rotate-mobile
Venerdì, 29 Marzo 2024
Cara auto

Una vecchia idea di Raul Gardini potrebbe "salvare" le auto a combustione

Bruxelles auspica la messa al bando dei motori a combustione e il passaggio all’elettrico per il 2035, ma Germania e Italia frenano l’intesa e puntano su e-fuel e biocarburanti, una tecnologia che sembrava pionieristica negli anni ‘80 quando fu prospettata dall’allora gruppo Ferruzzi e che oggi rappresenta una delle ultime speranze dell’industria automobilistica tradizionale, anche se i problemi non mancano

Che non fosse facile se lo aspettavano in molti. Ma il punto è che la messa al bando dei motori a combustione in Europa e il passaggio all’elettrico per il 2035, si sta lentamente rivelando una vera e propria missione impossibile. Dopo il primo via libera del Parlamento Europeo, si cerca l'approvazione del Consiglio che, per ora, ha rinviato la decisione a data da destinarsi. A frenare sull’accordo ci sono Germania e Italia, con l’Austria che si è aggiunta negli ultimi giorni a dare manforte a due tra le nazioni leader dell’automotive del Vecchio Continente. La motivazione è che passare all’elettrico comporterebbe sicuramente grossi sacrifici per una filiera e un apparato produttivo basato sui "vecchi motori" a combustione, oltre ad alterare rendite di posizioni decennali che in politica, si sa, contano molto di più delle buone intenzioni. A ribadire il concetto ci ha pensato in questi giorni, il neo ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini: "Solo elettrico significa fare un regalo alla Cina, licenziare in Italia ed in Europa, non aiutare l'ambiente".

Biocarburanti e e-fuel: cosa sono e come possono aiutare la transizione ecologica

E le grandi aziende del settore sembrano puntare dritti sulle alternative non elettriche a benzina e diesel, ovvero: e-fuel e biocarburanti. Se i primi sono prodotti sintetici alimentati da energia rinnovabile, i secondi vengono generati dai rifiuti e dagli scarti di coltivazioni come la soia, il mais, il grano, la bietola o l’olio di palma. E nascono da un’idea tutta italiana. 

L’intuizione di Raul Gardini

Erano gli anni della 'Milano da bere', di 'Tutto il calcio minuto per minuto' e del Caf. In Italia il nuovo edonismo creava nuove figure sociali singolari come gli 'yuppies' e i 'paninari' e il benessere sembrava in piena espansione. Non esisteva ancora nulla, quantomeno a livello di coscienza collettiva, che prefigurasse problematiche come il riscaldamento globale. Malgrado qualche anno prima, nel 1972 per la precisione, fosse stato pubblicato dal Club di Roma un rapporto sui "Limiti dello sviluppo" e malgrado due shock petroliferi ravvicinati, nel mondo regnava l’ottimismo e in particolar modo nell’Italia appena uscita dagli anni di piombo.

Raul Gardini era l’imprenditore del momento. Da presidente del Gruppo Ferruzzi, uno dei colossi dell’agroalimentare italiano, proiettò l’azienda in Europa e nel mondo. Diventerà famoso per la scalata alla Montedison, per il fallimento dell’affare Enimont e per il tragico suicidio durante la stagione di “Mani Pulite”.

Ma oltre alle spregiudicate operazioni finanziarie che lo resero famoso in Italia e nel mondo, Gardini precorse i tempi e immaginò tecnologie che avrebbero visto pienamente la luce solo anni dopo. Il sogno era quello dell’integrazione di chimica e agricoltura, e quello di una chimica verde, una biochimica capace di essere rivoluzionaria. Il tema del tempo non era la penuria, ma il surplus di prodotti agricoli e terreni coltivabili. La domanda era come utilizzarli al meglio. Dagli anni ‘80 l’imprenditore ravennate sollecitò il Centro di ricerca e tecnologia Ferruzzi a sviluppare prodotti chimici di basso impatto ambientale, utilizzando materie prime agricole per produrre bioplastiche e bioetanolo. E fu proprio l’intuizione del bioetanolo a suscitare, ai tempi, le maggiori ironie. Parliamo di un additivo anti-detonante per la benzina, utilizzato per la propulsione, che si voleva ricavare dalle barbabietole e da altri prodotti agricoli. Un’intuizione rivoluzionaria nel mondo della lotta alle fonti fossili, molto meno in quello di allora, caratterizzato dall’abbondanza di petrolio e combustibili non rinnovabili a buon mercato. Ma soprattutto da interessi economici inscalfibili. Un obiettivo, quello di Gardini, perseguito anche in Europa: l’idea era di convertire in bioetanolo le eccedenze agricole dell’allora Cee. Stupiscono, viste da oggi, le critiche dell’allora presidente dell’Enea, che trovava l’idea conveniente solo con il prezzo del petrolio al barile raddoppiato e l’insistenza di Gardini nel voler portare il progetto su un palcoscenico globale. Per bioetanolo intendiamo l'etanolo prodotto mediante un processo di fermentazione delle biomasse, ovvero di prodotti agricoli ricchi di zucchero.

Il sogno di creare un auto a combustione in gran parte ecologica non era certo una novità assoluta. Già Henry Ford negli anni ‘40 aveva costruito un auto alimentata a etanolo di canapa: la Ford T. Ma Gardini ebbe l’intuizione di puntare sull’idea - allora pionieristica - in modo industriale. Una partita che la Ferruzzi perse, ma che produsse semi che conducono fino al presente. Oggi sostanze come bioetanolo, biodiesel, bio-idrogeno, olii vegetali sono visti come l’ultima speranza della "vecchia industria" automobilistica per evitare la transizione elettronica. Un cambiamento che esporrebbe anche le nazioni occidentali a una corsa verso l'accaparramento delle cosiddette "terre rare" su cui la Cina ha un vantaggio competitivo considerevole.

Perché l'Europa deve tornare in miniera 

Tutto bene quindi? Non esattamente.

Perché biocarburanti ed e-fuel non sono al momento la soluzione

Il problema è che, ancora una volta, dai tempi di Raul Gardini, lo scenario è cambiato. Se negli anni ‘80 la priorità era l’utilizzo dei terreni disponibili e lo smaltimento del surplus agricolo, in un mondo popolato da 8 miliardi di abitanti sottrarre molto terreno agricolo all’alimentazione non è un’idea così saggia, come lo poteva essere 30 anni fa. Inoltre le monocolture estensive che servono per produrre biocarburanti minacciano direttamente flora e fauna e impoveriscono i terreni. Non è un caso che si stiano studiando, a tal proposito, tecniche innovative per coltivare alghe marine da utilizzare come biomasse e che in Italia, da gennaio, sia vietata la produzione di biocarburanti prodotti da olio di soia e palma per prevenire processi di deforestazione globali per favorire queste colture.

I biocarburanti sono inoltre meno inquinanti rispetto alle fonti fossili finora utilizzate, ma il loro impatto non è zero, e per essere prodotti necessitano di molta acqua e spesso di fertilizzanti. E nel caso di biodiesel poi, prodotto da palma e soia il tasso di CO2 è stato addirittura dalle due alle tre volte superiore a quello generato dal diesel fossile.

Inoltre anche se si assiste a una riduzione dell’anidride carbonica prodotta, non si può dire la stessa cosa per l’ossido di azoto che viene prodotto mediamente in quantità maggiore rispetto alle fonti fossili. Certo, la ricerca è sempre in moto e non è detto che un domani questi aspetti non possano essere risolti, ma è indubbio che, al momento, l’utilizzo su larga scala di biocarburanti, malgrado gli indubbi vantaggi rispetto alle fonti fossili, come il loro inserirsi all’interno di un’economia realmente circolare, presenti degli aspetti di problematicità che devono essere risolti.

Un discorso a parte va fatto sui carburanti sintetici o e-fuel. Parliamo di tutti i combustibili liquidi o gassosi di origine sintetica. Vengono prodotti tramite un processo di elettrolisi dell’acqua che sfrutta solo forme di energia rinnovabili. In sostanza si basano sulla scissione dell’acqua in atomi di ossigeno ed idrogeno. L’idrogeno ottenuto viene poi combinato con l’anidride carbonica presente nell’aria per dare origine a un combustibile che può essere liquido o gassoso. Le auto alimentate con e-fuel emettono, almeno in via teorica, la stessa quantità di anidride carbonica che "prelevano" dall’atmosfera. Tutto perfetto all’apparenza, ma ancora una volta le cose non sono così semplici. I problemi al momento insormontabili sono infatti legati all’efficienza, agli alti costi e alla loro produzione su larga scala, anche se alcune multinazionali tedesche come la Volkswagen (per conto di Porsche e Audi) stanno investendo molto nel settore.

Insomma, la corsa contro il tempo, per salvare i vecchi motori a combustione - e il comparto dell'automotive - sembra in salita. Ma la linea tracciata oltre trent’anni fa, nell’apogeo dell’era dei combustibili fossili, da parte di uno dei reparti più innovativi della chimica italiana e da un imprenditore che seppe precorrere i tempi, segnano ancora la strada.

Sullo stesso argomento

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Today è in caricamento