spinte dai canonici motori endotermici.

Dopo l'introduzione del bonus auto per l'acquisto di vetture a emissioni ridotte, in Italia si può ravvisare una tendenza opposta a quella comunitaria, visto che il budget stanziato per i nuovi prevede fondi più cospicui per l'acquisto di veicoli ibridi plug-in rispetto a quelli messi a disposizione per le elettriche pure. 

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