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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il dibattito

Stop ai motori termici, destra all'attacco. Sulle auto elettriche l'Italia è in ritardo

La maggioranza di governo è compatta: il provvedimento che sancisce l'addio ai veicoli a diesel e benzina è un autogol. Per il ministro Urso i tempi "non coincidono con la realtà europea ma soprattutto con quella italiana". Nel nostro Paese le colonnine di ricarica sono ancora poche, così come le macchine che viaggiano a batterie

La maggioranza di governo si schiera compatta contro lo stop alle auto termiche dal 2035 deciso martedì dal Parlamento europeo. Il provvedimento è stato approvato con 340 voti favorevoli, 279 voti contrari e 21 astensioni. A favore si sono schierati i partiti di centrosinistra (tra cui il Pd), i liberali (tra cui i renziani), i verdi e una parte dei moderati del Ppe. Il grosso dei popolari ha votato contro insieme al resto della destra, tra cui i deputati dei principali partiti al governo in Italia: Forza Italia, Fratelli d'Italia e Lega.

Per il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, "i tempi e i modi che ci impone" per dire addio ai motori tradizionali "non coincidono con la realtà europea ma soprattutto con quella italiana".

"Con questi tempi e queste modalità - ha detto Urso ai microfoni di Radio Anch'io - c'è un rischio occupazione e un rischio lavoro. Non abbiamo il tempo per riconvertire il nostro sistema industriale, perché siamo partiti tardi e perché sono stati fatti diversi errori in passato". Sul tema, ha spiegato, "la strategia è accelerare sugli investimenti, sulle nuove tecnologie, sugli stabilimenti, sulla filiera delle batterie elettriche, sulla realizzazione di colonnine elettriche. Ma siamo in estremo ritardo. In Italia ci sono 36mila punti di ricarica a fronte dei 90mila della piccola Olanda. Negli anni passati si è fatto poco".

Perplessità condivise dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. "Io sono un grande sostenitore dell'auto elettrica ma gli obiettivi ambiziosi vanno raggiunti sul serio, non solo sulla carta" ha detto al Tg1. "Ecco perché - ha aggiunto - l'Italia avanzerà una sua controproposta: limitare la riduzione al 90%, dando la possibilità alle industrie di adeguarsi". Secondo il coordinatore di Forza Italia lo stop alle auto a motore termico dal 2035 è dunque "un errore grave" perché "la lotta al cambiamento climatico va fatta ma richiede obiettivi raggiungibili".

Sulla stessa lunghezza d'onda il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che su Twitter tuona: quella dell'Ue è una "decisione folle e sconcertante" che va "contro le industrie e i lavoratori italiani ed europei, a tutto vantaggio delle imprese e degli interessi cinesi. Ideologia, ignoranza o malafede?" si chiede il leader della Lega. 

Il post di Salvini su Twitter

Quante colonnine di ricarica ci sono in Italia

Ma siamo davvero indietro sulla transizione all'elettrico? Per quanto riguarda il numero di colonnine la risposta non può che essere categorica: sì. Secondo l'ultimo rapporto di Motus-E, associazione che sostiene "l’adozione massiva di mezzi sostenibili" e monitora costantemente lo Stato della rete, a fine 2022 in Italia risultavano installate 36.772 colonnine per auto elettriche. Se è vero che nel corso del 2022 c'è stato un incremento importante e "i punti di ricarica sono cresciuti di 10.748 unità" con un tasso di aumento del +41%, è altrettanto innegabile che il confronto con altri Paesi europei ci vede nettamente staccati. Qualche esempio: in Francia i punti di ricarica sono 74.185, in Germania 88.992, nel Regno Unito 55.552 e nei Paesi Bassi addirittura 115.103. 

Le infrastutture di ricarica in Italia, grafico Motus-E

Un altro problema è che nel nostro Paese c'è un ampio divario tra nord e sud: il 58% circa delle infrastrutture si trova infatti nelle regioni del settentrione, il 22% circa nel Centro e solo il 20% nel Sud e nelle Isole. Vero è che in Italia ci sono ancora poche auto a batterie e dunque, come viene notato anche nel report, siamo in realtà secondi solo "ai Paesi Bassi e al Belgio in termini di rapporto tra punti di ricarica e veicoli elettrici circolanti".

A dicembre del 2022, in tutta la penisola si contavano appena 170 .000 veicoli elettrici con meno di 50.000 immatricolazioni nel 2022, in calo del 27% rispetto all'anno precedente. In Germania, viene notato nel report, circolano oltre un milione di auto completamente elettriche e in Norvegia, per fare un altro esempio, 8 auto su 10 immatricolate nel 2022 si muovono solo con le batterie. Siamo dunque a un apparente paradosso: proprio perché l'auto elettrica non decolla, al momento l’Italia dispone di più punti di ricarica per veicolo circolante del Regno Unito, della Francia, della Germania e della Norvegia.

Le immatricolazioni di auto elettriche in Italia

Un altro grande problema che si porrà nei prossimi anni è relativo all'approvvigionamento di energia elettrica (ne abbiamo parlato qui). Secondo le stime di Terna, ipotizzando uno scenario coerente con i target del pacchetto legislativo Ue 'Fit-for-55', nel 2030 il fabbisogno energetico salirà da 316 Twh a 366 Twh per via dell'elettrificazione del settore dei trasporti e del riscaldamento. Saremo in grado di far fronte a uno scenario simile puntando solo sulle fonti rinnovabili? C'è poi il tema della riconversione di un intero settore industriale, quello dell'automotive, che dovrà giocoforza investire tutto sull'elettrico (e in parte lo sta già facendo). Ed è proprio questo uno dei punti su cui insiste la destra italiana sostenendo che la transizione comporterà perdita di posti di lavoro e capacità industriale. Un problema centrale per la nostra industria automobilistica: non tutti gli esperti però concordano sul fatto che il passaggio all'elettrico avrà effetti negativi sull'occupazione (abbiamo approfondito l'argomento qui). 

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