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Venerdì, 29 Marzo 2024
Combustibili carbon neutral

Biocarburanti e e-fuel: cosa sono e come possono aiutare la transizione ecologica

Con l'addio a benzina e diesel lo stop alle auto con motori a combustione non è scontato: vediamo più nel dettaglio di cosa si tratta l'alternativa caldeggiata dal mondo dell'automotive

L’Europa ha deciso: dal 2035 arriverà lo stop all’immatricolazione di nuovi veicoli con motore endotermico (le tradizionali macchine a benzina o diesel). Il futuro dell’auto, almeno all’interno dei confini Ue, sembra quindi segnato: motori a zero emissioni, elettrici o a idrogeno che siano. Ma nel breve periodo camion e automobili continueranno a circolare normalmente, e per ridurre le emissioni già nei prossimi anni si guarda altrove: biocarburanti, biogas e e-fuel, combustibili carbon-neutral, che permettono di limitare, se non azzerare, l’impatto ambientale del comparto trasporti senza modifiche sostanziali ai veicoli attualmente in produzione. Vediamo di cosa si tratta, e in che modo possono rendere più green le nostre automobili. 

Combustibili neutri

Per le auto elettriche o a idrogeno il discorso è piuttosto semplice: il motore che le alimenta non produce scarichi inquinanti, e quindi il loro impatto in termini di emissioni di gas serra è nullo. Se inquinamento c’è, al massimo, avviene durante la produzione e il trasporto dell’energia o dell’idrogeno, ma può essere ridotto praticamente a zero utilizzando fonti rinnovabili. In circostanze ideali, è evidente, sono le tecnologie più adatte per rendere ecologico il mondo dei trasporti. 

Chiaramente non viviamo in un mondo ideale, e quindi diversi problemi impediscono una riconversione immediata del parco auto europeo con tecnologie a impatto zero. Soprattutto se parliamo di trasporto pesante su lunghe distanze, che per sua natura è incompatibile con i lunghi tempi di ricarica dei motori elettrici. È questo che rende allettante il ricorso a biocarburanti e efuel: sono combustibili che possono essere utilizzati nei tradizionali motori endotermici, e che pur producendo gas di scarico durante la combustione possono garantire la neutralità climatica del comparto auto. Questo perché vengono prodotti utilizzando come materia prima il carbonio già presente nell’atmosfera del nostro pianeta, e quindi producono tanti gas serra durante l’utilizzo, quanti ne sono stati prelevati dall’atmosfera dalle materie prime con cui vengono realizzati: a differenza di benzina e gasolio, il cui uso aumenta la percentuale di CO2 presente nell’atmosfera, biocarburanti e e-fuel lasciano inalterata la situazione. E per questo vengono definiti “carbon neutral”. 

Biocarburanti

Con il termine biocarburanti ci si riferisce a diversi tipi di combustibili ottenuti dalla lavorazione di biomasse vegetali (o in rari casi, animali). I più diffusi sono il bioetanolo, un sostituto della benzina, e il biodiesel, destinato a rimpiazzare il gasolio. Il primo è fondamentalmente alcol etilico, prodotto per fermentazione a partire da materia vegetale, come barbabietole o canne da zucchero, mentre per il secondo il materiale di partenza sono solitamente oli vegetali (ma possono essere usati anche grassi animali), che vengono resi meno viscosi attraverso un processo chimico chiamato transesterficazione. 

I prodotti finali, in entrambi i casi, possono sostituire completamente i carburanti derivanti dal petrolio (con qualche modifica tecnica al motore, nel caso di quelli a benzina), o essere mischiati con questi per ridurne l’impatto ambientale, cosa già prevista, obbligatoriamente, dalle normative europee e da quella italiana, che dal 2021 fissa una quota minima del 10% di biocarburanti nelle benzine e nel diesel in commercio sul territorio nazionale. I vantaggi legati al loro utilizzo sono probabilmente evidenti, ma esistono anche problemi, che ne hanno rallentano notevolmente la diffusione. Per prima cosa, il loro rendimento energetico è inferiore a quello dei combustibili fossili, e questo rende più difficile renderli convenienti anche da un punto di vista ambientale, almeno fino a quando l’energia necessaria per produrli e trasportarli non sarà ottenuta completamente da fonti rinnovabili (se utilizzo petrolio o carbone per produrre l’energia con cui produco e trasporto un biocombustibile, chiaramente, il bilancio di emissioni finale è molto meno conveniente). 

Ancora più problematica, però, è la provenienza della materia prima: barbabietole, canne da zucchero, così come le palme da cui si ottiene l’olio di palma (molto utilizzato nella produzione di biodiesel), devono essere coltivate, e la terra sul nostro pianeta è una risorsa finita. Sostituire completamente diesel e benzina con le alternative bio è quindi stato a lungo impossibile perché non si produce abbastanza materia prima per soddisfare la richiesta. Produrre vegetali per il mercato dei carburanti entra inoltre in competizione con la coltivazione a scopo alimentare, e promuove la deforestazione per ottenere nuovi terreni coltivabili, cosa che ha fatto spesso considerare poco etico il loro utilizzo. 

Oggi però sono disponibili i cosiddetti biocarburanti di seconda generazione, prodotti a partire da scarti alimentari e agricoli, come oli di frittura esausti o biomasse lignocellulosiche (gli scarti secchi dei vegetali agricoli), che garantiscono un’ulteriore riduzione delle emissioni, promuovono un’economia circolare anche nel comparto energetico, e risolvono i problemi etici legati alla provenienza delle materie prime. 

Meno diffuso attualmente, ma uguale nell’utilizzo, è infine il biometano, che può sostituire il gas naturale nei motori a metano. Viene prodotto per digestione anaerobica (cioè degradando le materie prime sfruttando l’attività dei batteri) a partire da rifiuti urbani, scarti agricoli e liquami provenienti dal comparto zootecnico. È considerato particolarmente promettente per la decarbonizzazione dei trasporti pesanti a lungo raggio, anche se richiederebbe importanti investimenti non solo sul piano produttivo, ma anche su quello delle infrastrutture necessarie al trasporto e al rifornimento dei mezzi. 

E-fuel

Quando si parla di e-fuel, o electrofuel, ci si riferisce invece a combustibili sintetici prodotti utilizzando unicamente fonti energetiche rinnovabili. In pratica, sono idrocarburi, al pari della benzina tradizionale, ma ottenuti senza inquinare e utilizzando l’anidride carbonica già presente nell’atmosfera. Il processo inizia con l’acqua, che viene scomposta tramite elettrolisi nei suoi componenti di base, idrogeno e ossigeno. L’idrogeno viene quindi miscelato con la CO2 prelevata dall’atmosfera, e trasformato in un idrocarburo sintetico attraverso un processo chimico industriale noto come sintesi di Fischer-Tropsch. 

L’idea è quella di ottenere un combustibile che non ha richiesto l’utilizzo di energia inquinante per essere prodotto, e che una volta bruciato reimmetterà nell’atmosfera la stessa quantità di carbonio che è stata prelevata in origine per sintetizzarlo. Tra i vantaggi di queste tecnologie c’è quella di poter rimpiazzare i carburanti utilizzati attualmente senza bisogno di modificare i motori delle auto. Lo svantaggio principale, invece, sono i costi: serve moltissima elettricità per produrli (si stima che il loro utilizzo richieda cinque volte più energia di quella necessaria per alimentare un’auto elettrica), che deve essere prodotta da fonti rinnovabili, e bisogna anche procurarsi un impianto per il sequestro della CO2. Tutto questo contribuisce a spingere in sù i prezzi, che attualmente si aggirano intorno ai 20 euro per un litro di e-fuel. Con maggiori investimenti probabilmente i costi potrebbero ridursi, ma si tratta di una tecnologia relativamente giovane (gli impianti produttivi nel mondo ad oggi sono appena 18), che secondo i critici non ha grandi speranza di arrivare alla maturità in tempo per contribuire alla transizione energetica che ci vedrà impegnati nei prossimi decenni. 

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