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Giovedì, 25 Aprile 2024
L'allarme

I 70mila posti di lavoro che saltano con lo stop alle auto a benzina e diesel

Fondi insufficienti per riconvertire l'industria, Salvinie Tajani vanno allo scontro: "Un suicidio che avvantaggia la Cina, serve mediazione con l'Europa"

L'Unione europea ha intrapreso definitivamente la strada verso l'elettrificazione del trasporto con l'approvazione del divieto di produzione di nuove auto e furgoni con motori a combustione a partire dal 2035. La svolta radicale dell'Ue per ridurre le emissioni, contenuta nel piano "Fit for 55", non è stata accolta con favore in maniera unananime. Da un lato ci sono le ragioni di chi è più sensibile ai temi ambientali, dall'altro quelle di politici e stakeholder, preoccupati dagli effetti del passaggio dal motore a scoppio a quelli elettrici sull'occupazione.

Stop alle auto a benzina e diesel: l’Europa ha deciso

Mentre la reazione della direttrice generale di Acea, Sigrid de Vries è stata tutto sommato positiva, affermando che l'industria automotive europea sarà all'altezza di questa sfida, la transizione dai motori alimentati a combustibili fossili a quelli 100% elettrici spaventa non poco associazioni di categoria come Anfia, Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica.

Secondo Gianmarco Giorda, direttore generale di Anfia, gli 8,7 miliardi di euro stanziati per il Fondo automotive "non sono sufficienti per riconvertire la filiera automotive. Serve un fondo di transizione gestito dall`Ue". Per Giorda, intervenuto durante l'audizione in commissione Politiche Ue alla Camera, i tempi in cui agire sono ristretti, poiché il divieto di produrre motori termici dal 2035 "avrà un impatto sugli investimenti e quindi sulle imprese del comparto già nei prossimi 3-6 anni". Il direttore di Anfia, inoltre, ha fatto presente in tempi brevi ci sarà un problema di credito da parte delle banche in particolare nei confronti delle aziende della componentistica, poiché il settore viene considerato in decadenza.

70mila posti di lavoro a rischio

Si stima che con il divieto di vendita di nuove auto a benzina e diesel dal 2035, l'Italia rischi di perdere 70mila posti di lavoro. Numeri ribaditi anche oggi dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, intervenuto a "Oggi è un altro giorno" su Raiuno.

Secondo Tajani, il testo legislativo approvato dal Parlamento europeo è "un male" per il rischio di "perdere 70mila posti di lavoro", ma ciò "non significa che non si debba combattere il cambiamento climatico". Per il ministro e vicepremier sarebbe basterebbe che "invece della riduzione del 100% delle emissioni di CO2 nel 2035 per le auto, si arrivasse al 90% di taglio di emissioni e si lasciasse una porta aperta per continuare e produrre motori non elettrici". Una mossa che salvaguarderebbe la filiera, e darebbe modo di continuare ad approfondire il tema dei biocarburanti, alternativa a basse emissioni a benzina e diesel che potrebbe rappresentare la salvezza per i motori termici, altrimenti destinati a sparire.

A detta di Tajani, l'industria automotive "deve avere tempo per potersi adattare ai nuovi sistemi" e "e 10 anni di fatto non sono sufficienti", anche per questo si cercherà una mediazione con l'Unione europea così da avere ulteriori deroghe rispetto a quelle che già tutelano i produttori responsabili di piccoli volumi (fino a 10mila veicoli l'anno). L'industria dell'auto in Italia, ha ricordato Tajani non è solo quella che produce le vetture ma riguarda anche la produzione di componentistica per altre industrie, come ad esempio quella tedesca. "L80 per cento di un'auto tedesca è prodotto da aziende italiane, la componentistica si fa in Italia", anche per questo è bene che sia i tedeschi che molti altri "comincino a riflettere su questo".

Ancora più duro Salvini: "I sostenitori del 'tutto elettrico' che purtroppo ci sono anche in questo Parlamento ignorano le conseguenze oppure da parte di qualcuno a Bruxelles, e ahimè non mi stupirebbe visto quello che è accaduto nelle ultime settimane, c'è malafede perché distruggere l'economia italiana ed europea per avvantaggiare il gigante cinese mi sembra una follia" spiega il ministro dei Trasporti Matteo Salvini: "Io ho incontrato il ministro tedesco e il ministro rumeno dei Trasporti e siamo in totale accordo: serve più tempo, più contributi economici e aiuti per chi vorrà cambiare macchina".

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